«Che cosa posso dire di lui che non sia già stato detto?». Circa un anno fa, quando si era presentata sul palco della Republican National Convention, la Second Lady d’America Usha Chilukuri Vance doveva stupire il pubblico con qualche aneddoto curioso su suo marito, il senatore dell’Ohio e futuro vicepresidente JD Vance.Mangiare carne negli Stati Uniti è una questione politica

Lo ha descritto come un self made man proveniente dalla working class, il compagno di vita ideale, un padre amorevole con i propri figli, un uomo attento e curioso della diversità. Tanto che «sebbene sia un tipo da carne e patate, si è adattato alla mia dieta vegetariana e ha imparato a cucinare cibo indiano da mia madre». Sperava di fargli un favore, invece dalla platea si è udito giusto qualche tiepido applauso.

Pronunciare queste parole in Iowa, dove era organizzata la convention del partito, in uno degli stati americani in cui si consuma più carne, poteva essere esiziale ai fini elettorali. Anche a Barack Obama. Durante la sua prima campagna elettorale, il candidato democratico era andato a Independence per incontrare gli agricoltori e ascoltare le loro preoccupazioni sui prezzi alti, le sue considerazioni sulla rucola erano state accolte con scetticismo. «Avete visto quanto la fanno pagare?», si era chiesto.

Successivamente era tornato sulla vicenda, scherzando sulle critiche ricevute. «Dicevano: oh, Obama sta parlando di rucola in Iowa. La gente di lì sa cos’è la rucola. Forse non la mangiano, ma sanno cos’è».

La carne come termometro politico

Negli Stati Uniti la carne è una questione culturale, e quindi politica. Potrebbe essere definita un simbolo nazionale, visto il rapporto viscerale che lega gli americani al barbecue. L’Iowa ne è l’esempio perfetto: dal sondaggio annuale dell’Iowa Beef Industry Council del 2023 era emerso che il 79 per cento degli abitanti mangia carne di manzo una volta a settimana, e il 73 per cento di loro la ritiene un alimento sicuro contro il 62 per cento degli americani. Ma il piatto forte da queste parti è la carne di suino, mangiata sostanzialmente da chiunque (96 per cento).

In ognuna delle 99 contee ci sono allevamenti, per un totale di 5.400 sparsi per tutto lo Stato che danno lavoro a circa 29mila persone. Un censimento del Dipartimento dell’Agricoltura conta bel 23,4 milioni di suini in Iowa, il che vuol dire che ci sono più maiali che abitanti, con un rapporto di uno a sette. In generale, sei cittadini statunitensi su dieci considerano il mangiare la carne rossa come parte integrante dello stile di vita americano.

Insomma è la proteina per eccellenza, quella preferita dalla maggior parte della popolazione. Su 340 milioni di abitanti appena il 4 per cento si dichiara vegetariano, poco meno che a inizio anni Duemila. Ancora meno sono coloro che seguono diete vegane, non più dell’1 per cento – in altre rilevazioni la percentuale di vegetariani e vegani è leggermente superiore, vicina al 6 per cento. Ma c’è differenza a seconda di quale parte d’America ci troviamo. La maggior parte dei carnivori si concentra nelle zone rurali, caratterizzati dagli allevamenti. Diverso invece il discorso se ci spostiamo verso l’oceano. Nelle metropoli che si espandono lungo tutta l’East e la West Coast sono stati aperti numerosi ristoranti vegetariani o vegani. Questa dicotomia si rispecchia quindi anche dentro l’urna elettorale.

Gli elettori repubblicani sono quelli che sembrano non poter fare a meno della carne. Da un sondaggio Ipsos del 2021 era stato rilevato che a mangiarla è il 97 per cento di loro, contro l’85 per cento degli elettori Democratici. Sovrapponendo due mappe, una che raffigura il voto presidenziale del 2020 e l’altra il numero di ristoranti vegani sparsi per l’America, si noterà che questi ultimi si concentrano soprattutto negli stati dove hanno vinto i Democratici. Non sorprende dunque che a ritenere la carne un elemento della tradizione a stelle e strisce siano soprattutto uomini più in là con gli anni che abitano in campagna, i più propensi a votare conservatore, mentre tra i più giovani che popolano i centri urbani – la base dei Dem – questa teoria è meno diffusa.

Finta o al passo con i tempi? 

Altrettanto logica e consequenziale è quindi l’ostilità dei repubblicani alla carne coltivata. La tesi della loro contrarietà è la difesa degli agricoltori e dell’industria alimentare, che hanno dato una spinta per la vittoria di Donald Trump. Un anno e mezzo fa avevano anche presentato un disegno di legge, il Fair and Accurate Ingredient Representation on Labels Act, con cui autorizzare a regolamentazione delle etichette della carne artificiale da parte del Dipartimento dell’Agricoltura.

Una proposta molto simile alla legge adottata dal Missouri nel 2018, che all’ultima tornata elettorale ha votato per Trump, a cui via via si sono uniti altri quindici Stati. Tra questi, solamente il Maine ha scelto Kamala Harris alle elezioni dello scorso novembre. Quella da laboratorio «non è carne», sentenziava il deputato repubblicana della Florida nonché allevatore Dean Black. «È prodotta dall’uomo, mentre la vera carne è prodotta da Dio stesso. Se volete davvero provare la pasta proteica a base di azoto, andate in California».

Non lo diceva a caso. Lo stato più progressista d’America è il primo ad aver finanziato la ricerca sulla carne coltivata. C’entra molto anche il cambiamento climatico, su cui la produzione animale su larga scala ha un grande impatto, visto che la California è spesso soggetta a eventi estremi. Nel 2023, in tutti gli Stati Uniti, c’erano solamente due ristoranti che vendevano carne di pollo realizzata con le cellule prodotte dall’azienda Upside Food (con sede a Berkley) e dalla Good Meat. Adesso quei piatti non vengono più venduti, ma uno dei due locali era San Francisco mentre l’altro a Washington DC.

Casa Veg

Chissà se l’America avrà mai un presidente vegetariano o vegano e, nel caso, sarà interessante capire con quale partito corra. Ci aveva provato Herbert Charles Holdridge, l’unico generale dell’esercito statunitense a ritirarsi durante la Seconda guerra mondiale. Si buttò in politica nel tentativo di guidare il paese presentandosi alle elezioni con diversi partiti con cui voleva rappresentare un’alternativa ai Democratici. Nel 1952, cercò di essere nominato come candidato dell’American Vegetarian Party. Con un sogno: «Vorrei che alla Casa Bianca il miglior chef vegetariano del paese cucinasse dei piatti così deliziosi che gli ospiti si chiedano come abbiano potuto mai pensare che la carne fosse commestibile».

© Riproduzione riservata