Pubblichiamo un estratto sul grande romanzo di Flaubert a firma del romanziere peruviano scomparso lunedì 14 aprile
Un libro si trasforma in parte della vita di una persona per un insieme di ragioni che hanno a che fare al tempo stesso con il libro e con la persona. Mi piacerebbe spiegare quali sono nel mio caso alcune di tali ragioni: come mai Madame Bovary ha smosso strati tanto profondi del mio essere, che cosa mi ha dato rispetto ad altre vicende.
Il primo motivo, forse, è la propensione che fin da bambino mi ha fatto preferire le opere costruite con un ordine rigoroso e simmetrico, con principio e fine, che si richiudono su sé stesse e che trasmettono l’impressione della sovranità e del concluso rispetto ad altre, aperte, che suggeriscono deliberatamente l’indeterminatezza, la vaghezza, il processo in divenire, fatto a metà.
Riassumere la vita
È possibile che queste ultime siano immagini più fedeli della realtà e della vita, inconcluse e sempre finite in parte, ma, giustamente, quel che di sicuro ho cercato per istinto e mi è piaciuto trovare nei libri, nei film, nei quadri, non è stato un riflesso di tale parzialità inconclusa, di un incommensurabile fluire, bensì il contrario, piuttosto: totalizzazioni, insiemi che, grazie a una struttura audace, arbitraria ma convincente, dessero l’illusione di sintetizzare la realtà, di riassumere la vita. Questo appetito si è dovuto vedere saziato appieno con Madame Bovary, esempio di opera conclusa, di libro-cerchio.
D’altra parte, una preferenza fino ad allora nebulosa ma crescente nelle mie letture si dev’essere stabilizzata grazie a tale romanzo. Tra la descrizione della vita oggettiva e soggettiva, dell’azione e della riflessione, mi seduce più la prima che la seconda e mi è sempre parsa un’impresa più ammirevole la descrizione della seconda attraverso la prima piuttosto che il contrario (preferisco Tolstoj a Dostoevskij, l’invenzione realistica a quella fantastica e, nell’irrealtà, ciò che è più vicino alla concretezza che all’astrazione, per esempio la pornografia alla fantascienza, i romanzi rosa ai racconti dell’orrore).
Flaubert, nelle sue lettere a Louise, mentre scriveva Madame Bovary, era sicuro di comporre un romanzo di “idee” e non di azioni. Questo ha portato alcuni, che hanno preso alla lettera le sue parole, a sostenere che Madame Bovary sia un’opera in cui non succede niente tranne il linguaggio. Non è così: in Madame Bovary accadono tante cose quante in un romanzo d’avventura – matrimoni, adulteri, balli, viaggi, passeggiate, truffe, malattie, spettacoli, un suicidio –, solo che in generale si tratta di avventure misere. È vero che molti di questi fatti sono narrati attraverso l’emozione o il ricordo del personaggio, ma, per via dello stile ossessivamente materialista di Flaubert, la realtà soggettiva in Madame Bovary possiede anche consistenza, peso fisico, proprio come quella oggettiva. Che i pensieri e i sentimenti nel romanzo paiano fatti, che si possano vedere e quasi toccare non mi ha solo strabiliato: mi ha rivelato una predilezione profonda.
Queste sono ragioni formali, derivanti dalla struttura e dalla concezione del libro. Quelle che riguardano l’argomento sono meno invertebrate. Un romanzo mi ha sempre sedotto di più nella misura in cui vi compaiono, combinati con perizia in una storia compatta, ribellione, violenza, melodramma e sesso. In altre parole, la massima soddisfazione che un romanzo può generare in me è suscitare, nel corso della lettura, ammirazione per punti di anticonformismo, collera per qualche stupidaggine o ingiustizia, fascino per le situazioni di contorta drammaticità, di eccessiva emotività che il romanticismo è parso inventare perché ne ha fatto uso e abuso, ma che nella letteratura sono sempre esistite perché di certo sono sempre esistite nella realtà, oltre che desiderio. Madame Bovary è prodigo in questi ingredienti, sono i quattro grandi fiumi che irrorano la sua ampia geografia e, quanto alla distribuzione di tali contenuti, nel romanzo esiste la stessa equità presente nella sua divisione formale in parti, capitoli, scene, dialoghi e descrizioni.
Emma e gli eroi virili
La ribellione, nel caso di Emma, non ha le epiche sembianze degli eroi virili del romanzo del diciannovesimo secolo, ma non è meno eroica. Si tratta di una ribellione individuale e, in apparenza, egoista: lei viola i codici di comportamento aizzata da problemi strettamente personali, non in nome dell’umanità, di qualche etica o ideologia. È perché la sua fantasia e il suo corpo, i suoi sogni e appetiti si sentono incatenati dalla società, che Emma subisce; è adultera, mente, ruba e alla fine si suicida.
