L’invidia è uno strano animaletto, sì, mi piace immaginarla come un piccolo animale molto resistente, certo non di bell’aspetto, di sicuro non è instagrammabile e non lo prenderesti come animale domestico. Più che altro te lo ritrovi in casa da un giorno all’altro, e te ne vergogni.

Subito vai a cercare su Google se è arrivato per colpa tua: hai sbagliato qualcosa? Dovevi pulire meglio i pavimenti? Ma c’è scritto che ti arriva in casa per cause difficili da ricostruire, che la pulizia non c’entra. Quel tipo di bestiolina. Simpatica come le cimici dei letti di Parigi.

A nessuno piace ammettere di provare invidia. Se trovate qualcuno che ammette l’invidia, non sta ammettendo un bel niente, sta cercando di fare il simpatico esprimendo ammirazione per qualcuno che comunque non c’entra nulla con i suoi reali desideri.

Chi invidiamo 

Voglio dire: io sono invidiosa di Lebron James? Lebron è alto tremila metri, gioca nel basket Nba da mille anni, ha un fisico che di sicuro la medicina sta studiando perché è sportivamente perfetto, è fra i più grandi atleti di sempre, è pure un bell’uomo.

Ma non è che la sera mi immalinconisco pensando «non è giusto, vorrei essere Lebron». Non ho mai giocato a basket in vita mia, non so neanche immaginare cosa voglia dire essere lui. Non ci ho mai neppure pensato. Potrei anche guardare Lebron e dire «Guarda che bravo, ammetto di essere invidiosa di lui, eh, lo ammetto». Ma sarebbe bizzarro.

Chi invidiamo, dunque? La domanda può sembrare oziosa, ma non lo è, perché ultimamente è diventata una domanda molto politica. Il mondo è più che mai percorso da soggetti che dicono di essere detestati perché in realtà sono molto invidiati: «Voi mi odiate perché provate nei miei confronti invidia sociale».

In prima linea fra quelli che dicono di essere invidiati c’è da anni Donald Trump (e non farò bodyshaming comparando Trump a Lebron, però sappiate che non sono così buona come faccio finta di essere).

Ma ultimamente ne abbiamo visti parecchi anche da noi. In realtà non è vero che questi soggetti sono invidiati. Chi li detesta lo fa perché ritiene siano soggetti portatori, a vario titolo, di sistemi di valori pericolosi e di disastri epocali.

Se il tuo potere nel mondo può determinare il sorgere di una civiltà dalla quale vorrò scappare, ti contrasto con tutte le mie forze, non perché sono invidiosa del tuo potere, ma perché devo mettere in salvo la mia idea di civiltà. (Vaglielo a spiegare).

Come l’ansia

Non invidiamo dunque chi è troppo distante dai nostri obiettivi, ma neanche chi dice di essere invidiato e in realtà è portatore di disastri. Per capire chi invidiamo forse dobbiamo fare lo sforzo di guardare all’invidia con maggiore indulgenza: volerle almeno un po’ bene. Provo a spiegarmi.

L’invidia è un po’ come l’ansia (altro animaletto). Puoi passare la vita a imprecare contro l’ansia, ma non andrà via, perché è uno di quei meccanismi ancestrali: ha una sua importanza.

L’ansia serve per farci mettere a fuoco i pericoli, poi è chiaro, oggi non viviamo sugli alberi, per cui la nostra ansia si concentra su pericoli stupidissimi rispetto a quello di essere inseguiti da un rinoceronte. Però mantiene un suo valore: ci racconta di situazioni che vorremmo cambiare, dalle quali vorremmo scappare.

Occasione di introspezione

Anche l’invidia, pur essendo bella come una cimice del letto, dice qualcosa di noi. Può essere un’occasione di introspezione. Chi invidi, veramente? Forse non vuoi essere quella persona, ma c’è qualcosa, in quella persona, che parla di un tuo desiderio non realizzato. Forse l’invidia può essere l’emozione che ti fa scoprire quello che vuoi veramente. Quello che neghi a te stesso.

Non è strano il fatto che di solito invidiamo in maniera più cieca le persone che hanno qualcosa in comune con noi (interessi, professione, genere, ambienti). Invidiamo chi è comparabile. Non perché abbiamo poca fantasia e ci permettiamo di invidiare solo ciò che ci è prossimo, ma perché queste sono le cose che toccano le corde più profonde della nostra anima.

È interessante notare come si parli molto dell’invidia che riguarda gli oggetti (invidia dei soldi, dei beni, delle cose che si hanno), e molto meno dell’invidia che riguarda qualcosa di più sottile, ossia la posizione sociale, lo status.

Molto spesso questo secondo tipo di invidia è più bruciante. Una persona magari non ha molti soldi, ma è ascoltata, ha un peso nella società (o in un ambiente per noi importantissimo). Un peso che noi non abbiamo e non avremo forse mai. Oppure: una persona ha beni materiali, ma non ha alcuna posizione, alcuna influenza. Tu chi invidi veramente? Lascio lì la riflessione.

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