Il Musée des Beaux-Arts di Le Locle (Mbal) è un piccolo e prezioso museo di una cittadina di 10mila anime nel Canton Neuchâtel, nella Svizzera francese. Alla sua guida, dal 2022, è arrivata l’italiana Federica Chiocchetti. Sotto la direzione precedente di Nathalie Herschdorfer, oggi al timone di Photo Elisée di Losanna, il museo si era accreditato come un punto di interesse anche fuori dai confini elvetici.

Chiocchetti, toscana, un dottorato in Storia della fotografia alla University of Westminster di Londra e parigina d’adozione, ha voluto, nei primi mesi del suo mandato, proporre una programmazione che facesse quadrare il cerchio: valorizzazione della collezione del museo, coinvolgimento di artisti contemporanei svizzeri e attrattività a livello internazionale.

Ne sono nate tre mostre. Le plaisir du texte, inaugurata all’inizio dell’anno scorso, era dedicata alla relazione feconda e polimorfa tra parola e arti visive. È stata poi la volta di animal instinct / instinct animal, altra collettiva, sulla relazione tra uomini e animali. Il 22 marzo ha invece aperto La scia del monte ou les utopistes magnétiques, progetto dedicato al passato e al presente del Monte Verità, storico centro della controcultura europea di inizio Novecento (anarchia, esoterismo, naturismo, vegetarianesimo, femminismo) sorto su una collina sopra Ascona, in Canton Ticino, che Harald Szeemann, visionario vate dei curatori di mezzo mondo, aveva celebrato nel leggendario allestimento Le mammelle della verità nel 1978.

Una ricognizione poetica

Il percorso, realizzato in collaborazione con la Fondazione Monte Verità (co-curatrice è Nicoletta Mongini, che ne è presidente), coinvolge 26 artiste e artiste contemporanei ed è concepito come una celebrazione dell’utopia in tempi di scenari distopici. La mostra si apre con un’intensa serie di fotografie dell’artista italiano Giaime Meloni (Cagliari, 1984), realizzata una residenza artistica al Monte Verità, in collaborazione con il MAN di Nuoro.

Quella di Meloni è una ricognizione poetica che introduce il visitatore alla miscela di cultura e natura di cui è impregnato il luogo: vecchi volumi di teosofia, vegetazione, formazioni rocciose, una scatola di fiammiferi con la scritta: “Vogliamoci sempre bene”. A queste immagini di stile documentario, ma accostate con piglio poetico, fanno eco, come in contrappunto, le delicate e oniriche eliografie di montagne rovesciate di Luca Mengoni (Bellinzona, 1972).

Di Johanna Gschwend (San Gallo, 1990) e Moritz Hossli (Obvaldo, 1990) è invece la video installazione dedicata al campo da tennis dell’hotel del Monte Verità durante i mesi del lockdown. Due schermi si guardano e mostrano a turno, al ritmo di una pallina che fa la spola tra le due parti del campo, le immagini dei lampioni disseminati nel parco, attivati dai rami non tagliati che interagivano con i sensori di movimento. Di nuovo l’interazione tra artificio e natura.

Presente alla mostra di Le Locle anche il duo italiano The Cool Couple (Niccolò Benetton e Simone Santilli), che espone tre tappetini da yoga decorati con il frottage della pietra di una delle grotte del Monte Verità e la rielaborazione, realizzata con l’intelligenza artificiale, dei “pannelli di meditazione” di Olga Fröbe-Kapteyn, anche lei protagonista della storia del movimento.

Molto potente il video di Ingeborg Lüscher (Freiberg, 1936), moglie di Harald Szeemann, intitolato La pupa proibita, che mostra un manichino di una figura femminile del folklore abruzzese, che gira su una giostra di rottami metallici, illuminata da fuochi d’artificio. L’immagine di una femminilità stereotipata, che dialoga con La camicia, opera commissionata alla Lüscher dal marito, che riproduce l’indumento di cotone tipico dei vegetariani della colonia di inizio Novecento.

L’abito porta incollate le lettere che compongono un messaggio femminista: «Non posso fare a meno di richiamare l’attenzione sull’ultimo mezzo che è diventato così necessario dopo anni di lotta infruttuosa: è lo sciopero – nei casi di intransigenti pregiudizi contro le donne, ma anche nei casi di intransigenti richieste di soddisfare la vanità femminile a scapito degli uomini».

Figlia di Szeemann e Lüscher è Una Szeemann (Locarno, 1975), per la quale il Monte Verità è stato il parco giochi di bambina. A lei è dedicata un’intera sala del Mbal: fotografie, sculture in bronzo, installazioni tutte improntate ai demi del sincretismo magico e sciamanico di cui è permeata l’esperienza utopica dei fondatori della prima colonia, fino ai loro eredi contemporanei.

Chiocchetti è riuscita a creare un percorso equilibrato in cui passato e presente riescono a dialogare in modo fluido. Come accaduto nelle due mostre precedenti, anche questa volta la sua curatela ha preso un’intenzionale curvatura femminista.

Ne è testimonianza la pubblicazione che accompagna la mostra Le voix magnétiques, piccolo libro quadrilingue, in cui si offre un’antologia di testi scritti da ventidue donne del Monte Verità. Un omaggio, da una parte, e uno strumento di conoscenza, dall’altra.

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