Il cantore della nebulosità, che non si è mai espresso praticamente su nulla, ha sentito l’esigenza di mandare «amore alla famiglia di Kirk», dopo l’assassinio più controverso e polarizzante dell’anno
Chris Martin non è solo il cantante dei Coldplay, è la ragione per cui ai matrimoni, da qualche anno a questa parte, a un certo punto, di solito a ridosso del taglio della torta, un violinista con l’archetto a led sbuca dai cespugli per celebrare l’amore epico degli sposi con le note di Viva La Vida, l’inno della joie de vivre, ode all’indeterminatezza, il «se piove ti bagni» – chi canterebbe mai «viva la muerte»? – dei brani evocativi da grande occasione. La mettevano sul palco alla fine delle feste del Pd, la puoi trovare nelle televendite dei concessionari, sta bene durante i servizi de La vita in diretta, l’asso piglia tutto della felicità a prescindere.
Chris Martin, l’autore di questa e molte altre canzoni che stanno benissimo come sottofondo di tesine fatte con PowerPoint, negli ultimi tempi ha abbandonato la sua corrosiva vaghezza in favore di gaffe.
La prima, involontaria, quella che ha coinvolto i fedifraghi più virali dell’estate, in quell’esperimento benthiano che sono le kiss cam, con licenziamenti, umiliazione pubblica di ceo e Gwyneth Paltrow in controattacco annessi.
La seconda, intenzionale, è avvenuta alla fine del concerto di Londra, quando Martin ha detto al pubblico: «Send love to the Charlie Kirk’s family». Ora viene da chiedersi, non solo a me ma anche a una buona parte del pubblico di Wembley, com’è che Chris Martin, un Jovanotti al cubo, un aspirante Bono Vox, il cantore della nebulosità, lui che non si è mai espresso praticamente su nulla, sente l’esigenza di fare un appello proprio dopo l’assassinio più controverso e polarizzante dell’anno?
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