Non siamo più abituati a salutare il corpo del defunto, ma gli scriviamo sui social come se fosse ancora vivo. La pandemia ha reso più evidente come ci sia un conflitto anche intorno al lutto, fra tradizione e innovazione
- La morte è stata la protagonista assoluta delle cronache di questo annus horribilis. Ora è forse venuto il momento, sperando che la furia del virus stia attenuando, di iniziare a distanziarci da quel fiume di dolore per riflettere, analizzare, capire.
- Il volume di Asher Colombo La solitudine di chi resta: la morte ai tempi del contagio, appena pubblicato da il Mulino, ci aiuta, e molto, a delineare un’ipotesi socio-antropologica generale su quello che è avvenuto.
- L’impossibilità di congedarci dai defunti “normalmente”, con i gesti e con i rituali consegnatici dalla tradizione, ha rappresentato una vera e propria minaccia all’integrazione sociale.
La morte è stata la protagonista assoluta delle cronache di questo annus horribilis, si è presa per sé tutta la ribalta delle nostre vite, si è mostrata in tutta la sua potenza, spingendoci indietro nel tempo, verso quelle epoche storiche nelle quali seminava flagelli senza che gli esseri umani potessero far altro che pregare e sperare che placasse la sua violenza. Per mesi siamo stati inondati da un flusso debordante di numeri sui morti, su quanti anni avessero, su dove vivessero, su quanto ra



