Per un assoluto caso del destino, ci sono molte similitudini tra la 23ma Esposizione internazionale in corso alla Triennale di Milano (quella, s’intende, che accade appunto ogni tre anni con un tema specifico) e la situazione politica che si è creata, ed in particolare con la condizione umana probabilmente vissuta (e patita) dal premier dimissionario Mario Draghi negli ultimi mesi. Per non parlare degli ultimi giorni. La mostra ha un titolo formidabile, Unknown Unknows, ed è oggettivamente un viaggio consapevole e nel contempo spettacolare verso gli “universi sconosciuti che non sapevamo di non conoscere”. È curata da Ersilia Vaudo, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia apaziale europea. Inutile dire che frammenti di materiale siderale e visioni di galassie di ogni genere la fanno da padrone (con il colpo di teatro poi di avere nei giorni dell’inaugurazione in diretta le immagini inedite del telescopio James Webb, pazzesche).

Ma è dentro le parole che costellano, appunto, le didascalie –particolarmente belle – e i testi del catalogo curato da Coccia, e quelle delle interviste rilasciate dai protagonisti dell’esposizione che possiamo trarre alcune dritte forse utili a capire come mai sia Draghi sia le forze politiche in campo siano finiti dentro una galassia sconosciuta che non sapevano di non conoscere.

Lo sguardo della fisica

Dice Vaudo, per esempio: «Una delle cose che ti insegna la fisica è che devi avere questa capacità di essere pronto a guardare le cose anche in modo completamente diverso. È il tema più importante: in che modo tu riesci a mantenere un punto di vista aperto perché possano entrare nuove cose. E, quando qualcosa di nuovo entra, una trasformazione si mette in atto.

La parola desiderio viene da de-sidera, essere compagni delle stelle. Comunque tutti abbiamo una tensione a raggiungere qualcosa più grande di noi, abbiamo tutti un desiderio di appartenenza, di esplorazione, ma comunque sentiamo che facciamo parte di qualcosa di più grande di cui abbiamo speranza. In ambito spaziale questo si declina in una serie di cose, però secondo me l’ignoto è tutto ciò che era sconosciuto e comportava un rischio.

Questo crea in realtà un senso di appartenenza, una realtà che ti prescinde ma ti contiene. I cinque sensi sono una delle trappole più grandi che noi abbiamo nel dialogare con lo sconosciuto. James Webb ci ha fatto vedere delle cose che noi che abbiamo uno spettro di vista dell’ottico nell’infrarosso non possiamo vedere, eppure esiste, c’è nella realtà. Quindi tutto ruota intorno all’approccio nel non dire mai che una cosa è impossibile».

Un tipo di pensiero del tutto estraneo all’aplomb numeristico, razionale fino all’epilogo, dell’ex premier. Rincalza Stefano Boeri, presidente della Triennale, nell’incipit del catalogo: «Siamo di fronte a un’estensione della sfera dell’ignoto, di ciò che non conosciamo, non mappiamo e non controlliamo. Uno sviluppo radicale che ha il tono e la potenza di una nuova prospettiva sul mondo.

Perché se è vero che per secoli abbiamo misurato l’evoluzione della nostra specie sulla base di un criterio di estensione progressiva, di mappatura graduale di aree del mondo ancora sconosciute, questa prospettiva sembra ora diventata fragile, incerta, e insufficiente. Ciò che non sappiamo di non sapere non è, quindi, la realizzazione di un limite, ma la percezione di una forma di conoscenza che rispetta l’ignoto, a volte abbracciandolo, a volte attraversandolo, a volte schivandolo. Ma accettandola sempre come una presenza costante della vita».

Il Dna dei partiti

Flessibilità spregiudicata estrema... quella senza regole che sembra appartenere più a Lega, o Forza Italia o, disastrosamente, al Dna stesso degli stessi del Movimento 5 stelle. È lo stesso pensiero programmatico ad essere stato sbriciolato da questi incredibili tre anni di storia.

«Il futuro non esiste più in ciò che non è ancora accaduto o accadrà domani», scrive Emanuele Coccia. «Il futuro esiste nella capacità di muoversi liberamente nel tempo e trovare un’equivalenza tra ciò che è accaduto e qualcosa che non accadrà mai. Domani segnerà la fine di tutti i calendari».

Altro che esecuzione un po’ piccata del Pprn. È la finanza stessa della fine del Novecento della quale Draghi è maestro a scricchiolare... «Ci si ritrova in un nuovo mondo, dove persino la struttura stocastica sottostante non esiste più e i derivati di nuova creazione sono ciò che sta sotto», cerca di chiarire Elie Ayache sempre sul catalogo.

Tornare sulla terra

«L’abisso si trasforma così continuamente in una superficie: la superficie illimitata di scrittura/negoziazione del mercato. Se vogliamo definire la “finanza”, oggi e per tutti i tempi futuri, questa risiede in questo atto magico: trasformare ogni parametro statistico in un derivato che negozia, ogni analisi di serie storica in una nuova sintesi nella costellazione del mercato».

Addio fogli Excel compilati per benino… Per tornare sulla terra, lo stesso Boeri inizia ad abbandonare temi e forestazioni urbani per pensare – non da solo – alla vastità della campagna, delle colline. Anche umbre, no? Spesso silenzioso, in mezzo al bistrot della Triennale campeggia l’Albero ligneo disegnato da Francois Kere.

Un luogo fondamentale in questo momento, un posto quieto e fresco – intervallato altrove dal ritmo dalle cicale – di riflessione e meritato riposo. E altrettanto meritato, per sognare ciò che non si sapeva di non sapere e scoprire di colpo nuovi mondi che stanno portando a un cambio culturale radicale. Non ancora emerso totalmente in politica, ma sottostante, in modo misterioso e ovviamente – in questo frangente – anche pericoloso.

 

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