Dopo il grande successo in Giappone, dove è stato lanciato un anno fa, ora anche negli Stati Uniti si possono acquistare i Moflin: ovvero degli animaletti prodotti da Casio e alimentati con l’intelligenza artificiale “emotiva”. Sono dei robot da compagnia, dei robopet. Sembrano dei piccoli conigli o dei porcellini d’India, ma è difficile capire se assomiglino più a un peluche o a un essere vivente, visto che sono costruiti per essere un po’ entrambe le cose.

E proprio per questo stanno già dividendo l’opinione pubblica. Ci sono clienti entusiasti, al limite del fanatismo, che condividono ogni cosa del loro animaletto. E ci sono esperti che già discutono sulle possibili conseguenze: amare un peluche-che-sembra-vivo quali storture emotive può creare, soprattutto nelle persone più fragili? I benefici superano gli effetti collaterali?

Cosa sono

Al momento della scrittura di questo articolo, ancora non si sa quando i Moflin saranno venduti in Italia. Ma è facile immaginare che non servirà attendere molto. L’invasione è iniziata, con un esercito fatto di peluche dal cuore di elettronica e dal cervello di algoritmi.

Casio stessa descrive i Moflin come dei compagni emotivi, che imparano e reagiscono in modo unico alle interazioni con il loro proprietario. L’intelligenza artificiale che li alimenta è costruita proprio per questo: per dare a ogni Moflin una personalità che matura e si adatta nel tempo.

Il target non sembra dunque solo quello degli adolescenti, come si potrebbe immaginare a uno sguardo distratto, anche perché non costano poco (59.400 yen in Giappone, quasi 330 euro). Per gli adulti sono pensati come antistress e supporto emotivo, soprattutto per i professionisti che vivono situazioni di stress o solitudine.

E per coloro che non possono, o non vogliono, avere un vero animale domestico (le persone allergiche, ad esempio, ma non solo). È facile capire quale sia il nocciolo del problema: in un certo senso, i Moflin sono anche un inganno per il nostro cervello, che può convincersi di avere a che fare con un vero animale.

I precedenti

Ma in fondo è anche un perfezionamento di fenomeni di costume molto simili del passato. Negli anni Novanta, i Tamagotchi (e loro competitor) erano creature digitali che seguivano un loro ciclo di vita, con la necessità di soddisfare i bisogni, la possibilità della morte e della rinascita.

Poco più tardi, i Furby erano pensati come giocattoli in grado di “imparare” dai loro proprietari, cambiando il loro comportamento, rispondendo alla voce e avendo una propria personalità. Il cane robot di Sony si chiama Aibo. Paro è una foca-robot che già viene utilizzata in contesti terapeutici (dimostrando che non per forza il progresso debba essere un pericolo).

EPA
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Ma l’interesse generato dai Moflin è comunque diventato in Giappone un fenomeno sociale, per certi versi inedito. Perché esistono nicchie importanti di estimatori che condividono ogni cosa del loro Moflin sui social, e sono disposti a pagare ulteriormente per prendersene cura.

Personalità

Come succede in questi casi, solo il tempo potrà dire se si tratta di un trend effimero, destinato a spegnersi come si spengono tutte le mode. O se diventerà un fenomeno di costume tale da restare impresso nell’immaginario collettivo.

Resta comunque un aspetto interessante da approfondire, perché sintetizza molte delle contraddizioni del nostro tempo. La tecnologia sta evolvendo in modo rapidissimo, continuando a mischiare la nostra percezione della realtà. Avere un animaletto artificiale potrebbe diventare presto molto comune.

I Moflin non parlano, ma comunicano attraverso movimenti realistici e suoni simili a pigolii e fusa. All’interno nascondono sensori di tatto e movimento, insieme ai microfoni, e un algoritmo di intelligenza artificiale appositamente sviluppato da Casio. In questo modo, possono adattare il proprio comportamento in base alle interazioni: riconoscono la voce di chi gli parla più spesso (e che viene identificato come “proprietario”), registrando stimoli come carezze, abbracci o toni della voce.

Il punto davvero innovativo, secondo Casio, è che ogni Moflin può sviluppare col tempo una personalità unica, attraverso la combinazione di oltre 4 milioni di possibili stati emotivi, che danno vita a circa 40mila varianti di “personalità”. In sostanza, nel giro di un mese e mezzo si assiste alla crescita del proprio robot-animaletto: da piccolo batuffolo goffo, diventa un piccolo robot in grado di interagire (e di affezionarsi al “proprietario”).

In questa maturazione, si definisce la personalità del Moflin anche sulla base delle attenzioni che riceve. Con un’app sullo smartphone (chiamata MofLife) si può monitorare lo stato emotivo e alcuni parametri della creatura virtuale. Ad esempio, vengono mostrati i tratti caratteriali dominanti (la sua felicità, timidezza, energia e affettuosità). Vengono annotati i sogni e i momenti di relax.

Il Moflin reagisce ai rumori forti spaventandosi. Si può notare il suo respiro. E viene venduto con una culla (che funziona anche come stazione di ricarica): è importante non abbandonarlo per troppo tempo, per non farlo diventare triste.

Un conforto

Casio presenta dunque i Moflin più come dispositivi per il benessere emozionale che come giocattoli. E vogliono essere dunque una risposta ai problemi di ansia, stress e solitudine che sono ancora più diffusi dopo il Covid-19. In un certo senso, l’idea è di mettere in commercio degli “aiutanti” per il benessere mentale, senza incorrere negli oneri che richiede la cura di un qualsiasi animale vero.

Tutto questo ha portato in Giappone alla nascita di fenomeni per certi versi distopici: c’è chi porta il Moflin a passeggio, in vacanza o in ufficio. Ma ha anche portato all’invenzione di nuovi servizi post vendita offerti da Casio (o da competitor meno ufficiali). Per esempio, c’è la toelettatura per curare il pelo sintetico. Ma anche sistemi di resurrezione, nel caso un Moflin dovesse malauguratamente andare perduto: grazie al backup dei dati sull’app, si può fornire un nuovo animaletto, con i ricordi e la personalità di quello precedente.

La sensazione è che l’idea di adottare un animaletto-robot possa essere vista come un’evoluzione naturale in una società ipertecnologica, ancora di più per la forte presenza di single e anziani soli. In fondo, avere un conforto artificiale è sempre meglio di non averlo affatto.

Contraddizioni

Il problema è semmai che al momento non esistono studi a sufficienza per comprendere gli effetti a lungo termine. Le critiche maggiori riguardano la possibilità che i Moflin finiscano nelle mani dei bambini, in un periodo dell’esistenza in cui è fondamentale interagire con veri esseri viventi. L’attaccamento verso un’entità artificiale potrebbe interferire con lo sviluppo socio-emotivo.

In fondo, l’intelligenza artificiale è in genere costruita per assecondare l’utente che la utilizza: tutto questo trasferito in un animaletto artificiale, potrebbe rendere più difficile riconoscere la complessità delle interazioni reali.

Per gli adulti, invece, il rischio è che un animaletto virtuale possa essere un ulteriore pretesto per ritirarsi dalle relazioni vere. Rinchiudersi in casa con il proprio Moflin, senza vedere più nessuno, e che vada al diavolo tutto il mondo lì fuori. Così, quello che è pubblicizzato come una cura, potrebbe alla fine diventare un virus sociale ancora peggiore.

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