Poche cose appassionano i miei follower come le scelte sull’arredamento. Casa nuova. Ho iniziato ad arredarla ma, dopo lo stretto necessario, mi sono arenato. Blocco creativo? Amore per l’incompiuto? È che costano davvero tanto tanti mobili tutti insieme.

Ogni tanto riprendo in mano il progetto. Specialmente quando voglio sfuggire ad altre incombenze della mia vita, come dovermi chiedere dove voglio andare con questo correre incessante per restare sempre fermi. Tipico tapis roulant di questi anni di pandemia.

Processo decisionale

Questa settimana, per esempio, ho deciso di occuparmi di una parete del soggiorno. Per ora ospita sei piante, bella idea di arredo ma poco pratica per conservare il servizio di piatti o anche solo come svuotatasche. Serve una libreria e un mobile basso. Sì però: libreria come? Di che colore? E il mobile basso? Quanto basso? Che materiale? Domande su domande. E nessuna che sia sul mio benessere emotivo.

Anzi, alzo la posta e aggiungo il quesito dei quesiti: e se prima pitturassi la parete? Vi spiego con un po’ di scienza cosa mi succede quando devo decidere qualcosa.

Davanti a più scelte, il mio cervello le analizza rapidamente con il filtro di dati oggettivi, esperienze precedenti e gusto personale, arrivando presto a vedere l’opzione preferita, la soluzione migliore per me. Questa risolutezza stimola l’ipofisi, che inizia a produrre l’ormone Esi (E se invece) che attiva una proteina, la Ripensina, che arresta il processo di decisione, annebbia la vista, confonde i sensi, moltiplica le strade percorribili e provoca anche un po’ di reflusso gastrico.

Non è una cosa che capita a tutti, è una condizione ereditaria, io l’ho presa da mia madre. Ovvero in automatico dubito di una mia decisione perché ci sto ancora sotto per il giudizio che potrebbe darne mia madre.

Esistono trattamenti palliativi, come il Procrastinol 500, che consente di rimandare il momento della decisione, fa prendere tempo, butta tutto in caciara. È un farmaco da banco. Perché allora non parlarne con la mia community di follower?

Affidarsi ai social

Ciao, vorrei dipingere questa parete (foto) ma non so come farla. Colore caldo o freddo? Basta una story con questo invito che si scatena un esercito di consiglieri.

Colori freddi! Colori caldi! Colori temperatura ambiente! Colori non è il freddo è l’umidità che ti frega! Ma anche colori complementari, sottotoni, contrasti, perché non provare la carta da parati? No ma lascia bianco che lo fai a fare che poi ti stanchi? Hai sentito che ne pensa il Sap?

Ha funzionato: anarchia più totale, frastuono, macerie. Non sono più il solo in questa scelta, non è neanche più una scelta, è macelleria di opinioni. Nei miei messaggi privati volano parole forti, confessioni su colori e traumi insuperabili, link a siti russi di pitture ad acqua che forse non avrei dovuto cliccare. Quasi non mi riguarda più questa lotta. Mi basta osservare il caos dalla mia torre d’avorio, ma anche l’avorio come colore mi convince poco.

La cosa va avanti per ore, ormai siamo a molte più opzioni di quante sfumature riesca effettivamente a percepire l’occhio umano. Inizio però a notare un consiglio che si fa strada tra i tanti, ripetuto da molti, che quasi sembra un mantra: FAI LA PARETE OTTANIO. Che è l’ottanio?

Il colore incolore

Un turchese scuro, più o meno. Sì, ma da dove viene? La tortora, altro grande classico dell’arredamento, ce l’ho abbastanza presente, l’ottanio non riesco a visualizzarlo. Anche il controllo ortografia, mentre scrivo, me lo segna in rosso. Google non dà immagini di questo ottanio che non sia il colore stesso. La Treccani non ne parla, altri siti provano a ricostruirne la storia però mi lasciano interdetto.

Sembra sia nato negli anni Cinquanta, nell’industria della moda, dalla miscela di «tinte turchesi con l’ottano, un antidetonante della benzina, dal quale prende il nome». Wikipedia dice che l’ottano, allo stato liquido, è incolore. Il sito prosegue dicendo che l’ottanio è «molto simile al colore della coda del pavone, e da anni è un simbolo di eleganza femminile», e te pareva, eleganza femminile, e certo. Poi vabbè sorvoliamo sul fatto che i pavoni blu sono maschi, le femmine sono per lo più marroni e senza coda. Voglio capirne di più.

Perché l’ottanio è così amato? Le case sono piene di pareti ottanio e non l’ho mai notato? E se non l’ho mai notato, è perché l’ottanio nella stanza sono io? Come è riuscito questo signor Ottanio, partito da una fabbrichetta tessile degli anni Cinquanta, apparentemente frutto di una miscela di colori e idrocarburi e che oggi probabilmente considereremmo illegale, a conquistare questa popolarità nei cuori e nelle case degli italiani? (Nel frattempo, notate come ormai la decisione sia un ricordo lontano? E chi ci pensa più! Qui c’è del giornalismo investigativo da portare avanti).

Nuovo sondaggio

Mi affido alla statistica e lancio il primo sondaggio: vi piace l’idea di una parete color ottanio? Due opzioni: sì o no. Gli schermi dei miei follower si scaldano: è forse un colore finalista? Siamo alla fase televoto? Chissà come fare per entrare anche nella giuria demoscopica!

Vota il 47 per cento degli aventi diritto (ovvero quanti hanno visualizzato le storie), quasi come l’affluenza alle ultime europee. Vince nettamente il sì, con il 76 per cento dei voti espressi. Ma la mia indagine non finisce qui.

Voglio capire che fondamenta hanno questi consigli che mi sono stati dati. Seconda domanda: Se avete risposto sì, avete in casa una parete color ottanio?

Risponde più o meno lo stesso numero di chi ha prima risposto sì, più qualcuno: franchi tiratori? Bot russi? Non importa.

In questo caso a vincere è il no, con l’83 per cento di persone che ammette di non avere una parete color ottanio. Ah! L’ottanio quindi è la nuova Isabella di Castiglia, che tutti vogliono ma nessuno piglia! Molti mi scrivono per giustificarsi: «A mio marito non piace», «Non ho ancora avuto tempo», «Volevo partire dal bagno e vedere come era», «Sono in affitto, altrimenti…», «Ah, avevo letto ottano, ho dipinto una parete con l’ottano perché è incolore».

Sì va bene tutto, per carità, ma ancora una volta ho la conferma di come siamo bravi a dare consigli che poi in prima persona non seguiamo. Forse vogliamo proiettare sul prossimo desideri che non ci decidiamo a realizzare. Forse semplicemente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Un mare color ottanio, sicuramente.

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