La settimana scorsa sono uscite le materie del prossimo esame di Stato, i giornali hanno titolato a caratteri belli grossi che per la seconda prova ci saranno latino al Liceo classico e matematica al Liceo scientifico. Tra non molto usciranno i dati delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico, i giornali titoleranno a caratteri altrettanto importanti in che percentuale famiglie e studenti hanno scelto il classico, hanno scelto lo scientifico.

Mercoledì 18 giugno, in mattinata, leggeremo sugli stessi giornali che per la seconda prova sarà uscito Quintiliano (per dire) al Classico e l'analisi di un polinomio (per dire) allo Scientifico. A novembre, quando saranno diffusi i dati Eduscopio, i giornali titoleranno che in Italia il Classico migliore sta lì e lo Scientifico migliore sta là. Per un anno intero insomma, a tappe, avremo sentito strillare sui giornali che cosa succede al Liceo classico e che cosa succede al Liceo scientifico, ovvero – dati 2024 alla mano e sommando le articolazioni dei due licei – che cosa succede per il 29,36% della popolazione studentesca in Italia (il 5,3% del Liceo classico, e il 24% del Liceo scientifico), quindi per nemmeno un terzo della scuola italiana.

A volere essere puntigliosi, se dovessimo considerare i numeri dei soli indirizzi tradizionali, e quindi non le articolazioni (viene anche il dubbio che certi titolisti le conoscano), il solo Liceo scientifico tradizionale (10%) e il solo Liceo classico tradizionale (3,83%) non arriverebbero nemmeno al 15% del totale.

E le altre scuole? Gli altri licei? I Tecnici? Gli Istituti professionali? Non pervenuti, il nulla, inesistenti, a meno di arrivare, se va bene, a fondo pagina. Non pervenuti la scorsa settimana per le materie d’esame, lo stesso verisimile scenario per le altre ricorrenze future, dal bilancio delle iscrizioni che leggeremo a breve, figuriamoci per le seconde prove di giugno (mica davvero si può titolare su un quotidiano «commento dei documenti di bilancio di Alfa spa» al Tecnico o «schematizzare l’officina macchine utensili di un’azienda metalmeccanica» al Professionale?), per non dire di quanto potrebbe scompensare «famiglie e studenti» la notizia, a novembre, che tale Istituto turistico o agrario è andato bene o male nelle rotonde e coloratissime classifiche di Eduscopio. Zero, meno di zero.

Al netto dell’essere assuefatti a tutto nella comunicazione pubblica sulla scuola, è questo a parere di chi scrive (che per inciso, insegna anche al Liceo classico) uno dei fardelli più tossici e odiosi, un concentrato di miseria culturale, questo sì, retaggio di una rogna classista che per quanto ci si sforzi, è dura da scrostare dalla percezione del nostro sistema educativo e in merito alla quale davvero nessuno potrebbe dirsi innocente.

Che poi, quando mi sono messo a commentare questo andazzo con un collega più acuto di me, la risposta è stata inappuntabile. È l’ennesimo esempio nel quale si percepisce come il discorso pubblico sulla scuola sia totalmente su un’altra galassia rispetto alla realtà, un po’ come quando si fanno le risse mediatiche sul latinorum alle medie o la poesiola mandata a memoria, grandi distrattori, mentre la partita grossa si gioca altrove.

Ed è vero, la partita grossa si gioca veramente altrove, mentre continuiamo a “raccontarcela” sul Liceo classico e il Liceo scientifico. Per chi ci lavora, è chiaro che l’opera di trasformazione della scuola, quella che non finisce sui titoli, si stia giocando altrove e non è innocua. È evidente nella gestione dei fondi Pnrr di questi mesi, nelle pressioni continue per ridurre a quattro anni il percorso di studio superiore, nella sperimentazione del 4+2 e nella riforma dei Tecnici verso un mero addestramento al lavoro legato all’ingresso massiccio di interessi privati.

Per tutto questo, iniziare a raccontare e a dare dignità a tutte le scuole, liberarci di una percezione classista che davvero ha fatto la muffa, credo sia una pretesa necessaria, urgente, da ribadire.

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