Si è di nuovo svegliato alle sette e tre quarti, rispondendo all’abitudine, senza che nessun rumore improvviso turbasse il silenzio estivo della casa. Il frinire delle cicale che viene dalla pineta lo avverte che fa già caldo anche fuori, non solo in quella stanza piccola. Sua moglie sta dormendo sul fianco, dandogli le spalle, i capelli del suo biondo innaturale, la pelle piena di efelidi già un po’ sudata. Non è mai riuscito ad abituare il corpo ai ritmi delle vacanze e con l’età gli sembra ancora peggio.

Le vacanze

Si mette seduto e guarda lo smartwatch che era appoggiato sul comodino. Non lo indosserà mai. L’unico messaggio che ha ricevuto è nella chat di famiglia, una foto della figlia da un’isola greca di cui non ricorda il nome, sorridente, abbronzata, con tutti i suoi piercing scintillanti nel sole, le braccia piene di tatuaggi, in una postura rilassata, incurante di mostrare i rotoli della pancia che sbucano dal bikini sdrucito, cosa sulla quale la moglie avrà sicuramente da ridire.

Lui le scrive «Ti aspettiamo a Ferragosto!!!», poi aggiunge due cuori, una faccina. Scaccia il pensiero, ormai una certezza, che non verrà mai da loro a lasciargli una nipotina o un nipotino da accudire. Sa che sua moglie gli farà presente anche questo rammarico alla prima occasione e lui dovrà fingere che non gli interessi la questione, che è una scelta della figlia e che se lei è felice così loro lo devono essere altrettanto, salvo poi non riuscirci, ma in segreto. Si alza a preparare il caffè, vorrebbe che tutto fosse rassicurante per sua moglie.

Lei è sempre più ansiosa e lui sa benissimo che è preoccupata per il loro futuro oltre che per quello della figlia. È andato in pensione nel giorno della chiusura estiva aziendale. Una scelta per rendere quel distacco un po’ meno traumatico, diluendolo con le ferie obbligate. Ma quando tra circa un mese l’azienda riaprirà e tutti torneranno al loro posto lui si troverà questo tempo vuoto che non sa ancora bene come riempire.

Sua moglie ha già organizzato qualcosa per settembre, delle cure termali – non ricorda se poi ha deciso per Saturnia o per Ischia, lui è sempre stato poco interessato a organizzare i viaggi. A dire il vero è poco interessato a tutto quello che non fosse il suo lavoro. Non ha hobby, non ha coltivato passioni, ha scarsissima manualità e non gli piace leggere. Sua moglie è terrorizzata di ritrovarlo imbambolato davanti alla televisione, così ha anche previsto per l’autunno la ristrutturazione di quell’appartamentino a Principina, che dovrà seguire lui.

Il commendatore

Ma sono lavori ridicoli, la casa è piccola, rifatti i pavimenti ci saranno da sostituire i sanitari e comprare qualche arredo un po’ meno dozzinale, ma tutto può essere sistemato nel giro di poche settimane. Aveva contato di poter comprare una casa al mare più grande con la liquidazione. Si aspettava, dopo tutti quegli anni e la totale devozione alla ditta, un bonus “fedeltà” che gli sembrava dovuto, anche sotto forma di regalo personale. È stato un dipendente irreprensibile e dedicato. Trentadue anni nella stessa azienda. Gli ultimi venti come direttore del personale. Era riuscito a diventare dirigente senza essere laureato.

Il commendator Postiglione, che lo aveva assunto e poi promosso, era un amico dei suoi, un imprenditore che lui non aveva mai esitato a definire con tutta la gamma dei luoghi comuni che si utilizzano in questi casi: un uomo “con un grande fiuto per gli affari”, “che si è fatto da sé”, “tutto di un pezzo”, “una persona per bene con i valori di una volta”, “che sa farsi amare ma anche rispettare”, “che non puoi prendere per i fondelli”, “che sa come far crescere e fidelizzare i suoi dipendenti”.

Quando il commendatore era morto, otto anni prima, lui si era sentito sinceramente addolorato, “come avesse perso di nuovo suo padre” e si era arrabbiato con sua moglie, quando gli aveva sottolineato che Postiglione non era poi stato un granché come padre visto che si era completamente dimenticato di lui nel testamento e con tutto quel bendidio a disposizione, non gli aveva lasciato neanche una stilografica.

