Facciamo un gioco. Scriviamo un articolo che parli di come la nostra società possa essere descritta ricorrendo a tre concetti: stagnazione, cecità e stanchezza. Lo so, suona molto deprimente, ma se ci pensate ci arrivano spesso eco di questo tipo. Proviamo a raccogliere un po’ di idee.

Esercizio n.1

La stagnazione fa riferimento a un senso di inerzia: nonostante i progressi tecnologici molti si sentono intrappolati. Una volta raggiunta l’età adulta alcuni hanno la sensazione di entrare in una specie di bolla di quieta afflizione e di disagio pratico o mentale. Intorno tutto si muove, anche con violenza, ma questo movimento sembra distaccato dal vissuto, e appare soprattutto come una minaccia.

C’è poi la cecità: un’indifferenza o un’incapacità di vedere il mondo per come è veramente. L’ignoranza volontaria delle ingiustizie sistemiche, la negazione delle prove scientifiche e il rifiuto delle verità scomode. La fatica di separare il fatto dalla finzione. Molti si ritirano e frequentano solo le idee affini alle proprie, rafforzando le convinzioni esistenti e chiudendosi alle prospettive alternative. Questa cecità erode le fondamenta del dibattito civile.

Infine, tanti si sentono soprattutto esausti: fisicamente, mentalmente e emotivamente. La stanchezza permea la nostra società, manifestandosi come ansia e malessere. Essere sempre sotto pressione, tenere il passo, apparire felici in un ciclo di produttività e consumo. Quante volte sentiamo dire “io vorrei solo mettermi a letto sotto il piumone”.

Bene, abbiamo completato l’esercizio. Più o meno, insomma: abbiamo raccolto alcune idee che potrebbero aiutare a spiegare come le parole stagnazione, cecità e stanchezza descrivano il nostro contesto.

Esercizio n. 2

Ora facciamo l’esercizio uguale e contrario. Cioè raccogliamo le idee per un articolo che usi invece le parole movimento, visione e energia. E cioè il contrario di stagnazione, cecità e stanchezza. Naturalmente ci sono altre parole che possono essere considerate contrarie, ma per l’esercizio scegliamo queste. Se volete, potete immaginarne altre.

La parola movimento incarna la natura dinamica dell’umanità, riflette il desiderio di cambiamento e evoluzione. In un’èra definita da rapidi progressi tecnologici e da mutamenti sociali è un principio guida che esiste persino al di là dei nostri desideri e pensieri.

La parola visione, invece, riguarda la prospettiva orientata al futuro: superare i limiti del presente per immaginare un domani migliore dell’oggi. Là dove ci sia incertezza e complessità (concetto abusato, ma tant’è), la necessità di una leadership audace e visionaria e di un pensiero innovativo è persino maggiore. I visionari ci aiutano a sognare in grande, a immaginare le cose come potrebbero essere e a tracciare un percorso verso un mondo più felice (comunque definito).

Infine, la parola energia si ricollega ai tentativi di attivismo, di azione collettiva e di cambiamento sociale. Osserviamo la tensione fra le culture, il suo potenziale esplosivo, ma anche creativo. Un’epoca di crisi è un’epoca di vitalità. Si avverte la possibilità di incidere per cambiare in meglio il corso della storia, per non annegare nell’indifferenza. Anche se poi bisogna capire come coglierla, questa possibilità.

Bene, anche il secondo esercizio è completato. E anche qui è una bozza, una raccolta di idee, tutto si può migliorare e tutto deve ancora essere scritto per davvero. Ora si tratta di capire quale dei due esercizi ci sembra abbia più potenzialità di produrre qualcosa di interessante.

Cosa conviene

Il primo, come si è capito, è un esercizio nella direzione del pessimismo, il secondo è ottimista. E non so se siete d’accordo, ma non possiamo dire che una delle due posizioni sia insostenibile o sbagliata in maniera evidente. Naturalmente la scelta dipenderà dalla nostra personalità, dalle nostre convinzioni e anche dalla nostra convenienza, da un calcolo.

In certi casi ci conviene essere pessimisti, in altri ottimisti. Questo in economia lo vediamo benissimo: chi presta i soldi adotta una prospettiva più pessimista rispetto a chi li prende in prestito, è naturale ma anche conveniente fare così, per ciascuna delle parti coinvolte.

Se dovessi dire cosa penso dei due esercizi appena svolti direi questo: il primo mi sembra più facile da scrivere, nel senso che più facilmente sembrerà intelligente. È più facile sembrare profondi quando si è pessimisti. Il secondo è più complicato da argomentare, attirerà quasi certamente dei detrattori e ci esporrà alle critiche di essere naïf. Di sicuro, è più stimolante il secondo. Ma è solo la mia opinione.

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