Stelle cadenti di Laura Marzi (Mondadori) è un romanzo sul disincanto. Sullo sfondo di Tangentopoli, Ludovica Montella cerca di salvarsi durante il crollo della propria famiglia e con esso quello di un’idea di classe alto-borghese e di un’intera architettura sociale. Il padre, politico democristiano, viene arrestato; la madre si rifugia nel silenzio; il fratello maggiore si perde.

Attraverso la parabola della protagonista – che va dal 1993 fino a oggi – cerchiamo risposte laddove avevamo smesso di porci domande, interrogandoci sul significato intimo e collettivo di una traiettoria che viene lentamente turbata. La scrittura di Marzi è levigata e priva di indulgenze. Nella lotta tra le ombre e il desiderio, ci restituisce, senza mai scadere in facili espedienti, una storia che brilla di luce propria e sfida con coraggio un territorio inesplorato dalla narrativa italiana. Abbiamo rivolto all’autrice alcune domande.

La protagonista Ludovica, quasi maggiorenne nel 1993, è in conflitto con il padre democristiano, sul quale ricadono le responsabilità storiche della strategia della tensione, con dei veterocomunisti che discutono della crisi missilistica del 1962 mentre Berlusconi scende in campo, infine si trova suo malgrado in conflitto con le dinamiche di potere del mondo accademico in mano ai sessantottini. Questo tipo di conflitto generazionale oggi mi sembra del tutto scomparso. Vorrei partire da alcune tue riflessioni in merito.

Penso che il conflitto a cui ti riferisci nel romanzo sia con il concetto di autorità, che in effetti oggi si è svuotato di significato. Questo però non presuppone che non ci sia più il dominio di un potere. La questione politica si è spostata in conseguenza alla vittoria del capitalismo. Il neoliberismo sposta il desiderio di autorità verso quello di potere attraverso la ricchezza.

In un’ottica generazionale, c’è un tentativo di entrare in conflitto con il potere sulla questione climatica. Il ddl sicurezza immagina di punire come un crimine ogni forma di manifestazione oppositiva, dimostrando una disabitudine al conflitto sociale, perché l’autorità può essere messa in discussione, mentre il potere vige e basta.

Le stelle cadenti sono i componenti della famiglia Montella, precipitati a seguito dell’arresto del padre durante Mani pulite. Saltano tutte le certezze e così attraverso la parabola di Ludovica vediamo anche una certa idea di futuro venire meno.

Nel romanzo è evidente la concentrazione sulla parabola discendente, però le stelle cadenti sono anche legate al desiderio e io credo che la civiltà occidentale sia ancora connotata da questa idea: «Se desideri qualcosa puoi agire per cercare di ottenerla». L’essere stelle cadenti è un modo di concepire l’esistenza, come qualcosa che deve realizzarsi. Un progetto, un’ambizione, e quindi siamo ancora tutti stelle cadenti.

In un passaggio molto bello parli delle colpe del padre e con lui di un’intera classe dirigente. La protagonista Ludovica è soprattutto una vittima degli eventi privati e delle contingenze politiche durante i suoi anni di formazione. Mi chiedo quali siano per te invece le sue colpe, se pensi ne abbia.

Una delle questioni centrali del romanzo è la messa in discussione del concetto di colpa. Al di là dei fatti oggettivi, dei crimini e degli eventi malefici, ogni cosa da una certa prospettiva può essere vista come una colpa.

C’è una narrazione dominante rispetto a Mani pulite che viene visto come un momento di purificazione generale, anche se i politici che sono venuti dopo si sono macchiati di colpe almeno altrettanto gravi. Ludovica ha delle colpe, come tutti. Non sa dimenticare e vuole continuare a resistere, è una grande colpa questa sua resistenza. Lei non vuole abbandonare il suo prestigio, cerca di recuperarlo in tutti i modi, quindi è colpevole di non accettare il cambiamento.

L’ho trovato un espediente narrativo molto brillante.

Il fatto è che io credo che la narrativa possa raccontare delle cose che nient’altro fa. Nel caso specifico avevo il pallino di questo rimosso nella narrazione della storia italiana, che è la narrazione della Democrazia cristiana, tutte queste persone che erano milioni che a un certo punto scompaiono.

Sono partita dalla storia di un nucleo familiare che si allarga con altri personaggi, per raccontare anche una congerie politica, che secondo me è particolarmente interessante per diverse ragioni: è la fine della Prima Repubblica ed è una conseguenza della caduta del muro di Berlino. Mi interessava raccontare attraverso un piccolo angolo l’inizio della crepa e ho voluto farlo attraverso un punto di vista che non è quello degli innocenti, né degli eroi.

Nella narrazione c’è un buco di vent’anni, dal 2003 a oggi. Sostanzialmente quelli del vuoto pneumatico, dal post-G8, passando per gli anni del berlusconismo forse più becero, la recessione, l’ascesa dei populismi, il Covid. Arriviamo direttamente all’oggi in cui le forme di precariato si sono consolidate, il welfare è affidato ai benefit delle multinazionali e le nostre identità online sono delineate dai consumi. È un’assenza che si fa notare parecchio, ci costringe a chiederci cosa sia successo, anche quello è un grande rimosso.

In quei vent’anni accade tutto quello che fa sì che il sapere diventi know how, il femminismo diventi pink washing e la questione meridionale diventi la bellezza dei borghi. Volevo arrivare all’oggi con queste realtà ormai sancite. Nel 2001 crollano le Torri gemelle ed è un altro evento che cambia del tutto lo scenario geopolitico, prima di allora la parola sicurezza non era una parola chiave, così come il precariato. Attraverso le parole si possono aprire degli scenari enormi ma poi come romanziera bisogna compiere delle scelte.

Nello scenario di dissoluzione dei riferimenti politici dopo la caduta del muro e dopo Mani pulite, un conoscente a un certo punto chiede a Ludovica: «E quindi, sei senza speranza?» Tu dove riponi la tua speranza oggi?

Ludovica si deve confrontare con il crollo degli ideali più che della speranza. È una donna che fa il suo percorso e che a un certo punto riesce ad allinearsi con sé stessa, che è una forma di miracolo. Per quanto mi riguarda, la parola speranza mi lascia sempre un po’ interdetta. Mi piace parlare di desideri. Io mi auguro che le persone tornino a votare in massa e che questo rigeneri un pluralismo politico.

Mi auguro che vadano a votare in tanti al referendum di giugno e che quindi si possa diminuire il tempo in cui si ottiene la cittadinanza italiana, anche perché la nostra popolazione ha un problema demografico enorme e non riesco a comprendere come si possa essere completamente dominati dalla passione triste del razzismo anche quando in gioco ci sono delle questioni economiche eclatanti. Questo vale anche per la sinistra: il proletariato esiste e sono i lavoratori e le lavoratrici che non hanno la cittadinanza ma che, forse, se la ottenessero, potrebbero diventare nel tempo un soggetto politico da cui ripartire.


Stelle cadenti (Mondadori 2025, pp. 216, euro 19) è un romanzo di Laura Marzi

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