La satira, comunemente definita come ciò che “fa ridere ma anche pensare” (se fa solo ridere è comicità; se fa solo pensare è noia), è un genere letterario e più in generale artistico dove uno dice o disegna una cosa, un altro ride, un altro ancora si offende, gli altri non si accorgono di nulla o comunque non gliene frega niente, e poi alla fine tutto resta com'è. La satira comunemente va “contro il potere”: questo perché il potere non è adeguatamente segnalato, né illuminato né catarifrangente; e quindi quando uno fa satira – specie se al buio – ci va a sbattere. Non lo fa apposta. Molti satirici hanno perso la vita o il lavoro per questo. Il potere invece prova solo un leggero prurito, ma poi passa.

La satira confina a nord con il contesto; a sud con il gusto personale; a est con la legge e il codice civile e penale; a ovest con il mare. I famigerati limiti della satira sono dunque facilmente valicabili, anche a nuoto. Data la mancanza di satira fossile o rupestre, si ritiene che la satira non sia esistita fino alla comparsa delle prime forme di civiltà.

La satira nasce in Mesopotamia, fra il Tigri e l'Eufrate; e i primi a fare satira furono i sumeri, o i babilonesi, o più probabilmente i sumeri facevano satira sui babilonesi e viceversa. Trattandosi di popolazioni per lo più dedite alla pastorizia, i primi uomini a fare satira la impiegarono per pascolare le greggi; il risultato fu che il bestiame si disperse, e non rise nessuno. Già all'epoca dunque la satira divideva, e i caproni si alzavano e se ne andavano.

Nella civiltà ellenica da principio prese piede la satira religiosa, dati i molti dei con i quali prendersela; poi, con l'avvento della democrazia ateniese, fiorì la satira politica. I satirici erano per lo più peripatetici, e camminavano lungo la polis sciorinando battute sui politici, sul governo e sulla guerra fra Atene e Sparta; oltre ai primi doppi sensi sul “cavallo di Troia”. Si creò dunque una distinzione fra satiri e satirici: i primi, metà uomo e metà bestia, erano interessati solo a bere, mangiare e fare sesso; i secondi pure, ma si davano un tono pur indossando dei sandali.

I latini presero la satira, gli diedero un nome (per distinguerla dal suonare la lira) e dissero di averla inventata loro; Quintiliano affermerà “Satira quidem tota nostra est” (“la satira è roba nostra”), ma aveva bevuto.

Presso l'antica Roma la satira era molto in voga: c'erano gladiatori satirici, gare di satira sulle bighe, e dopo l'arrivo dei primi cristiani a Roma vi furono numerosi spettacoli di satira religiosa fatta dai leoni. Fra i satirici più importanti dell'epoca ricordiamo Orazio, Giovenale, Lucilio, i leoni. Celebre anche Aulo Persio Flacco, il quale sapeva imitare perfettamente il verso del cavallo: quando Caligola ne nominò uno senatore, fu il primo a fare l'imitazione di un politico.

Nel Medio Evo la satira fu portata avanti dai giullari, i quali introdussero il tema degli escrementi e delle funzioni corporali nonostante i loro spettacoli si tenessero a corte mentre la gente mangiava.

Secoli dopo, gli illuministi considerarono la satira un ottimo mezzo per promuovere la ragione, la scienza e la fiducia nei lumi; credevano che con la satira si potessero cambiare le opinioni, fermare le guerre, aprire le menti, istruire il popolo e dire la verità. Questa eccessiva considerazione nei confronti della satira divenne ben presto fanatismo militante, e generò anche alcuni equivoci e fraintendimenti: per esempio il trattato socio-economico Una modesta proposta di Jonathan Swift, nel quale l'autore teorizzava la vendita e il consumo alimentare dei bambini poveri, fu scambiato per una satira.

Nel '900, dopo gli anni bui degli autoritarismi, con il benessere e la libertà d'espressione la satira entrò a far parte dei generi di largo consumo, come le creme solari.

Dopo Lenny Bruce, che disse “chi fa satira non è migliore dei suoi bersagli”, chi fa satira è sceso dal piedistallo per salire sul piedistallo di quelli che sono scesi dal piedistallo.

Inoltre, l'attentato terroristico alla redazione di Charlie Hebdo, nel quale hanno perso la vita 5 satirici, ha fissato uno standard censorio troppo alto: ora chi dice di esser stato censurato risulta di cattivo gusto, chi censura un dilettante.

Il dibattito sulla satira ha preso il posto della satira stessa; e fa molto più ridere. Oggi la satira è un atto involontario, un riflesso condizionato, una ruga d'espressione.

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