Una ventina di anni fa il produttore, regista e sceneggiatore Jeffrey Abrams, noto per la serie televisiva Lost e per un paio di episodi della saga cinematografica Star Wars, notò su una panchina dell’aeroporto di Los Angeles una copia di un romanzo, sulla cui prima pagina stava scritto a penna: «Se trovi questo libro, leggilo, e poi lascialo da qualche parte per qualcun altro». Abrams pensò allora che forse era possibile instaurare un vero e proprio dialogo, reale o immaginario, fra persone che scrivono sui margini di un libro.

Ovviamente, essendo giovane e moderno, non sapeva che nel Settecento e nell’Ottocento era comune non solo annotare i libri propri, ma anche quelli altrui. Il poeta Samuel Coleridge, ad esempio, era solito restituire annotati i volumi che gli amici gli imprestavano, proprio perché ci scrivesse i suoi commenti, e a partire dal 1819 molte delle sue Marginalia furono pubblicate come se fossero delle vere e proprie opere autonome. E già prima di lui Mary Wollstonecraft aveva immaginato, nel romanzo incompiuto Maria o I torti di una donna (1798), un rapporto epistolare scritto sui margini dei libri tra un’internata in un manicomio e un’infermiera.

Non conoscendo questi precedenti, Abrams commissionò allo scrittore Doug Dorst la scrittura di quello che divenne il romanzo S. (tradotto da Rizzoli nel 2014), basato appunto sugli scambi che i due studenti universitari Eric e Jen scrivono sui margini del romanzo La nave di Teseo, pubblicato da un certo Straka nel 1949. Questo secondo libro, essendo il supporto fisico sul quale sono scritte le annotazioni che costituiscono il primo, è l’unico che il lettore vede e manipola: su di esso appaiono soltanto il titolo La nave di Teseo e il nome di Straka, mentre il titolo S. e i nomi di Abrams e Dorst appaiono soltanto sul cofanetto che lo contiene.

La leggenda di Traven

Eric e Jen studiano letteratura, e le loro ricerche riguardano appunto la vera identità dell’autore Straka. Per questo aspetto Dorst si ispirò al caso dello scrittore Bruno Traven, realmente vissuto nella prima metà del Novecento. Di lui non si sa niente, neppure la nazionalità e la lingua madre, benché siano state fatte molte congetture al proposito. Ma a suo nome sono stati pubblicati dodici romanzi tra il 1926 e il 1960: il più famoso è il secondo, Il tesoro della Sierra Madre, da cui John Huston trasse nel 1948 un omonimo film che vinse tre Oscar, interpretato da Humphrey Bogart.

Molti elementi della leggenda di Traven si ritrovano in S. Anzitutto, la girandola di ipotesi più o meno fantastiche e avventurose sulla vera identità dell’autore: non ultima, che egli fosse in realtà colei che si spacciava per la sua traduttrice messicana (e che era la sorella del presidente messicano Adolfo López Mateos). E poi, il fatto che il primo romanzo di Traven si intitolasse La nave della morte, e raccontasse la storia di un marinaio senza documenti che viene arrestato e deportato da un paese all’altro, per finire poi arruolato su una carretta del mare, il cui equipaggio è interamente costituito di non-persone come lui.

La traduttrice messicana di Traven e il marinaio senza documenti della Nave della morte hanno molto in comune con la traduttrice brasiliana di Straka e il protagonista senza memoria della Nave di Teseo, indicato solo con l’iniziale S. che dà il titolo al romanzo di Abrams e Dorst. In entrambi i casi, esistono due livelli: la realtà esterna dello scrittore e della traduttrice, da una parte, e la finzione interna dell’opera e del suo protagonista, dall’altra. Ma nel caso di Traven il livello esterno è la concreta realtà del mondo comune, mentre nel caso di Straka è la fittizia “realtà” del mondo letterario di S.

Tra realtà e finzione

Come se non bastasse, quest’ultimo libro è stato congegnato in modo da sfumare ulteriormente in vari modi i confini tra realtà e finzione. Ad esempio, S. è il vero libro del 2013, e contiene La nave di Teseo come falso libro del 1949. Ma il vero libro svanisce non appena si sfili dal cofanetto il falso libro, che ha tutte le apparenze di un vero libro del 1949: la copertina di tela invecchiata, l’etichetta della biblioteca sulla costura, le pagine imbrunite dal tempo, la scheda con i vari timbri dei prestiti, eccetera. Volendo, il lettore può semplicemente leggere La nave di Teseo come una storia a sé stante, tralasciando le annotazioni a margine scritte a mano dagli studenti.

Il finto libro contiene però una prefazione e delle note al testo, attribuite al traduttore Caldeira. Questi non si limita a commentare la storia, ma interviene pesantemente nel dibattito sull’identità dell’autore, fornendo direttamente informazioni di prima mano sulla vita e le opere di Straka, e lasciando indirettamente in ogni capitolo un messaggio cifrato da decifrare. Ad esempio, il primo capitolo della Nave di Teseo si chiama Cosa comincia, cosa finisce, e se si interpreta il titolo come un suggerimento ad allineare la prima e l’ultima lettera di ciascuna nota di quel capitolo, si ottiene il nome di un hotel e il suo indirizzo.

