Nel tentativo di dimostrarsi sempre più parodia di sé stessa, o forse abbracciando il revival dei primi anni 2000 che domina ormai questi tempi agrodolci, qualche sera fa Milano mi ha tirato addosso dei provini del Grande Fratello. Ero a un compleanno al Frizzi e Lazzi, un’isola felice della gioventù di molti, ultimo baluardo della civiltà, un bar dove puoi ancora spendere meno di 15 euro per un panino e una birra. È un posto storico delle estati milanesi la cui prolungata esistenza è un mistero: essendo di fatto il cortile di uno stabile di ringhiera con una buona capienza (tante persone, rumore costante) vorrei molto conoscere gli inquilini del palazzo che affaccia su questa situazione, e ancora di più vorrei conoscere la loro routine di benzodiazepine.

Quanti di loro hanno il numero della polizia tra i preferiti? Quanti sono non udenti? Hanno tutti perso una scommessa? Dal momento che il nostro tavolo era composto esclusivamente da 30enni, stavamo ovviamente parlando di case, quando tra di noi si materializza una ragazza un po’ più giovane con la pelle del viso tonica e luminosa, non ancora avvizzita dall’ossessione immobiliare. Ci dice che lì, in un tavolo in fondo al cortile, lei e degli altri stanno registrando i provini per la nuova edizione del Grande Fratello.

L’imprevisto

Io penso di aver capito male perché sono lontana da lei e perché non è il 2001, ma da quel momento mi rendo conto che l’energia del nostro gruppo è cambiata e tutti stanno in qualche modo facendo i conti con questo imprevisto anacronistico. Molti si stanno tarando tra due sentimenti contrastanti: l’ostentato disgusto per la televisione brutta e cattiva e il desiderio atavico di prendervi parte. Qualcuno si raddrizza sulla sedia, qualcun altro si sporge verso la giovane donna che detiene il potere delle interviste, qualcun altro ancora si offre volontario come se dovesse partire militare.

La giovane donna di Mediaset è simpatica, frizzante, è esattamente la persona che ti aspetteresti a ricoprire questo ruolo, la cacciatrice di teste di cazzo. Spiega che sarà un’edizione nuova, fresca, mescoleranno i VIP (very important people) con i NIP (non-importanti), un ritorno alle origini, un omaggio a Pietro Taricone, “ma con un twist”. Nessuno ha ben chiaro quale sarà questo twist, soprattutto io che continuo a capire una parola su quattro, che sono comunque più di quelle che capisce il mio vicino di posto, un ragazzo che ho appena conosciuto e che continua a ripetere con l’insistenza di Rain Man che c’è una strana elettricità nell’aria. Mi rivelerà poco dopo che ha preso dei funghi allucinogeni e non è sicuro che questa cosa del Grande Fratello stia succedendo davvero o sia solo nella sua testa.

Tipi umani

Twist o no, è comunque evidente che al Frizzi e Lazzi siano alla ricerca di un tipo preciso di concorrente: il tipello alternativo, il rasta biondo, lo studente di scienze politiche, il creativo, lo startupper con la borsa di tela. Dall’altra parte della città, in un qualche bar cafone con pretese in zona Moscova, ci sarà senz’altro una troupe equivalente che esamina maschi cosparsi di Paco Rabanne 1 Million e femmine marchiate Michael Kors. Le donne qui non sembrano interessarli molto, perché va bene il twist, ma Mediaset non è ancora pronta a ospitare in prima serata una trentenne con i capelli crespi che la mena con l’opera di Judith Butler, e al Frizzi e Lazzi il rischio di incappare in una tizia impegnata e non abbastanza ricca per fare la keratina dal parrucchiere è alto, o comunque più alto che a Moscova. Sugli uomini invece la giovane donna non ha dubbi: ne individua due del nostro tavolo, sufficientemente attraenti, sufficientemente coperti di tatuaggi. La giovane donna è compiaciuta del proprio magnetismo, anche se l’interesse del nostro tavolo sta scemando in fretta e molti di noi stanno dichiarando senza alcuna ironia che preferirebbero spararsi in bocca piuttosto che lasciare traccia video di un provino per il Grande Fratello.

Tra quelli che affermano di prediligere la morte all’umiliazione ci siamo io e il mio fidanzato, accomunati da un’educazione siberiana di due madri integraliste in modo diverso, la sua da sempre in missione contro i grassi idrogenati delle merendine, la mia avversa alle multinazionali e a Mediaset. Nessuno di noi due in gioventù ha reagito per contrasto dandosi all’eroina o al fascismo e quindi ad oggi lui sostiene di preferire il pane con l’olio a quello con la Nutella e io, non avendo mai visto un cartone giapponese in vita mia perché trasmessi tutti su Italia 1, non ho gli enzimi per apprezzare i film di Miyazaki. Siamo, in sostanza, due disadattati velleitari senza alcun contatto con la realtà, il peggior nemico del GF. La giovane donna intuisce tutto questo e infatti salta a pié pari la nostra sezione del tavolo. Non ci guarda neanche, non siamo degni della sua attenzione. Non siamo abbastanza belli, abbastanza strani, abbastanza interessanti per lei. Non abbiamo visto abbastanza puntate di Dragon Ball e sente la puzza della tessera del cinema d’essai provenire dai nostri portafogli.

A quel punto però decido di offendermi: come osa non prenderci in considerazione? Sono stata ai funerali di Berlusconi, stronza! Vorrei urlarle, ma non lo faccio. Continuo a pensare a tutte le morti violente che sceglierei al posto del provino del Grande Fratello, ma questo non toglie che la giovane donna mi abbia ferito con il suo disinteresse. Comincio a temere che a lei freghi di me molto meno di quanto a me freghi di lei. È colpa dei capelli crespi? Conosce mia madre?

Un paio di nostri amici stanno aspettando il loro turno nell’angolo dei provini, dicono che li fanno così, per ridere, ma si capisce che una strana speranza sta prendendo forma nel loro cuore: ha il profumo di una svolta e la faccia di Rocco Casalino. Il fermento al nostro tavolo si è ormai spento del tutto, persino quello sotto funghi non lo percepisce più. «La televisione è proprio finita» sospira un altro, pensando alle file di aspiranti attori e sceneggiatori che si sarebbero formate se al posto di questi emissari di un impero al tramonto ci fosse stata una delegazione di Netflix. Tutti annuiamo solennemente e mentre contempliamo la fine di un’èra ci chiediamo cosa sia questa amarezza che ci attraversa. Compassione, malinconia, o forse è solo un twist.

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