Il Programma ambientale delle Nazioni unite (Unep) ha appena stilato una preoccupante contabilità del carbonio, prefigurando le possibili traiettorie della crisi climatica. 

Ve lo dico subito come andrà a finire verso il 2100. La temperatura media non salirà di 3-4° C perché il mondo qualcosa sta facendo. È però troppo poco per contenere il surriscaldamento attorno agli 1,5° C che servirebbero a scongiurare le conseguenze peggiori. 

Il tempo perso in passato e la forza d’inerzia determineranno comunque un aumento delle temperature medie attorno a 2,5° C., condannando il mondo a un collasso ecologico.

Un mondo diverso

La Cina diventerà sempre più forte e influente, a scapito degli Stati Uniti e dell’Occidente, riuscendo meglio di altre regioni ad attuare misure di adattamento e mitigazione della crisi climatica.

Questo successo rappresenterà un potente fattore di emulazione del modello di organizzazione sociale ed economica cinese.

Varie regioni e Paesi saranno tentati di adottare e adattare tale modello alle loro latitudini. Movimenti e partiti nasceranno e si riuniranno attorno a tale modello. 

La crisi climatica, che diventerà crisi ecologica e geo-politica: da una parte regioni-Stato più grandi ispirate al modello autocratico cinese, capaci di mobilitare risorse in modo sistematico per far fronte a necessità e priorità determinate dal Comitato centrale e dal leader supremo, legate fra loro da mutevoli rapporti di alleanza e competizione.

Dall’altra ci saranno regioni satellite molto più polverizzate, ispirate a modelli libertari, anarchici e familistici, che vivranno più di sussistenza e improvvisazione.

Una sorta riedizione aggiornata della storia europea del millennio scorso, solo peggiore.

Il precipizio

L’introduzione dell’Unep recita così: «La comunità internazionale è molto lontana dagli obiettivi di Parigi, priva di un percorso credibile per raggiungere 1,5°C. Solo un'urgente trasformazione del sistema può evitare il disastro climatico».

Quanto lontana è la comunità internazionale dal precipizio climatico?

Per limitare il surriscaldamento a 1,5° C dovremmo ridurre le emissioni in atmosfera di almeno 23 miliardi di tonnellate al 2030, rispetto ai circa 55 miliardi di tonnellate odierne – cioè più o meno della metà.

La crisi climatica ha raggiunto un "momento davvero buio", ha dichiarato Johan Rockström, uno dei più importanti scienziati del clima del mondo, secondo cui l'azione collettiva delle nazioni del mondo è più necessaria ora che in qualsiasi altro momento dalla Seconda Guerra mondiale per evitare un punto di non ritorno climatico.

Cosa fare?

A boat dock is impacted by drought near the Solimões River, in Tefe, Amazonas state, Brazil, Wednesday, Oct. 19, 2022. Months after enduring floods that destroyed crops, thousands of families in the Brazilian Amazon are now dealing with severe drought. (AP Photo/Edmar Barros)

La buona notizia è che disponiamo già oggi di tecnologie efficaci, economiche e applicabili su larga scala per decarbonizzare l’80-90 per cento di tutti i nostri consumi e attività produttive. Gli ostacoli sono “solo” ed esclusivamente di natura normativa e regolamentare.

Bisognerà però riuscire a coinvolgere e beneficiare molto più direttamente le comunità locali, in attesa che nei prossimi anni arrivino soluzioni per il restante 10-20 per cento.

Per ora, nella cassetta degli attrezzi, sul fronte dell’offerta di energia, gli strumenti principali sono il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico. Vanno sfruttate molto di più la geotermia, le biomasse e i pompaggi idroelettrici.

I sistemi di accumulo elettrochimici giocheranno un ruolo maggiore. Il costo delle batterie agli ioni di litio è infatti diminuito di 42 volte dal 1991.

Sono diventate più economiche del 97 per cento e, parallelamente, la loro capacità di immagazzinare energia è aumentata di oltre otto volte dal 2008 al 2020.

Sul fronte della domanda di energia, ci sono vasti spazi di miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici e nella attività produttive, per consumare meno e meglio a parità di benessere e prestazioni.

Quanto alle infrastrutture di rete, potremo affidarci sempre di più a servizi di demand response e alla digitalizzazione delle reti come strumenti per sfruttare meglio l’energia rinnovabile distribuita e milioni di batterie di veicoli elettrici per rendere le reti più flessibili, riducendo la necessità di potenziare oltremodo le resti esistenti.

Al contempo, nuove interconnessioni continentali ed extra-continentali in via di progettazione permetteranno di trasportare energia in corrente continua con reti ad alta tensione da luoghi dove c’è il sole e soffia il vento in luoghi dove in quel momento invece è già sera o c’è bonaccia.

C’è insomma moltissimo che già si può fare, che ancora si deve fare, per evitare il peggio.

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