In una delle prime scene di I love shopping, la protagonista Becky dice che il miglior accessorio che si possa avere sottobraccio è una copia del Financial Times, per tre motivi: è di un bel colore, costa solo 85 pence (era il 2000, sottolineiamo), e soprattutto «se entri in una stanza con una copia del FT piegato sotto il braccio puoi parlare degli argomenti più frivoli del mondo e, invece di considerarti un’oca, la gente pensa che sei una molto intelligente che ha anche interessi più vasti».

È un manifesto di tutto quello che funzionava nei libri di Sophie Kinsella, nome d’arte di Madeleine Wickham, la scrittrice inglese di romanzi romantici morta mercoledì 10 dicembre a 55 anni. L’ironia profonda, la capacità di non prendere le sue protagoniste troppo sul serio e di essere leggera. Negli anni le avventure di Becky Bloomwood, giornalista finanziaria che odiava la finanza e con un problema di acquisto compulsivo, sono diventate sempre più situazioniste ed esagerate. Sono rimaste divertenti. 

Commedie romantiche 

Wickham, che con il suo vero nome ha firmato sette romanzi, «un po’ più seri, un po’ più cupi» di quelli che ha scritto come Kinsella, è stata una delle autrici di rom-com più importanti della sua generazione: 50 milioni di copie vendute in tutto il mondo, con libri tradotti in 40 lingue. Dal primo della serie I love shopping è stato tratto un film, come anche da Sai tenere un segreto?, il primo titolo “stand-alone” firmato Kinsella. 

I suoi libri sono universalmente considerati esempi di quella categoria indefinita e dal nome talvolta accusato di sessismo che è la chick-lit. Una definizione che non la faceva impazzire: «Ho sempre pensato che la chick-lit fosse sinonimo di romanzi contemporanei divertenti scritti in terza persona. Non è il termine ideale; quando mi chiedono di descrivere cosa faccio, rispondo che scrivo commedie romantiche, perché è così che le percepisco. Ma sono piuttosto pragmatica», ha detto in un’intervista al Guardian. 

Ma rispetto al mondo del romance, Kinsella ha segnato anche una svolta, come spiega la scrittrice di romanzi rosa Felicia Kingsley, pseudonimo di Serena Artioli: «È stata un po’ un punto di rottura rispetto alle protagoniste dei romance precedenti: negli anni Novanta erano tutte eroine molto perfette, che a tratti sembravano un po’ la Stepford wife e che soprattutto avevano un unico fine, il matrimonio. Negli anni 2000 c’è sempre più spazio per le donne che lavorano, e hanno ambizioni professionali. E lei ci porta Becky Bloomwood che fa, diciamo, della sua passione il suo lavoro. Introduce una protagonista che è una donna imperfetta, che non si prende estremamente sul serio. Una donna che ha delle pretese anche in termini di ambizione, che vuole crescere, vuole fare qualcosa della sua vita. Cerca l’amore, ma non solo l’amore, cosa che si differenzia dai romanzi precedente». 

Nata nel 1969 a Londra, Wickham si è laureata ad Oxford, dove ha conosciuto il marito, che le sopravvive insieme a cinque figli.

C’è un passaggio amaro nel suo ultimo libro, l’unico veramente spiccatamente autobiografico che ha scritto, una novella che si chiama Cosa si prova, in cui il suo alter ego Eve è appena stata operata per un cancro al cervello: «Sono laureata a Oxford, pensa Eve. Ho preso il massimo dei voti in Scienze filosofiche, politiche ed economiche. E adesso tutte le parole si sono disintegrate nel mio cervello. O forse il chirurgo le ha asportate per sbaglio», scrive, raccontando in maniera onesta e brutale – anche se sempre a tratti comica – gli effetti neurologici dell’intervento. 

Il lieto fine 

La sua protagonista più famosa, Becky Bloomwood, altra faccia della medaglia di Bridget Jones (la prima ossessionata dalla moda, la seconda l’icona dell’estetica della frazzled English woman, donna inglese incasinata che indossa diversi strati di maglioni), è stata uno dei primi esempi di quello che poi diventerà un topos pervasivo della cultura pop: quello dell’hot mess, protagoniste dalle vite un po’ disastrate e fuori controllo, le cui imperfezioni abrasive ci è stato chiesto collettivamente di accettare come misura di uguaglianza con gli uomini.

Certo, negli anni Dieci di questo secolo i difetti delle donne sono diventati probabilmente meno stereotipati di quelli delle loro sorelle dei primi Duemila. Di certo non tutto di I love shopping è invecchiato benissimo. Il mondo è cambiato, le commedie romantiche pure.

Continuano a vendere perché il lieto fine trova sempre dei lettori. Nel finale di Cosa si prova, il marito di Eve, Nick, ammette che lei è la «regina del lieto fine. Il lieto fine ha comprato questa casa» e Eve racconta di quando a una presentazione le hanno chiesto se avesse mai pensato di scrivere qualcosa di diverso: «Io ho risposto: “Magari scriverò un romanzo che finisce male”. In realtà era una battuta, ma una donna in prima fila ha urlato: “No!” terrorizzata. È stato molto divertente». 

È la promessa di tutte le commedie romantiche, che Wickham non ha mai smesso di mantenere per chi ha passato del tempo con le sue storie. 

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