Nel suo discorso al senato, il neo presidente del Consiglio Mario Draghi ha confermato la centralità per il suo esecutivo delle politiche ambientali e climatiche. Lo ha fatto con una precisione nel linguaggio e una articolazione che non ha precedenti in Italia, come del resto è senza precedenti anche la situazione attuale causata dalla pandemia e dalla crisi ambientale, dovuta al nostro modello produttivo. La frase «Vogliamo lasciare un buon Pianeta, non solo una buona moneta», pronunciata da chi ha ricoperto ruoli di vertice nel mondo finanziario, è da registrare a futura memoria. Se alle parole seguiranno i fatti, il discorso di Draghi potrebbe davvero segnare una nuova epoca.

Il mutamento climatico

Ma veniamo a quanto detto dal presidente del Consiglio. A partire dal riferimento al riscaldamento globale come fenomeno che ha già effetti diretti sulle nostre vite: tale riferimento spazza via dalla scena le cianfrusaglie negazioniste utilizzate finora per confondere le persone e ritardare le scelte. Inoltre, il collegamento tra la distruzione della natura e lo sviluppo e la trasmissione di virus dagli animali all’uomo (come naturalmente nel caso del Covid-19) rende giustizia a chi sostiene da tempo questa ipotesi, che ha solidissime basi scientifiche.  

Importanti, nelle parole del presidente del Consiglio, anche i riferimenti ai giovani che erediteranno questo pianeta e ai lavoratori che saranno interessati dalla rivoluzione in senso ecologico che ci attende. «Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti», ha detto Draghi: si tratta di un principio etico che ci aspettiamo venga ribadito nelle diverse politiche da mettere in campo, sia quelle per superare la pandemia sia quelle per combattere la crisi climatica. Come per quelle successive, dedicate a lavoratrici e lavoratori, e alla necessità di cambiamenti anche radicali e di misure di sostegno per accompagnare la transizione ecologica. 

Il lavoro

Su questo tema, tuttavia, va ricordato che il passaggio da una base produttiva fossile a una rinnovabile significa anche il passaggio da un’industria ad alta intensità di capitale a una a più alta intensità di lavoro. Lo scenario che Greenpeace ha commissionato per la decarbonizzazione del Paese (il report “Italia 1.5”) valuta fino a un sostanziale raddoppio dei posti di lavoro diretti nel settore energetico. E la questione non è soltanto di numero di posti – che potrà aumentare – ma anche della sua distribuzione territoriale: le fonti rinnovabili sono distribuite nel territorio e non concentrate come nei poli energetici, dando quindi spazio a una occupazione più diffusa. 

Per fare la transizione - come abbiamo ricordato al presidente Draghi quando ha incontrato la delegazione ambientalista di cui abbiamo fatto parte - è però necessario intervenire sin da subito nei piani delle infrastrutture di rete e nella filiera degli accumuli industriali. Solo questi interventi consentiranno di poter raggiungere i nuovi obiettivi europei al 2030, che richiedono ben il 70 per cento di fonti rinnovabili e non il 55 per cento previsto dai vecchi piani.

Agricoltura e circolarità

Nel settore agricolo, citato una sola volta, servono investimenti per la transizione verso un modello agroecologico, per ridurre l’uso record di pesticidi e prevedere un ulteriore aumento della superficie dedicata all’agricoltura biologica. Inoltre, servirebbe intervenire sul sistema degli allevamenti intensivi per diminuirne emissioni e impatti su salute e ambiente, a cominciare da una netta riduzione del numero di animali allevati. 

Quanto all’economia circolare, servono misure urgenti che seguano i principi base indicati dall’Europa come la prevenzione e la riduzione dei rifiuti prodotti, soprattutto quelli derivanti dalla frazione monouso, rompendo quel paradigma secondo il quale la crescita economica va di pari passo all'uso crescente di risorse naturali. Bisogna, inoltre, evitare soluzioni non circolari come l’incenerimento e la generazione di combustibili dalla plastica, e rilanciare la Plastic tax.

Sulla mobilità urbana va posta una priorità, cosa che al momento manca: l’accenno alle infrastrutture di ricarica per la mobilità elettrica è un segnale interessante nel discorso di Draghi, ma manca completamente un riferimento ai treni regionali e locali da sempre bistrattati nelle politiche della mobilità.

Parlando di biodiversità, grande cautela deve essere prestata all’opzione dell’uso delle biomasse da fonte forestale per uso energetico: c’è bisogno, al contrario, di tutelare e irrobustire il patrimonio forestale del Paese che può dare un grande contributo in termini di assorbimento di carbonio. Per quel che riguarda la biodiversità marina, l’Italia ha assunto pubblicamente l’impegno ambizioso di tutelare il 30 per cento dei suoi mari entro il 2030, un progetto internazionale noto come “30x30”: Greenpeace chiede che questo impegno sia mantenuto e rispettato, con gli investimenti necessari a garantirne la realizzazione. 

I fatti

Per concludere, c’è un primo intervento, molto concreto, per dimostrare la volontà del governo di andare nella direzione di una vera transizione energetica: una nuova, definitiva moratoria delle trivelle a terra e mare. Un divieto permanente a ogni nuova attività di prospezione, ricerca e sfruttamento di gas e petrolio sul territorio nazionale, a terra e in mare, sarebbe una scelta coraggiosa e coerente con l’ispirazione ambientalista del discorso del Presidente Draghi. Apprezziamo le parole, siamo pronti a valutare i fatti.

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