Né sangue né suolo. La riforma in senso restrittivo dello ius sanguinis segna, per il governo Meloni, una nuova tappa dell’arroccamento sovranista. E mostra una concezione catenacciara della cittadinanza.

Orientata da un’idea di stranierità talmente ossessiva da prendere declinazioni contorte, che colpiscono alla cieca entrambi i criteri ascrittivi per l’erogazione dello status da cittadini: lo ius sanguinis e lo ius soli, appunto.

Il secondo è, per definizione, un criterio che dal governo in carica viene visto come un male assoluto. Fosse mai che il suolo patrio venisse eletto a terra promessa da un esercito di gravide migranti.

E a testimoniare questa avversione è l’atteggiamento esplicitamente sabotatore (con tanto di dichiarazione astensionista da parte del presidente del Senato, seconda carica dello stato) verso il voto referendario dell’8 e 9 giugno; il cui quesito sulla riduzione del periodo di lunga residenza per la concessione ai non italiani della membership di cittadino avrebbe un effetto da ius soli indiretto, poiché beneficerebbe intere coorti di ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori immigrati. Meno scontato era l’accendersi di un’avversione verso lo ius sanguinis, che nel rapporto con la vasta comunità di emigrati sparsi per il mondo (la diaspora) pone le basi per la costruzione di un’idea da Grande Nazione.

Un’idea che, nel quadro politico e culturale della globalizzazione, è stata convertita da molti paesi in un potente strumento di soft power.

Su questo versante, però, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di guardare soltanto alla dimensione da Fortezza Italia: chiusura agli immigrati, quale che sia la loro matrice e da dovunque provengano.

Compresi quelli che fino a ieri l’altro potevano essere considerati italiani per diritto di discendenza, e che all’improvviso si vedono tagliati fuori. Come dice il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, «diventare italiani deve essere una cosa seria». Seria e ardua, se il simbolo dell’italianità è il generale Vannacci. Dunque, stop alla cittadinanza automatica per i discendenti di immigrati italiani, con la sola eccezione riservata a figli e nipoti. Non si potrà più andare oltre a ritroso nell’albero genealogico.

Rimane da ragionare su due piani della questione: un piano relativo alla dimensione numerica del fenomeno e un piano relativo alla sua dimensione sociologica. Sul piano numerico, appare abbastanza evidente che la mossa di legiferare con “disposizioni urgenti in materia di cittadinanza” sia stata per il governo un tentativo di dare risposta ai dati diffusi da Eurostat poco più di un anno fa (febbraio 2024).

Relativi al 2022, i dati asseriscono che l’Italia è il paese europeo che ha concesso il maggior numero di nuove cittadinanze: 213.700, contro le 181.800 della Spagna e le 166.600 della Germania. Analizzati nel dettaglio dalla fondazione Ismu, i dati rivelano che le nazionalità prevalenti sono quelle degli immigrati che ottengono la membership per residenza di lunga durata: albanesi, marocchini e rumeni formano le prime tre comunità. Per quanto riguarda l’incidenza dello ius sanguinis, altri dati più recenti sono quelli relativi al 2023 e sono stati raccolti grazie alla collaborazione dei comuni italiani (poco più di 5mila su oltre 8mila).

Un’analisi di La via libera riferisce che, su oltre 176mila riconoscimenti di cittadinanza italiana, 61.328 sono state erogate per ius sanguinis. Le nazionalità prevalenti sono state quella brasiliana (41.962), quella argentina (12.225) e quella statunitense (884).

Dunque, dovendo cominciare da qualche parte ad arginare ciò che vede come un assedio alla Fortezza Italia, il governo parte da questo segmento. Con un effetto che, in termini sociologici, rischia di essere controproducente proprio sul piano identitario.

Perché va a colpire le diaspore, tagliando legami storici basati su un’idea di italianità lontana che in qualche modo resiste. Tutto ciò con l’obiettivo di difendere un’italianità gretta, segregata, sempre più minoritaria soprattutto sul piano demografico (dato Istat relativo a gennaio-febbraio 2025: 57mila nascite, 120mila morti). Aiutiamoci a casa nostra. Alimentando un’idea di cittadinanza confusa e infelice.

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