Per cercare di fare un quadro quantomeno circostanziato della rappresentazione di sé del genere maschile, cis o no, che salta fuori dalle sfilate milanesi primavera/estate 2023 – stagioni che già fanno tenerezza a nominarle – tiriamo su il telefono e cerchiamo Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis.

«In crisi di riconoscimento, il maschio lavoratore delle classi medie della società occidentale, sperimenta il crepuscolo di quel mondo. Ha in giro per il mondo esseri umani alieni. È in naufragio». (Sembra di vedere la collezione di JW Anderson, con i manubri, gli skate rotti sul maglione, i jeans divelti, come se uscissimo da una rissa tra ragazzini ex-benestanti dopo un rave improvvisato in strada).

«Dopo la crisi del patriarcato, c’era un ruolo sociale in ogni caso ricostruito, e che aveva riportato belle speranze e grandi promesse – rincalza Valerii – Oggi tutti questi tempi e tutti questi temi sono da anni e anni in  discussione. Non sei più il baricentro del mondo, che si è spostato da tempo dall’Atlantico al Pacifico. E tu che avevi interpretato la democrazia come libertà, ti sei ritrovato ad avere a che fare invece con la Cina che dimostra che esiste libertà senza democrazia. Come si interpreta in questa fase la moda nel momento in cui siamo spiazzati sul piano economico e tecnologico, noi che avevamo creduto che la libertà fosse l’elisir? La Russia non rappresenta né la prospettiva della libertà né la prospettiva della ricchezza. Le società aperte sono spaesate. Janet Yellen, la geniale segretaria del Tesoro americana, parla di friendshoring, di alleanza ridotta ai soli paesi che riconoscono la libertà, una seconda Guerra fredda in sostanza. In tutto mettici l’inflazione e il ridotto potere d’acquisto, altri elementi di shock. Il prossimo ciclo è polarizzato, da un lato la ricchezza dall’altra, la povertà che si allarga». (E a me viene in mente la sfilata di Balenciaga a New York del mese scorso, distopica, soffocante, con le maschere di lattice coi codini, dentro schermi di quotazioni di Borsa e loghi di colossi digitali impazziti).

Di più con meno

Chiedo al direttore del Censis un ulteriore suo sguardo sullo scenario a venire. «Cercare di fare di più con meno. Vedi il tema dell’energia. Dovrai guardare a ridurre i consumi. Scarsità di potere d’acquisto, risparmi erosi dall’inflazione. Imparare ad agire, a stare al mondo, con meno, lo ripeto».

E l’esportazione dell’eccellenza italiana della piccola e media impresa, i buyer internazionali? «C’era l’illusione dell’esportazione che faceva il Pil, ma era solo il 30 per cento del Pil, chiariamoci. Certo, era l’unica cosa che continuava a crescere, l’ambasciatore all’estero del made in Italy – conclude Valerii – ma i consumi interni pre Covid non erano mai tornati al livello del 2008».

(L’immagine della ciminiera che fuma in mezzo alla vecchia fabbrica di Zegna, luogo scelto per la sfilata di venerdì scorso, casca perfetta; ma anche la resurrezione di Dolce&Gabbana con una collezione di riciclo/riattivazione di tutti i loro grandi pezzi classici degli ultimi 20 anni, che fanno di più con meno chiaramente).

Al centro di tutto, a sorpresa ma non troppo, spicca Giorgio Armani (foto sotto). Il suo uomo loose, con le giacche morbide e senza struttura, da anni presentato anche a petto nudo sotto il capospalla (altro che Timothee Chalamet agli ultimi Oscar), i pantaloni rilassati.

E poi c’è Prada

Tutto ci parla di provare a superare con calma e placidità ogni genere di uragano. Imperturbabile apparentemente a ogni mutazione, e quindi misurato e controllato nell’esposizione di sé e nel consumo inutile di materia istericamente effervescente ma poi transeunte, Armani diventa il riferimento (forse anche inconscio) di alcuni, che lavorano per carità in perfetta autonomia: dall’ottima collezione di Fendi, alla parte meno hot di Versace fino al perfetto bilanciamento del lavoro di Alessandro Sartori per  Zegna. E già. “Di più, con meno”.

E poi c’è Prada (foto sopra). Tutto quanto è stato brevemente analizzato, in queste righe, diviene il centro di una perfetta sfilata, non a caso intitolata Choices, fatta di «archetipi, di fondamenti del vestire, di classici che tuttavia ottengono – ridotti all’essenziale, ogni dettaglio rimosso – un richiamo diverso. Rimuovere il superfluo dona un sollievo fisico ed emotivo, una freschezza e leggerezza nuove» (questo dal perfetto comunicato stampa, che è fondamentale leggere con attenzione, quando si tratta di Prada-Simons). «Agire lo stesso e anche di più, ma con meno». Si potrà. Si dovrà. Buona fortuna.

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