Il finto libro appare dunque come se fosse vero, mentre il vero libro è mimetizzato nelle annotazioni scritte a mano sui margini dagli studenti Eric e Jen: in stampatello dal primo, e in corsivo dalla seconda. Ma i loro scambi non si susseguono in ordine cronologico, e costituiscono piuttosto una serie di strati accumulati uno sull’altro dai due ragazzi durante almeno quattro letture successive, segnalate dall’uso di colori diversi. Nella prima lettura Eric ha scritto a matita i propri commenti, e nelle successive lui e Jen dialogano a penna, usando inchiostri diversi: nero e blu nella seconda lettura, verde e arancio nella terza, e rosso e porpora nella quarta. Il risultato è una variopinta serie di annotazioni colorate, intrecciate come i fili di un tessuto.  

La storia che traspare dalle note di Eric e Jan è duplice. Da un lato c’è il loro rapporto personale, che evolve gradualmente dagli scambi formali tra due sconosciuti ai messaggi intimi di due amanti. Dall’altro lato c’è il loro lavoro accademico, durante il quale essi collaborano a decifrare i messaggi cifrati contenuti nelle note dei vari capitoli di La nave di Teseo, e ad elaborare teorie sulle possibili identità dell’autore Straka e del traduttore Caldeira. In particolare i due ricercatori scoprono che quest’ultimo è in realtà una traduttrice di nome Filomela, che è ancora viva e sta in Brasile: a questo punto Eric parte e va a trovarla, per intervistarla.

Durante il viaggio lo studente spedisce a Jen alcune cartoline illustrate, che il lettore trova fisicamente inserite dentro il libro, nelle pagine in cui Jen ne parla nelle sue annotazioni, in una sorta di continuazione a distanza del loro dialogo. L’espediente, che mira a confondere ulteriormente la realtà e la finzione, si ispira alle opere dello scrittore inglese Dennis Wheatley, che nella sua vasta e fortunata produzione di romanzi di ogni genere (poliziesco, spionaggio, avventura, occultismo, eccetera) annovera anche quattro “dossier del crimine”, il più noto dei quali è Delitto al largo di Miami (1936).

Questo romanzo, invece di essere un poliziesco convenzionale, si presentava in realtà come un vero e proprio dossier, contenente una serie di indizi e prove che andavano dalle ciocche di capelli ai reperti insanguinati. Alla fine il nome dell’assassino era nascosto in una busta chiusa, che il lettore era invitato ad aprire soltanto dopo aver trovato la propria soluzione del caso. Riprendendo questa idea, Abrams e Dorst hanno inserito fra le pagine di La nave di Teseo una serie di oggetti fisici in punti strategici, in genere segnalati nelle annotazioni di Eric o Jen: ogni tanto tra le pagine ci si imbatte dunque, oltre che nelle cartoline, in lettere, ritagli di giornali, telegrammi, fotografie e tovaglioli di carta con appunti.

Decifrare

Il più strano di questi oggetti è chiamato “ruota di Eötvös”, in onore di un fisico ungherese realmente esistito un secolo fa, e serve a decifrare il messaggio contenuto nell’ultimo capitolo della Nave di Teseo. La sua prima nota, che parla di “individuare il luogo” e di una “bussola rotante”, suggerisce di utilizzare la ruota introducendo la latitudine e la longitudine delle dieci città di cui si parla nelle dieci note del capitolo, ottenendo dieci gruppi di lettere che compongono il messaggio: «Ti ho amato fin dall’inizio, ti amerò fino alla fine».

In realtà la decodifica è complicata dal fatto che la città nominata nella sesta nota produce un gruppo di lettere estranee al messaggio, che è però facilmente ricostruibile anche senza di esse. Ma, inserendo al contrario nella ruota il gruppo di lettere correttamente interpolate, si ottengono le coordinate della città brasiliana in cui vive la traduttrice Filomela, ed è appunto lì che Eric va a cercarla, annunciando poi in una cartolina a Jen: «L’ho trovata».

Si conferma così ciò che Eric e Jen avevano già intuito, e parzialmente confermato, nel corso delle loro ricerche: la traduttrice Filomela è stata l’amante di Straka. È lei stessa a confessarlo a Eric, e ad affidargli una serie di documenti che permetteranno ai due studenti di provare la correttezza delle loro tesi su Straka e Caldeira, surclassando le precedenti ricerche effettuate dai relatori delle loro tesi.

Per aggiungere un ultimo e furbesco tocco alla commistione tra realtà e finzione, nel 2013 Abrams lanciò il libro con un video che sembrava essere il trailer di una sua nuova opera televisiva o cinematografica: in tal modo allertò l’attenzione di milioni di ignari spettatori del film, che erano in realtà potenziali acquirenti del libro stesso. Dal canto suo, Dorst ha postato in rete nel 2014 un finale alternativo, presentandolo come quello “vero” di Straka, da sostituire a quello stampato in La nave di Teseo, che nella prefazione del libro veniva già indicato come una mera interpolazione del traduttore.

Questa però non è altro che la struttura superficiale di S. e La nave di Teseo. I livelli e gli enigmi che essi nascondono sono infatti innumerevoli, e da qualche anno un’intera comunità di appassionati sta cercando di decifrarli. Una scorsa al sito Thoughts on “S” permette di gettare uno sguardo d’insieme sui loro risultati, e di meravigliarsi di quanto si possa celare fra le righe, nelle note e sui margini di questa singolare “opera aperta”, di ben altra levatura rispetto all’imbarazzante abisso dei romanzi “usa e getta” che invadono le classifiche, a partire da quello genialmente stroncato qualche giorno fa da Tiziano Scarpa su queste stesse pagine.

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