Adesso che Home Cooking di Laurie Colwin viene pubblicato in Italia da Sur sono passati quasi trentacinque anni dalla sua prima uscita negli Stati Uniti e trent’anni dalla morte (purtroppo prematura) dell’autrice. Essendo poi, quantomeno in una definizione sintetica e superficiale, un libro di cucina americano, ci si potrebbe chiedere in che modo le lettrici e i lettori italiani possano esserne attratti, dato che le ricette per ogni piatto oggi si trovano online con tanto di video tutorial e che nel frattempo gli americani non hanno migliorato granché la loro storica fama in fatto di cucina casalinga.

Una scrittrice in cucina

Ma il segreto di questo libro, e la magia che farà scoprire al lettore un piacere molto più grande rispetto alle sue stesse aspettative è nel sottotitolo: Una scrittrice in cucina.

Laurie Colwin, prima che una cuoca e un’appassionata di cibo, è una scrittrice fantastica, curiosa e attenta, dotata della mente aperta e dello sguardo acuto di chi sa raccontare gli esseri umani, le dinamiche interpersonali con tutte le loro complessità, anche attraverso la descrizione di quelli che sono apparentemente dettagli: come il modo in cui si è pronti a mangiare un piatto orrendo cucinato da una persona amata, a contendersi l’ultima fetta di dolce con un bambino, o la gioia segreta che si prova ad assistere all’appagamento dei commensali a cui si è preparato qualcosa di buono.

Colwin sa che scrivere di cibo è scrivere della vita. Per questo i piani del libro si confondono in continuazione. Così le ricette per sfamare molte persone si mescolano con i suoi ricordi dell’occupazione del ‘68 alla Columbia University, in cui si ritrovò poco più che ventenne nel ruolo di addetta mensa, o il capitolo sul pane parla della necessità di ottimizzare il tempo in cucina una volta arrivata in casa una neonata.

Un memoir sul cibo

Home Cooking è più di un libro di ricette, una raccolta di brillanti saggi sul cibo, un memoir di una scrittrice che racconta con stile e ironia – che spesso l’hanno fatta paragonare alla sua più famosa contemporanea Nora Ephron – la vita di una giovane newyorkese tra gli anni Sessanta e Ottanta. È tutto questo ma anche di più.

Home Cooking può essere letto anche come un manuale di auto aiuto, una guida su come non sprecare le occasioni di benessere quotidiano che ci regala il dovere di nutrirci. Colwin, che sembra avere inventato il concetto di comfort food molto prima che diventasse di moda, con questo libro ha scritto un comfort book, senza saperlo.

Un libro che fa stare bene, che ci ricorda che mangiare è un piacere dei sensi che possiamo appagare più volte al giorno sia da soli sia in compagnia, ma, per quanto sia piacevole prepararsi qualcosa di buono in solitudine o farsi fuori un barattolo di peperoni sott’olio in piedi mentre nessuno ci guarda, mangiare insieme, preparare le cene, festeggiare gli eventi, stare a tavola in compagnia sono tra i motivi per cui vale la pena vivere.

E questo rende il libro di un’attualità sorprendente, perché, anche se è ovvio che l’autrice non poteva prevederlo, sembra scritto per i nostri tempi difficili, per insegnarci come tornare a stare al mondo con gioia, dopo questo lungo periodo in cui hanno prevalso isolamento forzato, cupezza, solitudine.

Il gusto della riscoperta

Sarà per questo che le opere di Colwin negli ultimi anni sono state rilanciate con grande successo negli Stati Uniti e le maggiori riviste letterarie dedicano intere pagine ai suoi classici. È giusto che venga riscoperta e non solo come angelo custode dei food blogger, ma come scrittrice capace di illuminare con la sua intelligenza il nostro quotidiano e aiutarci a capirlo, affrontarlo, a viverlo meglio.

Così, mentre ci insegna come fare un budino al cioccolato o come camuffare le verdure per chi non le apprezza, ci elargisce numerose altre ricette per essere felici tutti i giorni.

Per esempio ci insegna come smettere di essere ansiosi e goderci ogni fase di una cena, a partire dalla preparazione. Lontana anni luce dagli snobismi degli chef stellati, dall’ansia da prestazione delle competizioni culinarie televisive, dai perfezionismi stressanti delle apparecchiature impeccabili e da tutte le complicazioni inutili che ci rovinano la gioia di organizzare una cena tra amici, Colwin ci insegna a concentrarci su una cosa, farla facile, andare sul sicuro e godersela.

Ci insegna a essere semplici ed efficaci, a far fare il grosso del lavoro agli ingredienti buoni e al forno, a ottimizzare, a fidarci di chi è più bravo di noi. Ci insegna che per fare una cena buonissima non servono chissà quali attrezzi sofisticati o del personale di servizio. Che una cena divertente e buona può essere preparata anche in una casa minuscola senza il lavabo in cucina. Che la competenza è importante ma anche la fiducia in sé stessi non scherza. Che facilità rima con felicità.

Cene ripugnanti e fallimenti

Da brava romanziera, Colwin sa che la narrazione del male è necessaria e non la evita, anzi. Dedica un intero capitolo alle cene ripugnanti e non lesina mai nel racconto autoironico dei propri fallimenti, tipo quella volta che i suoi ospiti hanno proposto di buttare via tutto quello che lei aveva preparato e andare a cena fuori.

Ci insegna a fare tesoro (e ridere) degli errori. A non avere timore di riprovare una cosa che non ci è riuscita al primo colpo. A non avere pregiudizi, neanche nei confronti della cucina inglese, che non gode di buona fama perfino tra gli inglesi stessi. A farcela con poco e anche ad «accontentarsi» della solita vecchia cosa di sempre, che non significa debba andarci bene un piatto cucinato con sciatteria, ma che può renderci molto contenti una zuppa che abbiamo rifatto mille volte.

E se pensate non valga la pena di imparare a cucinare da un’americana, ribadisco ancora una volta che le ricette più interessanti di questo libro riguardano altro. Un argomento sul quale negli Stati Uniti sono campioni, perché se la ricerca della felicità è un obiettivo che hanno messo tra i diritti fondamentali nei documenti fondanti della loro Costituzione, qualcosa in merito avranno senz’altro da insegnarci.

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