Lui le aveva dato dell’insensibile, ma un po’ ci aveva pensato anche lui che era ingiusto che quel patrimonio enorme (oltre all’azienda, case, macchine di lusso, barche e orologi da collezione) fosse finito nelle mani di due figli che neanche lontanamente gli avevano dato l’affetto sincero, il rispetto e la gratitudine che lui nel tempo gli aveva dimostrato. Il commendatore non aveva lasciato disposizioni per lui e la famiglia figuriamoci, neanche un orologino di minor valore. Non ci aveva dormito per giorni, il lutto aggravato dalla delusione di non essere stato pensato.

L’azienda poi era stata rilevata dai figli, Maria Vittoria, la primogenita, e Cesare, di due anni più piccolo, un suo coetaneo quasi perfetto, dato che le loro madri si erano conosciute entrambe incinte di loro. Lui e Cesare si erano sempre silenziosamente detestati. E quando Cesare era diventato il suo capo, lui aveva accettato con fatica di mantenere il ruolo, mostrandosi sempre irreprensibile e disposto a compiacere ogni sua volontà, anche se gli costava una gran fatica di giorno e notti a digrignare i denti. In caso di eventuale disaccordo con Cesare non esternava mai i suoi pensieri apertamente, ma ricorreva a un “secondo me tuo padre avrebbe fatto così”, cosa che al Postiglione giovane faceva saltare i nervi più che se gli avesse dato del cretino. Più di una volta gli aveva risposto gridando “ora comando io, mio padre non può più fare nulla, tu cosa ne sai…”.

n questi casi il direttore delle risorse umane andava a parlare con Maria Vittoria, Mavi, regina del divide et impera, sempre contenta di sentir sparlare di Cesare, salvo poi piegarsi anche lei a tutto quello che il fratello decideva di fare.

 

Nefandezze varie

Negli ultimi anni come responsabile HR si era ritrovato ad accollarsi la responsabilità di quello che raccontava alla moglie come “le peggio schifezze”. Aveva dovuto tagliare teste non più giovani di gente che conosceva benissimo e che sapeva di lasciare in difficoltà, per assumere neolaureati che costavano un terzo alla ditta.

Aveva affidato lavori con mesi di prova che poi non erano stati confermati, fatto false promesse, erogato bonus immorali a chi non li meritava, preparato scivoli a chi invece avrebbe meritato di restare, fatto contratti da sfruttamento spacciandoli per standard, affidato stage non retribuiti, ubbidito a Cesare quando chiedeva senza criterio di dare un aumento immotivato qualcuno, o licenziare qualcun altro, di demansionare la Cotti, «bravissima per carità, ma in maternità per la seconda volta».

Con la direzione di Cesare l’azienda aveva finito per avere un organigramma incomprensibile e retribuzioni sperequate, senza criterio. Lui stesso era sempre stato terrorizzato che venissero fuori le disparità salariali dei quadri e dei dirigenti, i gap nei premi di fine anno, tanto che per non dover dare spiegazioni a nessuno e mantenere l’assoluta segretezza riguardo ai salari aveva proposto a Cesare di non assumere un nuovo direttore delle risorse umane, ma di dare l’incarico a Mavi. Cesare aveva pensato che fosse un’ottima idea, lui era convinto che gli avrebbe fruttato un regalo più consistente. Invece.

Passaggio di consegne

Il caffè sale e lui spegne il fornello. Ha in mano quello smartwatch che gli hanno dato i colleghi l’ultimo giorno, alla festicciola per il pensionamento. Se ci ripensa gli sale l’acido. Un rinfreschino dopo la pausa pranzo a base di prosecco del supermercato, il regalo, un pensiero di Mavi, ma fatto pagare in gran parte dalla colletta dei colleghi, fatta pure malvolentieri. Nessuna commozione, un brindisi fiacco senza discorso e senza applauso, tutti ansiosi di andarsene finalmente in ferie. Pacca sulla spalla di Cesare, «e adesso il meritato riposo», l’abbraccio rigido di Mavi, che gli ricorda nell’orecchio le carte per il passaggio di consegne. 

Apre il calendario dall’orologio, la riapertura sarà lunedì 28 agosto. Tecnicamente pensa che sarà quello il primo vero giorno di pensione. Pensa a chi sarà la prima persona che utilizzerà la fotocopiatrice del piano ammezzato, quella condivisa da più uffici. Spera che sia la Cotti, adesso segretaria, a trovare nel vassoio delle fotocopie la stampa del foglio Excel con gli stipendi di tutti i dipendenti. Una piccola dimenticanza nel passaggio di consegne, l’ultimo giorno di lavoro. Può capitare, dopo tanti anni senza un errore.

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