Cara Giulia, vado in ufficio, penso al prossimo lavoro che dovrò trovare entro la fine dell’estate, le bollette da pagare, la caparra per la casa nuova, il centomilionesimo tipo che non mi piace, a cui non piaccio, tutti i messaggi dei gruppi WhatsApp a cui non ho risposto. Vivo a Milano, ho 25 anni e ormai non riesco più nemmeno a scrivere perché ho scoperto che trasformare i desideri in racconti non mi aiuterà ad esaudirli. L’amore come caccia al tesoro, poi, è un concetto disfunzionale in cui l’impegno non corrisponde a un risultato garantito, piuttosto alimenta la mia frustrazione. La rabbia di sapersi sola in un mondo con sette miliardi di abitanti, la rabbia esagerata della negazione di un desiderio profondo ed elementare. Sono Giuliana, sono molto arrabbiata. Resisto e mi incazzo da una vita intera, avverto forte il peso della mia ribellione perché ho da poco scoperto che la realtà è spesso troppo reale, da non lasciare spazio a sentimentalismi e speranze, nemmeno ai miei entusiasmi da bambina. Pensavo che mi spettasse di diritto un risarcimento danni retroattivo, per almeno una quindicina di anni, e invece mi sbagliavo di grosso. La sofferenza non ci legittima ad un futuro obbligatoriamente roseo. Che disgrazia. La mia analista dice che si diventa matti a non voler accettare la realtà. Beh, io non l’accetto. Non l’accetto e non riesco a cambiarla, per cui mi arrabbio molto.

Però sto bene dai.

Giuliana

Cara Giuliana, benvenuta nell’età adulta, in cui niente va come avevi sperato a meno che tu non sia molto ricca e/o stupida come un sasso. Vorrei però provare a ridimensionare questo pessimismo perché a leggere la tua lettera mi sono sentita stanca per te. Mi sembra che tu ti sia posizionata, anche ben prima dell’età adulta, davanti a un bivio che prevede solo due alternative, entrambe pessime: rassegnarti a una condizione di infelicità o vivere combattendo contro i mulini a vento (un’altra forma di infelicità, solo più simile alla frustrazione), che è un po’ come scegliere se farsi cavare un dente senza anestesia o farsi strappare le unghie dei piedi. Sarò ingenua, ma sono certa che ci sia almeno una terza via un po’ meno estenuante. L’analisi è sicuramente un passo nella direzione giusta, ma tieni presente che è come dio o l’oroscopo: funziona solo se ci credi. Per il resto voglio ricordarti che non è vero che sei sola. Tinder è piena di single insoddisfatti, e gli affitti milanesi affliggono migliaia di persone, compresa la sottoscritta (cogliamo l’occasione per rivolgere un appello a Beppe Sala: sindaco, faccia qualcosa. Vogliamo i trilocali, ma non vogliamo vendere gli organi). Non è una consolazione, ma forse fa parte dell’avere 25 anni doversi sbattere per trovare soluzioni provvisorie a problemi perpetui.

Concediti un po’ di tempo, prendi fiato, aspetta una botta di culo che prima o poi magari arriva (come dio, l’oroscopo, la psicanalisi: ci devi credere). Per quello che vale (cioè poco), non credo esistano un modo giusto e uno sbagliato di sentirsi. Può darsi anche che un po’ di rabbia faccia bene. Quello che conta è capirne l’origine e se possibile individuarla dentro di noi, piuttosto che attribuire le colpe a fattori esterni su cui non abbiamo nessun controllo. Purtroppo e per fortuna è più facile cambiare la nostra percezione della realtà, che cambiare la realtà.

Giulia

Cara Giulia, premetto che sono un ragazzo che sta vivendo un periodo bellissimo: ho appena finito il liceo, ho una ragazza, degli amici e sto per andare in vacanza con loro. Quello che mi passa però per la testa da quando ho finito la scuola è l’impressione di non esprimere abbastanza ciò che penso e vorrei dire. Mi piace moltissimo informarmi su questioni di attualità e spesso mi sento “in debito” quando vengo a conoscenza di avvenimenti crudeli, discriminazioni o violenze, o anche semplicemente dell’ignoranza delle persone su temi per me importanti. Vorrei poter fare proposte, anche assurde magari, e vorrei “schierarmi” in difesa di certe persone o certi ideali. Tuttavia sono molto timido in questo. Ho pensato centinaia di volte di esprimere questi miei pensieri sui miei profili social, ma provo in un certo senso vergogna. Non ho assolutamente una scarsa considerazione di me o una bassa autostima, ma ho un po’ di timore nel parlare di temi importanti pubblicamente di fronte a persone che conosco, amici e genitori, soprattutto di argomenti sociali/politici che potrebbero essere molto lontani da me per l’età che ho.

Grazie,

Lorenzo

Caro Lorenzo, complimenti, a 19 anni sei già più maturo del 90 per cento degli utenti di Twitter. Credo infatti che questo freno che senti sia la tua coscienza che cerca di comunicarti un messaggio importante che purtroppo sfugge ai più: non è necessario esprimere pubblicamente la propria opinione su ogni singolo tema tutti i giorni a tutte le ore. Ti chiedo scusa per l’ipocrisia della mia risposta, sono ben consapevole di essere la prima a non aver afferrato questo concetto apparentemente lineare. Eccomi qui a occupare pagine su un giornale, a costare la vita a chissà quanti alberi, senza essere neanche sicura di aver capito bene perché non possiamo semplicemente stampare più soldi per risolvere le crisi economiche.

Non voglio inibirti ulteriormente. È bello e sacrosanto che tu abbia voglia di informarti. Continua a farlo: ti renderai conto che più cose impari più ce ne sono da imparare. E tieni presente, ogni volta che ti senti schiacciato o incazzato o impotente, che esistono anche modi concreti per rendersi utili, tipo il volontariato (anche qui chiedo scusa per l’ipocrisia, non ho fatto un giorno di volontariato in vita mia), mentre una posizione espressa sui social non ha alcun impatto reale (a meno che tu non sia Fedez, in quel caso ti chiederei di avviare una battaglia per calmierare i prezzi dei cerotti per le vesciche, quando hai tempo). Non credo, comunque, che ci sia un limite d’età per avere un senso del mondo che ci circonda. Se ci pensi, tra i partigiani era pieno di ragazzi e ragazze anche più giovani di te. E puoi sicuramente lasciarti andare con amici e parenti: se non ammorbiamo almeno un po’ le persone a cui vogliamo bene, a cosa servono le relazioni?

Giulia

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