Tra assurdità, svarioni e salamelecchi lo scrittore Parente e lo scienziato Vallortigara inneggiano alla scienza e disprezzano gli altri saperi. Ma la scienza non dovrebbe insegnare a parlare solo delle cose che si sanno?
- In Lettere dalla fine del mondo (La nave di Teseo, 2021) uno scrittore, Massimiliano Parente, e uno scienziato, Giorgio Vallortigara, discutono dei massimi problemi, dal senso della vita alla morte dell’universo, passando per l’arte, il sesso, la religione.
- Discutono di filosofia, ma si fanno vanto di non aver letto i filosofi. Con la storia non va meglio: mancano del tutto di senso storico, un adepto della cancel culture avrebbe maggiore sensibilità per il passato.
- Hanno fede solo nella scienza. Ma la scienza non dovrebbe insegnare a parlare delle cose che si conoscono, almeno a studiarle prima di parlarne?
Lo Scrittore (con la maiuscola) la spara subito grossa. Non capisce perché ci ostiniamo a contare gli anni dalla nascita di Cristo, anziché in un altro modo. Contandoli da Cristo paghiamo un tributo a un’impostura, ci accodiamo a una ridicola stupidità, ci sottomettiamo alla falsità della religione. Lo Scienziato (sempre con la maiuscola) però la spara ancora più grossa, perché è entusiasta dell’idea di contare gli anni dalla pubblicazione della Origine della specie di Charles Darwin, dato che



