Recensioni, aforismi e meme: il pubblico del nuovo Scrittore

Se c’è una cosa che mi dà piacere è leggere un libro che dice le cose che penso, ma molto meglio di come le scriverei io e ben prima che io le abbia messe a fuoco dentro la mia testa. Mi è capitato di recente con E anche scrittore. Come ci siamo messi tutti a scrivere di Arnaldo Greco (Utet), un saggio che fa ridere «ma anche riflettere» su come la scrittura, nell’era della dannata internet, sia diventata la modalità espressiva predefinita e alla portata di tutti. La letteratura è morta, viva la letteratura, potremmo dire sintetizzando al massimo la brillante e ben più estesa analisi di Greco, che passa in rassegna i tic, le abitudini e le innumerevoli personalità del nuovo Scrittore. Che non è solo quello che pubblica i libri, per quanto anche in questo senso le cose siano cambiate, ci ricorda Greco evidenziando che il fenomeno si è fatto più significativo da quando «pubblicare per una casa editrice è diventato molto più semplice che lavorare per una casa editrice». Lo Scrittore è quello che scrive le recensioni su Amazon con l’intenzione di Michiko Kakutani, che si fotografa i piedi sulla battigia e vi allega una massima filosofica, che dice io, io, io semplicemente perché può, semplicemente perché tutti lo fanno. Viva il reggi-mento: l’ossessione nuova per la mandibola La friggitrice Lo Scrittore cerca l’emozione sempre e comunque: una friggitrice ad aria non è solo una friggitrice ad aria, e non è nemmeno un piccolo forno dalle temperature molto elevate, come sostiene qualche detrattore dell’elettrodomestico. La friggitrice ad aria è un’occasione per lo Scrittore di esprimere la propria opinione via stelline, ma soprattutto è un’occasione per esprimere se stesso. «Gli Scrittori sono ovunque. Ovunque siamo circondati da persone che dedicano alla scrittura i momenti migliori della propria giornata, che provano piacere solo scrivendo, che solo nell’atto di scrivere riescono realmente a concentrarsi, che dedicano la loro fantasia e la loro arte alla scrittura, che correggono testi nella speranza di suscitare emozioni in quanta più gente possibile, che vivono episodi nel quotidiano immaginando solo come potranno poi raccontarli per iscritto. Che nello stesso momento in cui sentono il figlio in scrittura. La Licenza Poetica ormai l’abbiano appesa tutti, bella e incorniciata, come una volta le lauree, in casa». Altro che politica o calcio: è la puericultura a polarizzare Il libro è un accessorio Il libro è ormai un accessorio dello Scrittore, che ha ricalibrato nel tempo le sue priorità. Un tempo lo Scrittore – quello di prima, quello dei libri – guardava ai social con sospetto. «Ai social si attribuiva una doppia responsabilità: la prima, più evidente, di rubargli l’attenzione. La seconda, più subdola, di rubargli il pubblico: avere davanti la pagina bianca mentre di là i lettori si accapigliavano a fare le pulci all’articolo sbagliato di turno o alla dichiarazione provocatoria del giorno, costava fatica». Ma è stata una fase breve, dice Greco. Ora sono tutti perfettamente consapevoli che quello che sta online (polemiche, chiacchiere, pensierini ficcanti sul Medioriente o sul tiramisù con gli Oro Saiwa) vale quanto, se non di più, della carta stampata. E allora liberi tutti, fiato alle trombe e alle tastiere, con il libro che non è più il fine ma il mezzo per fare altro (la tv, i follower, i festival, un tweet con molti cuoricini). È comunque un mezzo a cui lo Scrittore tiene parecchio, il caro vecchio libro, come sa chiunque faccia il mio lavoro (che non è scrivere i cazzi miei su questo giornale una volta a settimana come alcuni potrebbero pensare, sono meno Scrittore di quanto vorrei), cioè chiunque ricopra un qualsiasi ruolo nell’editoria. Mai rivelare a uno sconosciuto che fai l’agente letterario, o l’editor, o l’ufficio stampa, perché quello sconosciuto avrà un romanzo da proporti, o uno zio con un romanzo da proporti, o una storia famigliare che sta scrivendo perché tutti gli dicevano «che bella storia, è già un romanzo». All’ammissione sussurrata «mi occupo di libri», ho ricevuto pitch in taxi, in ospedale, dall’estetista mentre mi depilava l’inguine. Si scrive per esistere, per definirsi, per lasciare la propria impronta nel mondo, o almeno in un server da qualche parte. Scrivo dunque sono. Rebranding Kardashian: non sei brutta, solo poco compressa Il valore estetico del volume Il libro, comunque, ha un valore estetico più che formale. Di per sé è fotogenico, sta benissimo su una tavola di legno grezzo tra delle belle porcellane, ma lo Scrittore sa che il libro si abbina meglio alle verdure che alle carni, meglio alle vongole che alle cozze. «Per quale ragione non si vede mai un libro con la trippa o con il lampredotto? Ma neanche una grigliata o un semplice filetto si addicono. Un libro con il barbecue stona. C’è qualche legame tra libro e colesterolo?» si chiede legittimamente Greco. Un libro è un oggetto, e infatti lo Scrittore dà una stella ad Anna Karenina perché il volume gli è arrivato a casa danneggiato. Lo Scrittore si indigna, si lamenta, prende posizione. Posizioni, plurale, moltissime. Non c’è tempo per pensare, bisogna scrivere, di tutto, sempre, per sempre. «Scrivere è l’arte di scoprire in cosa credi» diceva qualcuno. È una citazione attribuita a Flaubert, ma probabilmente è di uno Scrittore.