- In Italia certi temi tornano ciclicamente, ma spesso il desiderio di riforme si ferma quando si entra nel merito dei loro contenuti
- Viviamo ogni proposta col timore che possa ledere i nostri interessi: la nostra tendenza al corporativismo non si accompagna a una “cultura della complicità”, bensì alla “cultura della spettanza”, in cui si pretende che lo stato provveda a darci sempre ciò che ci spetta per realizzare i nostri interessi
- Se il “corporativismo” fosse accompagnato dalla “cultura della complicità”, ogni valutazione su un provvedimento metterebbe accanto all’impatto sulla sfera privata anche la riflessione sulla sua utilità pubblica
Qualcuno dovrebbe provare a contare il numero di riforme impantanatesi nei meandri del parlamento della Repubblica italiana. Impresa resa ancora più ardua dal costante ricorrere dei temi in esame, tra decine di riassetti riguardanti giustizia, scuola, pensioni, fisco e sanità… Talvolta i propositi si sono concretizzati in leggi che hanno dato forma alle aspirazioni originarie. Più spesso sono stati posticipati non appena gli appelli all’urgenza riformista — lanciati da Europa, mondo economico



