All’entrata del padiglione ucraino della 59esima Biennale di Venezia, ancora in corso, la scheda a parete avverte che «la vera minaccia per l’arte e la memoria dell’artista Maria Prymachenko risale a fine febbraio, quando diversi suoi lavori sono andati perduti nei bombardamenti del museo Ivankiv».

Maria Prymachenko era un’artista ucraina autodidatta che si esprimeva attraverso la pittura, il ricamo e la ceramica. Le sue opere coloratissime parlavano del mondo contadino da cui proveniva e attingevano al folclore della sua terra. Prymachenko ha ricevuto riconoscimenti morali grazie all’apprezzamento di artisti come Picasso e Chagall, ma anche ufficiali, e non solo nel suo paese.

È stato proprio per preservare la memoria e l’arte ucraina che, qualche mese prima, a marzo era stato dato l’avvio a Save Ukraine Art 22, un progetto nato per porre l’accento sulla distruzione di edifici storici, musei e opere d’arte in Ucraina e che ha fatto arrivare a Leopoli due camion di aiuti per la salvaguardia dell’arte in quei luoghi.

Salvare un patrimonio

Save Ukraine Art 22 è nata quando con alcuni amici ho raccolto l’appello di aiuti per la salvaguardia del patrimonio artistico lanciato all’occidente da Taras Wozniack, direttore dalla Galleria nazionale delle arti di Leopoli e coordinatore della rete dei musei della città Unesco.

Nell’iniziativa hanno avuto un ruolo importante, tra gli altri, Marco Gallipoli, italiano residente a Leopoli, e la moglie Ustyna Soroka, docente all’istituto d’arte e figlia di un artista ucraino noto in patria. Insieme abbiamo attivato e coordinato il progetto, convinti che sia fondamentale salvaguardare in ogni conflitto i monumenti, le opere d’arte, i libri, gli archivi che costituiscono il patrimonio culturale di un paese: solo così si preserva l’identità per la ricostruzione e per la rinascita che auspichiamo inizino quanto prima. 

Operazione “bananas”

Era intanto in corso in quei giorni, in varie città Ucraine, l’operazione “bananas”. Le opere d’arte venivano rimosse e messe al sicuro, dove era possibile, con imballaggi di fortuna. Tra questi, gli scatoloni per l’importazione delle banane di un noto marchio. Non erano certo questi i materiali in grado fornire la protezione adeguata alla conservazione e all’archiviazione delle opere d’arte.

Il primo intervento è stato la redazione della lista dei materiali e delle attrezzature da raccogliere, che ha sùbito trovato supporto nella consulenza dei Musei civici di Venezia.

Una emozionante videochiamata fra i due direttori di museo, Taras Wozniack e Gabriella Belli, alla quale hanno partecipato anche i loro staff, ha permesso di definire la lista dei materiali necessari: supporti da imballaggio come pluriball o tessuto-non-tessuto, casse in legno per il trasporto, tessuti ignifughi, deumidificatori per mantenere la temperatura e l'umidità, attrezzature di fotografia, laptop per schedare i vari beni: tutti quei dispositivi indispensabili per salvaguardare quadri, sculture, oggetti d’arte, libri e altro, evitando che possano essere danneggiati o dispersi durante il conflitto.

Il “modello di business”

Si è proceduto attraverso donazioni. Ogni start up che si rispetti ha un “modello di business”, come spiego nei corsi di strategia e business planning che tengo all’università di Venezia e Trieste.

Il modello di business di Save Ukraine Art 22 prevede donazioni dirette dei materiali e delle attrezzature da parte delle aziende e delle istituzioni museali, che vengono raccolti in alcuni punti chiave messi a disposizione gratuitamente dall’operatore logistico Gruppo Ceccarelli a Firenze, Milano, Padova, Udine e, fra poco, anche a Roma.

È bastata una rapida telefonata per ottenere gli indirizzi e i riferimenti delle persone per ciascuno dei poli: quasi naturale per un’azienda che aveva nel suo fondatore, Bernardino Ceccarelli, un collezionista d’arte e di oggetti legati all’identità del Friuli-Venezia Giulia.

Altri musei

Così, da domenica 27 marzo, giorno in cui è stato messo online il sito www.SaveUkraineArt22.org, molte aziende, istituzioni e personalità italiane, non solo del mondo dell’arte, hanno deciso di dare il loro contributo.

L’energia e la disponibilità dei Musei civici di Venezia, ben rappresentate dalla presidente Maria Cristina Gribaudi, hanno poi coinvolto i musei di Udine e generato contatti in corso con altri musei, fra cui quelli toscani, grazie alla Fondazione Toscana.

