Antonio Scurati, lo scrittore premio Strega per M. Il figlio del Secolo, avrebbe dovuto partecipare a Che sarà, programma di Serena Bortone in onda su RAI 3. Il suo contratto è stato annullato, a darne la notizia, tramite un post sui suoi canali Social, è stata Bortone stessa - che ha scritto di avere appreso la notizia con sgomento.

È montata la polemica, tanto che nel pomeriggio il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha pubblicato un post commentando quant’è capitato. Le reazioni, ad ogni modo, non si sono fatte attendere, tra i primi a commentare la notizia c’è stato Nicola Lagioia - scrittore, premio Strega anche lui, ex direttore del Salone di Torino.

Lagioia, lei si era già esposto in passato ma questa volta l’ha fatto con più forza. L’episodio è diverso?

Apre una faglia gigantesca, e da cui non si può tornare indietro. Se si trattasse, effettivamente, di censura la decisione di non fare recitare ad Antonio Scurati il monologo per cui era stato chiamato sarebbe grave. Il monologo era sul 25 aprile, sulla liberazione dell’Italia dal nazifascismo: parlare del 25 aprile vuol dire parlare del Paese. L’Italia è antifascista ed essere antifascisti non significa essere di sinistra, ma vederlo per quel che è stato: una dittatura. Nel monologo di Scurati non ci sono toni violenti: è composto, equilibrato. Sì, viene espresso un giudizio duro sul governo, ma il dissenso è un diritto.

Nel comunicato della Rai si parla di ragioni editoriali.

Così fosse, sarebbe un tentativo di minare le basi culturali dell’Italia.

Non è la prima volta che capita una cosa del genere. La mia sensazione è che tanti siamo come anestetizzati: ciò che capita, capita.

Credo che molta gente, negli ultimi mesi, si sia domandata se questo continuo lanciare l’allarme di alcuni politici, intellettuali non sia una esagerazione, che se le preoccupazioni sul rischio che l’attuale governo possa portare il Paese a una deriva autoritaria siano reali o eccessive. Ecco tutto.

C’è un tentativo di reprimere il dissenso?

Sì, viene portato avanti forzando tutti gli strumenti a disposizione.

Oggi sui suoi canali social ha ripostato ciò che ha scritto Serena Bortone, chiamando gli intellettuali del Paese all’azione.

Ognuno e ognuna, tramite i propri mezzi e la propria voce, può fare qualcosa. Ognuno e ognuna ha una piccola capacità d’influenza. Credo che questi mezzi e queste voci e queste capacità potrebbero essere usate per denunciare ciò che sta capitando proprio per evitare che cada tutto nell’oblio, giorno dopo giorno. Io stesso non sono un attivista, sarei ben più felice di parlare di Dickinson, di Faulkner, ma quando succedono cose tanto gravi fatico a stare zitto. Ma credo, e con forza, che non dovremmo tacere.

È preoccupato?

Sì.

A margine di quanto detto da Lagioia, vorrei aggiungere qualcosa io.

Qualche giorno fa ero in aereo, a metà viaggio la vicina di posto ha tirato fuori dal suo zaino un libro e, come faccio sempre in casi simili, mi sono girato per leggerne il titolo: era Dare la vita di Michela Murgia. Ho sentito la tentazione, d’un tratto, di dirle “anch’io”, ma ho desistito, tornando ai fatti miei. Neanche io sapevo esattamente a cosa mi riferissi - cosa significasse quell’anch’io che ho avvertito sulla punta della lingua - ma sceso dall’aereo, pensandoci ancora, mi sono sentito molto, molto solo. Non abbandonato, solo, e ho capito. Quello che il mio anch’io stava a significare era che tra me e lei, sconosciuta di pochi anni più grande di me, c’era una comunanza: anch’io porto dentro quel che ci ha lasciato Michela Murgia.

In realtà, ho quindi realizzato, non sono solo, non lo è nessuno di noi: semplicemente, non riusciamo a raggrupparci, non siamo capaci di guardarci e dirci sì, anch’io. Anch’io ho paura che sui diritti il nostro Paese, nei prossimi mesi, anni, possa fare molti, troppi passi indietro, anch’io temo che chi ci governa possa tentare di far calare una lunga notte sulle nostre vite, anch’io credo che quel che sta accadendo - gli attacchi alla legge 194, la lotta alle famiglie arcobaleno, le cariche sugli studenti - sia preoccupante, sia pericoloso, anch’io guardo con timore al modo in cui il dissenso viene sempre più soffocato, anch’io mi sento solo, mi sento confuso, anch’io ho paura. Non siamo soli, e dobbiamo dircelo: anch’io. Se ognuno e ognuna di noi utilizzerà la propria voce il coro che ne verrà fuori sarà un muro resistente, una barriera, compatta, contro cui gli attacchi rimbalzeranno.

Dobbiamo dircelo, però: anch’io.

© Riproduzione riservata