La battaglia per la vittoria al festival di Sanremo non è solo tra gli artisti in gara. Dietro volti, balli e canzoni ci sono gli autori, penne d’oro a cui vengono affidate le sorti delle canzoni e delle case discografiche. Tra le teste di serie, corteggiate e ambite, c’è Davide Simonetta, 40 anni, ideatore di testi e armonie di successo come Due vite di Marco Mengoni, Tango di Tananai – sul podio l’anno scorso – e poi Mon Amour, Bellissima e Disco Paradise di Annalisa per dirne solo alcuni tra i più scaricati. Anche in questa edizione del festival ha due pezzi in gara, scritti e musicati da lui, Sinceramente di Annalisa e Io p’ me, tu p’ te di Geolier.

«Anche se a volte mi nascondo non mi sogno di tagliarmi le vene», canta Annalisa in Sinceramente.

È la mia strofa preferita. Con lei lavoro da anni, siamo amici. Sinceramente ha avuto un iter lungo, c’è stata una cura del dettaglio incredibile. Le canzoni nascono dalla vita comune, dal caffè che beviamo prima di entrare in studio, da lì inizia il processo creativo.

E il pezzo di Geolier?

Con lui ho curato più la melodia, è un flusso di coscienza. È un artista vero, mi ha arricchito come persona, in una giornata abbiamo scritto il pezzo. Ma anche parlato, mangiato la pizza, ascoltato altri pezzi. Non lo conoscevo, ha lasciato il segno. 

Come ha iniziato?

Da un fallimento. A vent’anni, dopo aver firmato un contratto con la Warner per cantare col mio gruppo Capo Nord, mi chiama l’ex presidente e mi dice: «Il tuo tempo è scaduto». Sono seguiti mesi di depressione ma lui mi aveva capito meglio di me: io sul palco desideravo non essere guardato. Però amavo la musica, e così ho iniziato a scrivere canzoni per altri.

Qual è il momento di massimo godimento?

Sono schivo, timido, solitario. Amo quando Tiziano Ferro, Marco Mengoni o Annalisa cantano a San Siro. Mi piace crogiolarmi nell’immagine di me che fumo una sigaretta, guardo il pubblico che intona pezzi nati dalla mia sensibilità in una stanza di 40 metri quadri, e me ne vado.

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Non sogna di essere la pop star sul palco?

Assolutamente no. Per me è primario che la mia canzone venga cantata da tutti, che si senta nei bar, che i bambini la intonino nelle recite a scuola.

A scuola che cosa ascoltava?

Alle medie mi sono innamorato del grunge. Amavo i Nirvana, ma seguivo anche i Beatles. E poi David Bowie, caposaldo della mia musica. Mi piacciono da sempre stili apparentemente diversi. È la mia peculiarità.

Il primo pezzo importante a chi lo ha dato?

Il mio pezzo preferito è Cheyenne, scritto con Mahmood, e consegnato a Francesca Michielin. Tra i primi c’è il Mestiere della vita affidato a Tiziano Ferro. C’è anche Fatti bella per te, arrivato a Sanremo con Paola Turci. È stato uno snodo importante per la mia carriera.

Come nascono i pezzi?

Io viaggio tanto con la testa, ho una sensibilità spiccata. Osservo molto perché le canzoni stanno nelle frasi che le persone dicono senza accorgersi. Sono nei piccoli gesti, momenti a cui nessuno dà importanza ma che per me sono fonte d’ispirazione. Oggi ad esempio mi trovavo in ospedale con la mia fidanzata Veronica, eravamo in ascensore, lei si è girata, aveva la mascherina e mi ha sorriso con gli occhi per trasmettermi tranquillità, quando era lei quella da proteggere. In quel momento è nata una canzone.

Il momento che preferisce?

Io vengo da Bagnolo Cremasco, paesino di 5 mila abitanti dove mi piace tornare, per ascoltare le storie degli amici che vivono lì. È la mia salvezza.

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Strumento preferito?

Chitarra classica, ma se devo creare vado al piano. Sinceramente è nata così. È uno strumento che mette a nudo, col piano riesco ad andare lì dove non c’è la luce. Bruno Lauzi diceva “Quando c’è il sole esco”. Io se sono triste scrivo.

Chi le piace al Festival, oltre ad Annalisa e Geolier?

Mahmood, che ha grande personalità. Nessun altro potrebbe fare il suo pezzo. Come per Tananai l’anno scorso. Tango è un pezzo a cui sono legatissimo.

L’anno scorso Mengoni ha vinto il premio per la migliore composizione di Due Vite. Non avrebbe voluto ritirarlo lei?

No è suo, è stato Marco a portare il peso di tutto il progetto.

Qual è la parte che non vediamo?

La musica non ti fa stare bene, le canzoni nascono sempre da un’inquietudine. Anche pezzi che sembrano hit estive come Disco Paradise o Mon Amour nascono così. Serve una sorta di abnegazione.

Però i cachet aumentano.

La Siae è attenta a favorire il flusso di denaro attraverso gli streaming, cosa che anni fa non accadeva. Ma la mia sensibilità non è al servizio di tutti, sposo più i progetti dei cachet.

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