Come dimostrano i dati e le esperienze di genitori, insegnanti e presidi, a pesare in una decisione fondamentale per il futuro di migliaia di cittadini è il contesto socio-economico di appartenenza più che le aspirazioni e le capacità. Soprattutto quando si parla delle superiori
Aprono le iscrizioni a scuola. Da martedì 21 gennaio alle 8 fino alle 20 del 18 febbraio, le famiglie potranno accedere, con l’identità digitale, alla piattaforma Unica del ministero dell’Istruzione e del Merito e presentare la domanda. L’iscrizione online è obbligatoria per le classi prime della scuola primaria e per la secondaria di primo e secondo grado statali, facoltativa per le paritarie. Così oltre un milione di persone, facendo una stima sulla base dei dati forniti dal Mim per il 2024-25, compiranno un passo fondamentale nella costruzione del proprio futuro e di quello del Paese in cui vivranno.
Eppure, mostrano i dati e le esperienze di chi lavora a scuola tutti i giorni, a motivare una scelta così importante, nella maggior parte dei casi non sono né le aspirazioni, né le capacità individuali e neppure il merito tanto celebrato dal ministro Giuseppe Valditara, ma il background familiare e socio-economico.
Un’evidenza che emerge soprattutto quando si stringe il focus sul passaggio dalla scuola secondaria di primo grado, le medie, a quella di secondo grado, le superiori. Perché se nella scelta della primaria, elementari, e della secondaria di primo grado contano soprattutto la comodità per i genitori – come la vicinanza a casa o lavoro – e il “buon nome” degli insegnanti che lavorano nell’istituto, quando si parla di iscrizioni alle superiori l’elemento che ha rilevanza maggiore è la classe sociale della famiglia a cui gli iscritti appartengono.
Uno studio di Almadiploma sui profili degli allievi diplomati nel 2023, certifica i racconti che famiglie, professori e dirigenti scolastici, interrogati sull’argomento, hanno fatto a Domani, dimostrando che chi frequenta i licei in quasi il 65 per cento dei casi appartiene a una “classe sociale elevata” o “medio alta”. Mentre il 60 per cento di chi si iscrive al professionale vive in famiglie più svantaggiate.
Una disparità simile si vede anche se si concentra l’analisi sul titolo di studio dei genitori: il 44 per cento degli iscritti ai licei ha genitori laureati. Il 45 per cento di chi si iscrive al professionale ha genitori con titoli di studio inferiori al diploma o nessun titolo. A stare nel mezzo sono gli istituti tecnici che accolgono un numero più variegato di iscritti per condizioni economiche e titolo di studio dei genitori.
Parametri che, come chiarisce anche l’indagine Istat, “Livelli d’istruzione e ritorni occupazionali”, hanno un ruolo preponderante nel determinare il futuro delle nuove generazioni, oltre al divario nord-sud.
È certo, infatti, che mentre chi è figlio di laureati ha a sua volta più possibilità di frequentare un liceo e poi di laurearsi e, quindi, di trovare lavoro, soprattutto se vive al Nord, chi ha genitori poco istruiti è più probabile che abbandoni il percorso scolastico precocemente: quasi il 24 per cento di chi ha genitori con un basso livello di istruzione, contro il 2 per cento di chi ha genitori laureati.
«I dati confermano che la scuola italiana non funziona più da ascensore sociale. Anzi certifica le disuguaglianze di partenza e seleziona gli alunni all’ingresso anziché all’uscita», commenta lapidario Andrea Morniroli, co-cordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità: «Una tendenza che il ministro Valditara incrementa attraverso un’operazione chirurgica di smantellamento della scuola pubblica e trasformando i professionali in strumenti per la formazione di lavoratori, non di cittadini. Così ci vanno i poveri che non possono aspirare a diventare classe dirigente».
Come spiega Morniroli, a testimonianza che a determinare la scelta della scuola da frequentare sia il contesto socio-economico familiare, ci sono anche gli indicatori sulla povertà educativa: «Il 90 per cento dei ragazzi coinvolti nel fallimento formativo sono figli di genitori con scarse risorse economiche. Altro che merito: le opportunità per un giovane dipendono dal luogo in cui nasce, dai soldi dei genitori e dal genere. Questo ci dicono i dati».
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