La cosiddetta “filiera 4+2 tecnico-professionale” promossa dal governo, si rivelerà per la maggior parte degli studenti solo un 4: l’obiettivo è tagliare un anno di studi a quei ragazzi che sono già sulla “corsia veloce” verso la vita adulta, al contrario dei coetanei sulla “corsia lenta” dell’università, degli erasmus, dei tentativi. La retorica del merito è un vestito buono da mettere sulle disuguaglianze
Dal 4 novembre del 2022 il ministero dell’Istruzione si chiama ministero dell'Istruzione e del merito (Mim). Una scelta culturale e politica ben precisa, ma anche un messaggio chiaro a tutti gli studenti e le studentesse: la responsabilità del loro successo o insuccesso è solo nelle loro mani.
Obama molti anni prima era stato quasi più esplicito di Valditara; nel 2009, parlava così del rendimento scolastico: «Magari nelle vostre famiglie qualcuno ha perso il lavoro e il denaro manca. O vivete in un quartiere poco sicuro, o avete amici che cercano di convincervi a fare cose sbagliate. Ma, alla fine dei conti, le circostanze della vostra vita — il vostro aspetto, le vostre origini, la vostra condizione economica e familiare — non sono una scusa per trascurare i compiti o avere un atteggiamento negativo. Non ci sono scuse per rispondere male al proprio insegnante, o saltare le lezioni, o smettere di andare a scuola. Non c’è scusa per chi non ci prova».
La corsia veloce
Tutta questa narrazione del merito e dell’impegno personale ormai da molti anni è diventata pervasiva nella nostra società, è trasversale alle forze politiche, va da Obama a Valditara, ed è sostenuta purtroppo da un’idea di scuola sempre più improntata sulla responsabilità individuale. In questa idea di scuola i voti bassi per molti adolescenti finiscono per corrispondere molto precocemente a un’idea di salario, misurano in modo quantitativo il valore individuale e dividono gli studenti in due categorie, i meritevoli e i meno meritevoli. I secondi, quelli che non s’impegnano abbastanza finiscono in quella che Kate Pickett e Richard Wilkinson chiamano la “corsia veloce” che controintuitivamente è quella che percorrono gli adolescenti che provengono da contesti difficili. Adolescenti che sono costretti a occuparsi di cose da adulti prima dei loro coetanei che percorrono la corsia lenta. È una corsia dove è più facile abbandonare gli studi precocemente o trovare lavori a basso costo o diventare genitori mentre i coetanei della corsia lenta saranno ancora all’università o penseranno ai loro viaggi studio.
La propaganda e i fatti
In questo contesto s’inserisce la promozione che il governo sta facendo sulla cosiddetta filiera 4+2 tecnico-professionale, quella che toglierà un anno di scuola a molti studenti che da quello che ci dicono i dati sono già nella loro corsia veloce per motivi economici e sociali. Il governo sa bene che l’orientamento scolastico nel nostro paese è fatto quasi sempre su base economica, sociale, di genere e di provenienza. E che gli istituti professionali già oggi cercano di rispondere ai bisogni di molti studenti che vivono situazioni di fragilità e che sono, tra i tre indirizzi, quelli dove c’è la più alta percentuale di abbandono. Ma dove dovrebbe portare la corsia veloce? La promozione del governo dice che l’obiettivo sono gli ITS Academy, la vera svolta, l’opportunità per studenti e studentesse di accedere a una filiera specializzata. I dati del 2024 però ci dicono che su 26.283 domande di iscrizione agli ITS solo 9.246 poi si sono realmente iscritti e di questi solo 7033 sono arrivati al diploma. 7.033 studenti su circa i 250.000 studenti che ogni anno scelgono i professionali e i tecnici sono riusciti ad accedere alla filiera specializzata. Ovvero il 2,8%.
La corsia veloce per molti altri invece è stato l’abbandono, ai professionali ci sono ogni anno circa 70.000 iscritti e di questi l’8,7% va in dispersione, cioè circa 7.000 studenti. Per gli altri la strada sembra quella di finire il prima possibile nel mondo del lavoro, con delle competenze che le aziende possono pagare il meno possibile. Il 4+2 in realtà sembra un 4 e basta quando andrà bene.
Scriveva Henry Giroux in uno scritto in ricordo di Paulo Freire: «Le scuole incarnano sia l’ideologia dominante che la possibilità di resistenza e di lotta». Togliere un anno di scuola a quegli studenti che già hanno pochissimo spazio e pochissime risorse economiche per dedicarsi a momenti di crescita personale e intellettuale sembra rientrare molto nella prima idea di scuola, quella in cui il merito diventa il vestito buono da mettere addosso alle disuguaglianze.
Il governo non sta facendo nessun mistero del fatto che la scuola che ha in mente per una parte della popolazione ha come unico obiettivo colmare il gap tra ragazzi e ragazze che possono diventare manodopera a basso costo e le aziende. Del gap reale, quello che divide la vita degli adolescenti in due corsie con prospettive e qualità della vita completamente diversi, con diritti e possibilità di accesso alle opportunità diseguali, su quello non sembrano esserci molti investimenti e progetti all’orizzonte.
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