«Abbiamo bisogno di un’Europa per tutto ciò che è essenziale, per tutto quello che le nazioni non possono fare», furono le parole di Mario Draghi nel ricevere due anni fa una laurea honoris causa all’università di Bologna. Sono parole che dal governatore Draghi ho ascoltato per molti anni dagli scranni del Parlamento europeo e che ho apprezzato soprattutto perché tradotte nell’agire, nella pratica di garante della sovranità monetaria.

Il problema è che gli inviti che Draghi e io, più modestamente da capogruppo socialista, levavamo alti per la sovranità politica europea sono rimasti inascoltati e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. La pandemia che avrebbe potuto inaugurare una nuova stagione globale di cooperazione ha invece accentuato la competizione geopolitica e il vaccino è diventata la nuova arma nucleare di una nuova guerra per l’egemonia.

E in questa guerra l’Europa appare priva di sufficienti armamenti e munizioni, avendo rinunciato con leggerezza all’autonomia produttiva di prodotti salvavita, farmaci e vaccini. Così come accadde due decenni fa sul Tech, quando abdicammo a una politica industriale sul tecnologico e oggi, peggio ancora, rinunciamo a tassare e regolare, così oggi ci ritroviamo sul Pharma, dipendendo interamente dall’estero.

Come è stato possibile e cosa fare? È stato possibile perché la sovranità sanitaria richiede una sovranità militare e politica, perché senza un decisore politico non si affronta e non si vince oggi una pandemia, così come domani una crisi ambientale o una sfida militare. Non è possibile affidare a oscuri burocrati altrettanto la negoziazione sui vaccini, anzi la pseudo negoziazione perché i nostri mandatari, privi di potestà negoziale hanno dovuto chiedere il permesso ai 27 mandanti, e cioè ai paesi dell’Unione, prima di fare un’offerta.

Sono veramente indignato, proprio io che ho trascorso una vita nelle istituzioni europee, perché ormai dotarsi di governo politico in Europa è un imperativo categorico da cui dipendono le nostre vite. Altro che soffiare sugli egoismi nazionali come vorrebbero i sovranisti nostrani, altro che mercanteggiare piccole riforme come vorrebbero i troppo prudenti europeisti gradualisti. La guerra globale non si fermerà qui e riguarderà sempre più la nostra capacità europea di decidere, progettare e realizzare e condizionerà persino il destino delle democrazie.

La Cina sull’onda del successo del contenimento del virus a Wuhan ha promosso una narrativa sulla pandemia per cui le democrazie liberali occidentali sarebbero deboli e inadatte a tutelare la salute e il benessere dei cittadini e, intanto, l’Europa dipende al 90 per cento da Pechino per l’approvvigionamento di molecole e principi attivi.

La Russia utilizza Sputnik come strumento egemonico e le incursioni a San Marino sfiorano i nostri confini. L’India con il Serum Institute fondato nel 1966 produce il 60 per cento dei vaccini distribuiti nel mondo e rafforza le ambizioni geopolitiche nell’area dell’Indo-Pacifico. Per queste ragioni, così come mentre infuriava il secondo conflitto mondiale, Rossi e Spinelli confinati a Ventotene elaboravano il Manifesto per un’Europa libera e unita, così l’annunciata Conferenza sul futuro dell’Europa sarà misurata sul contributo che darà alla trasformazione dell’Europa in un soggetto politico.

E vengo nuovamente al presidente Draghi. Ritengo che Mario Draghi oggi può farsi promotore e artefice di questo processo. Per caratura e credibilità internazionale, per vuoto di leadership che il ritiro di Angela Merkel segnerà in Europa, per la sua capacità di governo in Italia.

Le prime settimane, anche sul piano vaccinale, danno il senso del cambio di passo all’insegna di due parole d’ordine: governance accentrata, a cominciare dall’hub di distribuzione a Pratica di Mare, ed esecuzione decentrata con il coinvolgimento di tutto il sistema paese e l’ampliamento della platea di vaccinatori, medici di famiglia, odontoiatri, specializzandi, medici del Coni, medici aziendali, pediatri e l’allestimento di centri distributivi anche nei siti produttivi, nelle palestre, nelle scuole.

Un piano vaccinale che, per quanto condizionato dai giorni di sospensione di Astrazeneca, porterà a vaccinare almeno il 60 per cento degli over 16 entro l’estate e la quasi totalità della popolazione in autunno. Abbiamo il dovere di fare presto, lo dobbiamo agli oltre 100mila morti da Covid-19, lo dobbiamo ai cittadini che si dibattono nella difficoltà economica. Superato il guado, servirà una nuova leadership europea e sono certo il Pd non risparmierà energia e impegno politico perché le sfida globali che si faranno sempre più numerose trovino nell’Europa un attore protagonista, non una sbiadita comparsa.

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