È una delle bevande più popolare al mondo con circa due miliardi di tazze bevute ogni giorno. Longjing, Biluochun, Huangshanmaofeng e Xinyangmaojian sono le principali varietà.

Gli studi sui benefici

Oramai celebre per le sue caratteristiche antiossidanti, il tè verde è stato ed è oggetto di numerosi studi che ne esaltano le proprietà benefiche dovute alla più alta concentrazione di polifenili rispetto a gli altri tipi di tè. In particolare il tè verde è ricco di epigallocatechina-3-gallato (Egcg), una catechina presente in quantità circa 10 volte superiore rispetto al tè nero e 2,5 volte superiore al tè oolong.

Le catechine sono un gruppo di sostanze antiossidanti che si trovano anche nel cacao e nel vino rosso in grado di proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi. In tale contesto, le ricerche hanno dimostrato che il tè verde avrebbe proprietà anti-tumorali e apporterebbe benefici al sistema cardiovascolare. I polifenoli, infatti, inibiscono la formazione di coaguli, rallentano lo sviluppo di aterosclerosi e riducono la presenza di grassi e colesterolo nel sangue.

Genetisti taiwanesi della Chung Shan Medical University hanno altresì scoperto che i fumatori che non bevono tè verde hanno un rischio 13 volte più alto di sviluppare il tumore al polmone. Il tè verde sembrerebbe inoltre essere in grado di contrastare l’ipertensione e di provenire l’osteoporosi, avrebbe effetti neuroprotettivi e potrebbe giocare un ruolo di una certa importanza nella prevenzione e nel trattamento delle malattie neurodegenerative. Ma c’è di più, ed è quello per cui il tè verde è diventato famosissimo: pare infatti che acceleri il metabolismo dei grassi e degli zuccheri facilitando la diminuzione del peso corporeo e, grazie alla sua azione diuretica, risulterebbe utile in caso di ritenzione idrica e cellulite.

L’impatto del marketing

L’impatto mediatico di tutte queste possibili proprietà benefiche e la facile reperibilità in commercio hanno fatto sì che il consumo di tè verde, come bevanda ma ancor più come estratti concentrati, aumentasse a dismisura tanto da venir assunto come cura fai da te.

E il problema sta proprio nelle cure fai da te. Il consumatore, preso dal fatto che il prodotto è naturale e per giunta “fa bene”, lo considera una sorta di panacea in grado di prevenire tutti i mali e quindi tende ad assumerlo ad libitum soprattutto sottoforma di integratori a base di estratti di tè verde. Questi ultimi sono ottenuti per estrazione dalle foglie mediante l’uso di solventi chimici organici e questi processi hanno lo scopo di aumentare di molto la concentrazione dei principi attivi (catechine, caffeina e quant’altro), rispetto a quelle presenti nella bevanda tradizionale.

Basti pensare agli sportivi: il consumo di estratti di tè verde infatti è considerato un alleato naturale per gli sportivi a causa dell’elevata quantità di caffeina (spesso denominata teina anche se la molecola è la stessa) in grado di promuovere una maggiore concentrazione e resistenza fisica, essenziali per affrontare le sfide e migliorare la performance atletica. Il problema è che la caffeina, se assunta in concentrazioni elevate, può causare nervosismo, ansia, tremori e battito cardiaco irregolare.

Non una panacea

Ora, nonostante i sopracitati e ampiamente documentati effetti benefici riconosciuti al tè verde, diversi sono gli studi riguardo i potenziali danni causati dall’ Egcg. È chiaro che tutto ciò sembrerebbe in contrasto con gli usi tradizionali e benefici del tè verde, ma esistono diverse evidenze nella letteratura scientifica che indicano che un utilizzo improprio o eccessivo possa causare problemi alla salute. In realtà, da alcuni anni proprio l’Egcg è una sorvegliata speciale da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare: un consumo eccessivo di integratori alimentari che la contengono sarebbe infatti in grado di dare problemi al fegato.

Oltre agli effetti epatici pare che le catechine interferiscano anche con la cinetica di alcuni farmaci. Di particolare interesse a riguardo è una ricerca del 2014 pubblicata sulle pagine di Clinical Pharmacology & Therapeutics, condotta da un team tedesco e giapponese, con la collaborazione con il Centro cardiologico IRCCS di Milano. I ricercatori hanno dimostrato che l’assunzione di tè verde sottoforma di bevanda (nell’ordine di 700mL al giorno) riduce l’effetto del nadololo, un antiipertensivo, betabloccante utilizzato contro le aritmie cardiache. Pare infatti che le catechine contenute nel tè inibiscano la molecola OATP1A2 che funge da trasportatore e facilita l’assorbimento intestinale del farmaco. Ma, mettono in guardia i ricercatori, l’impatto sulla sua inibizione potrebbe però essere ben più vasto dal momento che questo trasportatore è coinvolto nell’assorbimento anche di altri farmaci come statine, chemioterapici o antivirali.

Chiaramente, nel complesso, gli studiosi ritengono che non sia semplice fare una stima precisa degli eventuali danni, sia per l’elevato grado di sottosegnalazioni dovute al fatto che il paziente potrebbe non addurre come causa del suo malessere il consumo libero di estratti di tè verde, sia perché altri studi sono ancora in corso sia sulla bevanda tal quale sia sugli estratti. Diventa però prioritario informare sulle potenziali insidie del tè verde non per creare allarmismi ma per consentirne un uso agevole e consapevole al fine di sfruttare al meglio i benefici per la salute.

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