- L’autopompa sibila sul cemento della rimessa ed è già in strada. Berlino, alla fine di febbraio, è nera e gelida come il fondo dell’oceano
- Girano soltanto qualche taxi e gli autobus a due piani, vuoti e indolenti come vecchi assonnati. L’autopompa li supera tutti, suonando senza sosta la sua campanella
- Platz der Republik è illuminata a giorno: decine di mezzi, forse sessanta, puntano fari e riflettori verso il luogo dell’incendio, ma sono le fiamme a illuminare la folla di berlinesi accorsi per vedere. È il palazzo del Reichstag a bruciare nella sera come un falò di fine estate
La sirena si insinua lentamente nei suoi sogni – sogni confusi, frenetici, vischiosi – ma a svegliarlo è lo strattone, così forte da spedirlo giù dalla branda. «Che succede?», mormora Horst, la bocca impastata come dopo una bevuta. Si massaggia una spalla, la fronte aggrottata. Intorno a lui, ombre veloci corrono da sinistra a destra, tutte nella stessa direzione. «Alzati, accidenti! È un’emergenza!», sbraita una voce familiare. Una cosa grossa in città Un’emergenza. La mente di Hor



