«I soldi creano sempre imbarazzo, pensai, che se ne posseggano molti o pochi». Questa frase tratta dal libro di Melissa Panarello, Storia dei miei soldi (Bompiani), candidato allo Strega di quest’anno, riesce a dare una misura di quanto la questione finanziaria rimanga ancora un tabù.

A vent'anni dall’esordio con Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, la scrittrice siciliana racconta com'è cambiato il suo rapporto con il denaro attraverso Clara T., che nella finzione ha interpretato sul grande schermo la protagonista di un suo libro di successo.

La scrittrice gioca con il piano reale e il piano della possibilità: Clara potrebbe essere esistita ma in realtà non è chi il lettore immagina che sia, i nomi degli altri protagonisti, i riferimenti e perfino gli scontrini e le transazioni appartengono alla vita della scrittrice.

Un atto punk e liberatorio, che lei definisce «un atto necessario. Per me l’unico modo per capire le cose è metterle per iscritto. Ho capito così da dove vengo e, quindi, dove sono diretta».

Panarello scrive per urgenze, alla ricerca di scomodità e dopo aver affrontato l’eros si è sentita in dovere di scrivere sulla materia più scandalosa e innominabile del sesso. Non è però un memoir, ne è propriamente finzione, ma gioca con una serie di narrazioni che attingono al reale senza legarvisi troppo.

Romanzo allo specchio

«Qualcuno lo ha definito mirror fiction: si tratta di un romanzo in cui un personaggio si appropria della mia storia e me la racconta, rendendomene testimone. È un gioco letterario che mi sono divertita molto a condurre, un esperimento. Poi è anche vero che il personaggio da un certo momento in poi prende una vita tutta sua, imboccando una strada opposta alla mia, e per fortuna», spiega Panarello.

Parlare di soldi per parlare del nostro sé, quello interiore e quello svelato, e soprattutto indagare di vincoli e libertà. «Esiste un non detto grandissimo nei discorsi che si fanno sulla libertà delle donne, e quello che spesso non si dice è che le donne che non possiedono o non hanno accesso a denaro proprio sono private della libertà di scelta. Costrette a rimanere in situazioni difficili, infelici o di comodo, senza poter andare in cerca di una felicità tutta privata. Come spesso accade, perciò, questo libro nasce dall’esigenza di rompere certe catene».

Si parla molto più liberamente di sesso che di soldi, anche nei libri. «Perché le persone fanno fatica a vedersi e immaginarsi misere – continua Panarello –. Finché puoi fare una narrazione mitica di te stesso, in cui risulti vincente, performante, luccicante, non hai nulla di cui vergognarti, nulla da nascondere. È la miseria, non solo economica, che si fa fatica a toccare, a raccontare. La vulnerabilità che può generare l’assenza di soldi o la poca disponibilità economica è qualcosa che si rifiuta di mostrare, è una cosa spaventosa, genera terrore».

Analfabetismo finanziario

Secondo l'indagine di Banca d'Italia del 2023, l'Italia rimane agli ultimi posti in Europa per alfabetizzazione finanziaria (10,6 su 20). Le donne hanno una minore conoscenza finanziaria rispetto agli uomini in 11 paesi europei, con un divario più ampio in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Il divario è più marcato tra donne con basso livello di istruzione, studentesse, casalinghe e pensionate.

Uno scenario confermato anche da Edufin Index, l'Osservatorio sulla consapevolezza e sui comportamenti finanziari e assicurativi degli italiani, secondo i cui dati il livello medio di conoscenza finanziaria in Italia (56) rimane al di sotto della soglia di sufficienza (60 su 100), anche se è aumentata la percentuale di coloro che raggiungono la sufficienza (41 per cento nel 2023, rispetto al 34 per cento nel 2022). C'è ancora, però, un 10 per cento della popolazione che si trova in una condizione critica di analfabetismo finanziario e assicurativo.

Il rapporto evidenzia anche una significativa disuguaglianza di genere in materia: il punteggio medio di Edufin Index per le donne è di 54, rispetto al 59 degli uomini. Inoltre, un elevato numero di donne si trova in una condizione di fragilità finanziaria (30 per cento rispetto al 23 per cento degli uomini).