La sua sconfitta non dimostra che lei sia in errore e i borghesi di Yonville-l’Abbaye nel giusto, né che Dio l’abbia punita per il suo crimine, come ha sostenuto durante il processo Maître Senard, il difensore del romanzo (la sua difesa è farisea come l’accusa dell’avvocato imperiale Pinard, segreto redattore di versi pornografici), bensì, semplicemente, che la lotta era impari: Emma era sola e, poiché era impulsiva e sentimentale, era solita prendere la strada sbagliata, impiegare tutte le sue forze in azioni che, in ultima istanza, favorivano il nemico (Maître Senard, con argomentazioni che dovette mettergli in bocca lo stesso Flaubert, durante il processo garantì che la morale del romanzo consiste nel pericolo che una fanciulla riceva un’istruzione superiore a quella del suo ceto). Tale sconfitta, fatidica per le condizioni in cui si svolgeva lo scontro, ha orpelli da tragedia e melodramma e questo è uno dei connubi a cui io, contagiato come lei da certe letture e spettacoli dell’adolescenza, sono più sensibile.
Ma non è solo il fatto che Emma sia in grado di fare fronte al suo ambiente – famiglia, classe, società – bensì le cause del suo fronteggiarsi a obbligare la mia ammirazione per la sua inafferrabile figura. Queste cause sono molto semplici e hanno a che vedere con un dettaglio che lei e io condividiamo da vicino: il nostro incurabile materialismo, la nostra predilezione per i piaceri del corpo su quelli dell’anima, la soggezione ai sentimenti e all’istinto, la nostra predilezione per la vita terrena rispetto a qualunque altra. Le ambizioni per cui Emma cade nel peccato e muore sono quelle che la religione e la morale occidentale hanno combattuto più aspramente nel corso della storia.
La ragione della ribellione
Emma vuole godere, non si rassegna a reprimere in sé la profonda esigenza sessuale che Charles non può soddisfare perché nemmeno ne conosce l’esistenza, e per di più vuole circondare la sua vita di elementi superflui e gratificanti, l’eleganza, la raffinatezza, materializzare in oggetti l’appetito di bellezza che hanno fatto fiorire in lei l’immaginazione, la sensibilità e le sue letture. Emma vuole conoscere altri mondi, altre persone, non accetta che la sua vita trascorra fino all’ultimo entro l’orizzonte ottuso di Yonville e, allo stesso modo, vuole che la sua esistenza sia variegata ed esaltante, che in essa ci siano avventura e rischio, le gesta teatrali e magnifiche della generosità e del sacrificio.
La ribellione di Emma nasce da questa convinzione, radice di tutte le sue azioni: non mi rassegno alla mia sorte, la dubbia compensazione dell’aldilà non mi interessa, voglio che la mia vita si realizzi piena e completa qui e ora. Senza dubbio vi è una chimera nel profondo del destino ambito da Emma, soprattutto se lo si trasforma in schema collettivo, in progetto umano. Nessuna società potrà mai offrire a tutti i suoi membri un’esistenza simile e, d’altra parte, è evidente, affinché la vita in comunità sia possibile, che l’uomo debba rassegnarsi a imbrigliare i suoi desideri, a limitare la vocazione alla trasgressione che Bataille chiamava il Male. Ma Emma rappresenta e difende in modo esemplare un lato dell’umano brutalmente negato da quasi tutte le religioni, filosofie e ideologie e da esse presentato come motivo di vergogna per la specie.
La sua repressione è stata una causa di infelicità estesa quanto lo sfruttamento economico, il settarismo religioso o la sete di conquista degli uomini. Con il tempo, settori sempre più ampi – adesso perfino la Chiesa – sono giunti ad ammettere che l’uomo abbia diritto di mangiare, pensare ed esprimere le proprie idee liberamente, alla salute, a una vecchiaia sicura. Tuttavia, come ai tempi di Emma Bovary, si mantengono ancora gli stessi tabù – e in ciò la destra e la sinistra si stringono la mano – che negano universalmente agli esseri umani il diritto al piacere, alla realizzazione dei loro desideri. La storia di Emma è una cieca, tenace, disperata ribellione contro la violenza sociale che soffoca tale diritto.
Da L’Orgia perpetua. Flaubert e Madame Bovary, Edizioni Settecolori
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