Tra il 2003 e il 2004 ho avuto l’occasione e la fortuna di frequentare molto Dino Risi. Aveva 87 anni, abitava al residence Aldrovandi di Roma, di fronte al Bioparco, lo zoo insomma, ed era il Barney, nel senso della Versione di, italiano. Un finto cinico dalla battuta fulminante. Tipo questa, definitiva. «Quando vado al cinema a vedere un film di Nanni Moretti, penso: – Spostati Nanni, e lasciami vedere il film». Diventammo amici e lui scrisse il suo unico libro, un capolavoro, I miei mostri, per Mondadori. Un libro che racconta il cinema senza mai nominarlo, fatto solo di aneddoti e di battute. Molte storie rimasero fuori. Risi amava un montaggio e sintetico. Nel libro. Come nei suoi film. Mi raccontò che nelle prime scene del Sorpasso, non si vede mai in faccia Jean Louis Trintignant, Roberto Mariani, il timido e imbranato studente in legge, deuteragonista del grande Vittorio Gassman, il Bruno Cortona, quarantenne cialtrone e immaturo.

Due eroi del cinema italiano. E della nostra autobiografia collettiva. Non lo si vede in volto, nemmeno quando si affaccia alla finestra, mentre Gassman suona il clacson bitonale della celebre Aurelia spider, perché non era lui. Dino mi raccontò che l’aveva scelto solamente perché assomigliava alla sua controfigura.

«Cominciai il film senza sapere chi sarebbe stato il compagno di Bruno Cortona: sapevo solo che doveva essere di piccola statura, biondo e, naturalmente, giovane».

Quindi fu scelta una controfigura con queste caratteristiche ancor prima d’avervi scritturato l’interprete vero e proprio; soltanto in seguito il regista fece arrivare da Parigi l’attore francese, «per me sconosciuto, Jean-Louis Trintignant. Lo vidi e dissi subito: “È lui”. Gentile, timido, educato, era il perfetto antagonista di Gassman».

Nei titoli di testa, comunque, il nome di Trintignant viene dopo quello della Spaak. Se ne è andata anche lei. Quando la incontrai per chiederle del Sorpasso, mi disse che fu un incubo. Ci provavano tutti. Gassman e Risi soprattutto. Un buon ricordo solo dell’attore francese.

Timido ed educato

FILE - Actor Jean-Louis Trintignant speaks, right, as director Michael Haneke looks on after he is presented with the Palme d'Or award for Love during the awards ceremony at the 65th international film festival, in Cannes, southern France, Sunday, May 27, 2012. French film legend and amateur racecar driver Jean-Louis Trintignant, who earned acclaim for the Oscar-winning "A Man and a Woman" a half a century ago and went on to portray the brutality of aging in his later years, has died at 91. (AP Photo/Lionel Cironneau, File)

Venerdì 17 giugno è morto Trintignant. A 91 anni. Lo ricordiamo, vecchio e bravissimo, in Amour di Haneke, tenero nei Migliori anni della nostra vita, secondo sequel sempre di Lelouch del cultissimo Un uomo, una donna e anche suo ultimo film.

Trintignant ha raccontato la storia della mia generazione. Ha descritto, forgiato, ampliato il nostro immaginario. Era di tutti per via di Risi, di Scola, di Comencini, e poi di Zurlini, di Patroni Griffi. Era diventato l’italiano che gli italiani non potevano essere, introverso, schivo ed elegante quando gli altri erano sempre narcisi, primedonne, mattattori. Risi aveva visto giusto.

Solo lui poteva stare vicino a Gassman nel Sorpasso. E rendere quel film un classico perenne. Di ogni Ferragosto italiano. Trintignant ha portato nella commedia all’italiana – nei sorpassi, nelle terrazze, tra le donne della domenica – l’equilibrio e l’eleganza, l’energia trattenuta che all’Italia mancava. Ha fatto suo un genere che non lo era.

Divo e antidivo

Eppure era protagonista della Nouvelle Vague di Chabrol e di Rohmer (il nostro cinephile Mattia Carzaniga consiglia di rivedere La mia notte con Maud, adesso, subito), e il mélo di Lelouch, mentre le fughe italiane erano sempre piene di sorprese, ora sontuosamente intellò (Il conformista), ora di puro genere (i titoli con Lenzi, Corbucci). Ha fatto con Amelio Colpire al cuore e l’ultimo, bellissimo Truffaut di Finalmente domenica!

È stato antidivo e divissimo, schivo e protagonista. È stato un meraviglioso attore. Della nostra vita. Del nostro cinema.

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