Il patrimonio

Il museo di Leopoli non è l’unico ad aver subìto i danni della guerra. Anche il museo d’arte Archip Kuinzhi di Mariupol, una villa art nouveau, è andato distrutto, e così il museo nazionale di Kharkiv e tanti altri nelle città più martoriate dai bombardamenti.

La ricchezza artistica dell’Ucraina è diffusa in tutto il paese. Non potendo raggiungere tutte le città abbiamo scelto Leopoli perché lì la concentrazione di opere d’arte è massima.

A Leopoli si trovano, fra gli altri, il Museo storico con 370mila oggetti, il museo Ivan Trush, artista impressionista vissuto tra il XIX e il XX secolo, il Museo Ivan Georg Pinzel con le sue imponenti sculture barocche e la Lviv Art Gallery, un complesso di 18 edifici con 67.000 opere, di cui 370 di artisti di rilevanza mondiale, fra cui Tiziano e Raffaello.

Camion e furgoni

Il primo di questi camion è partito da Udine alla fine di aprile ed è arrivato a Leopoli all’inizio di maggio con il suo carico di materiali utili alla salvaguardia, alla conservazione e alla movimentazione delle opere d’arte.

Il secondo camion con 90 metricubi di materiali, partito sempre da Udine, è arrivato a Leopoli a fine giugno. Un viaggio meno complicato rispetto a quello del primo carico che in aprile era arrivato in Polonia, vicino al confine, e poi, distribuito in otto furgoni, era ripartito verso Leopoli.

I materiali sono stati smistati in alcune sedi museali gestite dal direttore Wozniack e da qui una parte sarà destinata ai musei di Kiev e Charkiv.

«L’ingresso dei furgoni nel cuore di Leopoli, nella tarda serata di un sabato, ha riempito i cuori di gioia e le guance di lacrime» confida Ustyna Soroka «e poi tutti si sono messi a scaricare i materiali: Marco Gallipoli, il direttore Taras stesso, i soldati».

Quest’attività di progetto continuerà selezionando sempre di più i materiali e le attrezzature necessari e confidando nella generosità delle imprese per costituire un terzo grande camion.

Collaborazioni

Si potrebbe scrivere un libro attorno a questa vicenda, che mostra l’incredibile e ammirevole disponibilità delle aziende italiane che hanno aderito all’iniziativa. Sono state inoltra coinvolte sei regioni: Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Toscana e Basilicata.

Hanno dato il loro il supporto sul piano della comunicazione anche alcune università – il Mip-Politecnico di Milano, lo Iuav e Hub Strategy Innovation di Venezia – e associazioni, come quella dei dirigenti d’impresa ManagerItalia, Cultura Italiae e ItalyPost.

Come si può capire il nostro paese non si è risparmiato nel dare una mano agli ucraini impegnati nel disperato tentativo di salvare il loro patrimonio artistico.

Restauri e divulgazione

La start up Save Ukraine Art 22 resta una piattaforma aperta e si sta strutturando con un Comitato di Indirizzo di cui fanno parte istituzioni, aziende e università. È entrata nel progetto anche l’associazione Restauratori senza frontiere, di Roma, con la quale si sta attivando un secondo fronte: la raccolta di materiali e strumenti per il restauro. L’associazione è attiva in diversi cantieri proprio nelle zone di guerra e la loro esperienza sarà preziosa.

Un terzo fronte, anche in collaborazione con Paolo Pastorello e Alessandra Morelli di Rsf, consisterà nell’organizzazione di alcune mostre in Italia, che ospiteranno opere di artisti ucraini, con la doppia finalità di protezione delle opere e di divulgazione dell’arte ucraina: per questo è aperto il dialogo con alcune istituzioni museali, in primis quelle già coinvolte per la raccolta dei materiali. Una prima idea di mostra riguarda le opere scultoree dell’artista barocco Johann Georg Pinsel.

Lo spirito di collaborazione

La continuità diventa ora importante, in un momento in cui la guerra fa un po’ meno notizia ma continua a causare danni e dolori; cercheremo di sensibilizzare più aziende e istituzioni possibili; molti materiali ora preziosi per i musei ucraini giacciono, spesso inutilizzati, nei magazzini di aziende e di musei.

«È emozionante vedere come l’Italia delle persone e delle aziende in questi momenti ritrovi uno spirito di coesione e collaborazione – conclude Marco Gallipoli – dando prova ancora una volta della sua sensibilità e del suo ruolo primario nella salvaguardia universale dell’arte e della cultura, di qualunque popolo».

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