L’emancipazione economica

Nonostante parlare di soldi fra donne risulti ancora difficile, molte persone si stanno impegnando attivamente per sfatare questo cliché attraverso social, podcast, incontri e pubblicazioni di vario genere. Ad esempio, la divulgatrice Ginevra Zucconi (@lafinanzadonna) ha scritto un manuale che uscirà il 21 maggio per Harper Collins per spiegare i concetti fondamentali dell'educazione finanziaria: La finanza chiara e semplice. Le conoscenze di base e gli strumenti pratici per gestire il denaro e pianificare il futuro.

«In Italia il livello di cultura finanziaria è molto basso innanzitutto perché non c’è un programma scolastico dedicato ben fatto che parli di finanza, anche semplice, basica, in tenera età. Si stanno facendo dei passi avanti su questo fronte, introducendo l’educazione finanziaria nelle scuole, anche se all’interno dell’educazione civica. Altro tema che contribuisce a una bassa educazione finanziaria è che l’argomento “soldi” è ancora considerato un tabù: non si parla di soldi (tra amici, ma anche in famiglia!) e quindi non ci si informa, ci si disinteressa. Non abbiamo culturalmente l’abitudine di “approfondire” il tema, piuttosto ci facciamo condizionare da un post scritto ad arte.
E poi c’è scarsa fiducia nelle istituzioni finanziarie a causa di scandali passati e mancanza di trasparenza».

Non si parla di denaro e non è chiaro che l'empowerment femminile passi anche dalle questioni economiche. «Se il denaro è un argomento bandito, tra donne lo è ancora di più. In parte deriva da un retaggio culturale e da una lunga storia di disuguaglianza di genere, dove alle donne è stato spesso negato il pieno accesso e controllo delle risorse finanziarie», spiega Zucconi. «Questo ha portato le donne a disinteressarsi degli argomenti finanziari, a delegare la gestione al partner e quindi a non parlare di soldi, ma anzi a provare vergogna a parlarne perché se ne sa troppo poco».

Nonostante i passi in avanti ci sono sono diverse macro-differenze tra gli investitori donne e uomini. «La prima grande differenza è la prudenza. Gli uomini preferiscono investimenti più rischiosi con aspettative di ritorni più alti. Le donne, invece, solitamente sono più avverse al rischio, preferendo investimenti più prudenti, anche a fronte di rendimenti più contenuti. Inoltre sono più orientate verso la pianificazione finanziaria a lungo termine».

Il potere contrattuale

Le cause delle differenze retributive sono da ricercarsi ancora una volta nel retaggio culturale, che pesa ancora sulle spalle delle donne, nonostante l’emancipazione. «Ancora oggi ci sono dei lavori e dei ruoli considerati più adatti ad una donna, pagati meno e dei ruoli considerati “maschili”, pagati di più», dice Zucconi.

«Altro aspetto critico è che le donne sono più propense ad avere interruzioni di carriera o a fare scelte lavorative influenzate dalla cura e dalle responsabilità familiari, prima fra tutte la maternità. Ciò si ripercuote negativamente sulla retribuzione (e purtroppo sulla pensione futura). Altro aspetto da notare, ma non ultimo, è la minore propensione delle donne a negoziare lo stipendio. Ciò deriva dal solito problema: parlare di soldi è un tabù e genera un certo pudore».

Molte ricerche dimostrano che chi guadagna di più all'interno della coppia ha il cosiddetto “bargaining power”, il potere contrattuale. «Purtroppo spesso è così, chi guadagna di più può avere una maggiore influenza nelle decisioni finanziarie, nei ruoli domestici o nelle scelte di carriera. Penso che lo stesso avvenga anche perché spesso molte donne delegano la gestione delle finanze alla parte maschile, disinteressandosene”, dice Zucconi.
«Mi è capitato di conoscere donne che non sanno come sono investiti i soldi di famiglia, o a quanto ammontano le spese mensili, le bollette e così via. Occuparsi di gestire le finanze fornisce più potere decisionale a chi lo fa, anche nelle scelte che dovrebbero essere condivise».

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