Voglio fare l’elogio di uno studioso che non è più tra noi da alcuni anni, ma i suoi tanti importanti scritti ci parlano ancora con linguaggio tagliente e chiaro, Giovanni Sartori, che nel 1969 fece riconoscere nell’università italiana la laurea in Scienze politiche, fino ad allora materia facente parte della facoltà di diritto.

Democrazia e definizioni, del 1957, fu il libro che lo pose all’attenzione di un pubblico vasto, italiano e internazionale, e che per chiarezza di esposizione e per i puntuali riferimenti ai classici della scienza politica, dall’antica Grecia a Machiavelli e a tanti altri grandi che lo avevano preceduto, è ancora attualissimo. Continuò tutta la vita a studiare e scrivere di democrazia, anche sulle pagine del Corriere della Sera.

I suoi studi furono vieppiù profondi tanto da culminare in una Teoria della democrazia corredata da una sorta di “manuale” di Ingegneria costituzionale comparata.

Insomma, per i neofiti, non specialisti come me, il suo studio dei meccanismi che regolano una costituzione che salvaguardi i diritti dei cittadini e del loro vivere democratico è imprescindibile.

Perché scrivo queste cose? Alcuni diranno perché è stato mio marito, altri che desidero fargli pubblicità, gli scienziati politici diranno che sto parlando a sproposito. Ma, con lui e senza di lui, di “corbellerie” scritte da esperti illustri della materia ne ho lette tante che posso anch’io dire la mia.

I fondamenti della democrazia

Tutti i cittadini dovrebbero conoscere i fondamenti su cui si basa la democrazia. Forse così in tante persone disaffezionate alla politica rinascerebbe interesse per la politica e per l’esercizio del diritto di voto. Sartori non tifava né per la destra né per la sinistra. Lui osservava attentamente, come un entomologo, i meccanismi che regolano la pratica della democrazia attraverso corrette procedure e modalità. La sua idea di scienza politica era quella di una scienza applicata.

Studiò tutte le varie possibili forme di governo vigenti nel mondo, e soprattutto quelle applicabili al caso italiano che lui stesso definiva una «brutta bestia», anche perché sovente in questo paese qualcuno sempre vagheggiava (e vagheggia ancora oggi) il “premierato all’italiana” che si basa sull’elezione popolare diretta del capo del governo, che per alcuni porterebbe a creare un premierato “forte”.

Sartori faceva a questo proposito notare che il premierato per sua definizione è forte perché espressione di un sistema elettorale e partitico democratico, di una robusta maggioranza parlamentare. Insomma, detto in soldoni, ci sono delle precise regole di buon governo che consistono in meccanismi delicati di pesi e contrappesi, che non consentono scorciatoie.

Il sistema elettorale dovrebbe essere guidato dall’intento di raggiungere questo buon governo, nel quale si tenga conto sia della rappresentanza delle idee che tutti devono poter esprimere sia del principio di governabilità. Sartori era nato nel 1924, e nel 2024 ricorre il suo centenario.

Nel 1997 tenne una audizione parlamentare di ben quattro ore, spiegando al comitato della bicamerale che si occupava della riforma costituzionale come doveva essere concepita una revisione della Carta per essere insieme equa ed efficace.

Sono passati 26 anni, ma siamo ancora a dibatterci sullo stesso tema: la “Riforma delle Riforme”. I testi di Sartori valgono ancora da guida. Ci aiutano a chiarirci le idee, ci allertano a non prendere disastrose scorciatoie.

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