- «Chiudon tutto», «arrivano in talmente tanti che han preso parcheggi fino a Riva [del Garda]».
- Nel nostro miscuglio di contemporaneità e riservatezza, di relazioni internazionali e antiche abitudini, di voglia di far festa e piacere per la moderazione, il concerto di Vasco è caduto come un meteorite.
- Sfilando per tornare a casa, incontro un amico che non doveva esserci. Mi dice che l’epifania lo ha colto il mercoledì prima, mentre annaffiava i fiori alla finestra. Un’eco lontana, due strofe di Stupendo abbozzate in una prova pomeridiana. L’indomani la corsa a procurarsi un biglietto. «Non ho mica cambiato idea – mi dice risoluto – ho solo deciso che Vasco non me lo potevo perdere». E forse ha ragione due volte.
«120mila persone, venerdì… Tutte qui, che non si potrà neanche muoversi. Ma saran robe da fare secondo lei?» – segue attimo di silenzio – «…però, Vasco!» L’articolo potrebbe finire qui. La voce è quella del benzinaio della Ip di via del Brennero, Trento nord. Una ventina di parole borbottate sotto la cappa dei primi caldi: in questi giorni, l’altro grande argomento di conversazione. Potrebbe bastare perché c’è già tutto. È trentino il tono rispettoso dell’invettiva, è trentino l’affermare q



