Un convegno al Senato con Veltroni, Gabrielli, Manfredi ed Elena Carnevali su un tema che riguarda tutti e tutte, in particolare le donne. Il modello della destra alimenta l’insicurezza e la pressione sulle forze dell’ordine. Il centrosinistra parla di inclusione, prevenzione, welfare e partecipazione
Cosa vuol dire in concreto occuparsi della sicurezza delle persone? Sicurezza viene da “sine cura”, senza preoccupazione: occuparsene, per chi governa uno stato, una città, un comune, significa creare le condizioni perché le cittadine e i cittadini possano tornare a casa la sera senza correre rischi, prendere la metropolitana senza essere borseggiati, attraversare un parcheggio senza essere seguite e stuprate, correre in un parco senza essere aggrediti. Vuol dire fare in modo che le persone, tutte le persone o il maggior numero possibile di esse, si sentano, nel posto in cui vivono, a casa, a proprio agio.
La sicurezza è dunque un tema che riguarda tutti, ma come spesso accade per diversi fenomeni sociali, la sua mancanza colpisce in particolare chi è più esposto, più solo o anche più vulnerabile sul piano economico e sociale, a partire dalle donne. È successo a Caivano, dove il disagio è diffuso ma due ragazzine lo hanno vissuto sulla pelle, stuprate la scorsa estate da un branco di maschi per lo più minorenni. È accaduto in una realtà urbana ricca e sicura come Milano, dove a capodanno un gruppo di ragazze è stato vittima di molestie di massa da parte di giovani per lo più stranieri, un fenomeno noto come taharrush gamea.
Un paese insicuro
Questi fatti ci raccontano come la sicurezza sia un fenomeno complesso, che si intreccia con i diritti delle donne e con la violenza maschile come fenomeno culturale, con la grande questione della marginalità sociale che riguarda italiani e migranti, con il rispetto di tutte le diversità, con il welfare, con l’urbanistica e con tanto altro ancora, tra cui anche la percezione soggettiva degli individui e delle comunità.
Per esempio, sappiamo che i reati di violenza e gli omicidi sono in Italia in continua diminuzione, se si escludono – purtroppo - quelli che colpiscono le donne, che sono invece in aumento. Questo fa dell’Italia, nel contesto europeo e mondiale, un paese non più insicuro di altri.
Ma in un momento come l’attuale in cui viviamo immersi in un contesto internazionale conflittuale e di guerre e in cui nel Paese aumentano i divari sociali e le distanze tra centro e periferie, tra chi è integrato e chi è ai margini, tra chi ha un lavoro e una retribuzione adeguata e chi non ce l’ha, tra chi può curarsi e chi non può, cresce la percezione di insicurezza. E cresce ai danni, come dicevamo, di chi è più fragile. Proprio per questo le forze progressiste sono chiamate a farsi carico tanto della mancata sicurezza, quanto della diffusa percezione di insicurezza.
Più paura meno libertà
Su questo terreno il governo della destra, per cui sicurezza è per lo più ordine pubblico, risponde ricorrendo al diritto penale, introducendo nuovi reati e aggravanti e inasprendo le pene. E soprattutto soffiando sulle paure e alimentando il clima di tensione, alla ricerca di capri espiatori (chi manifesta, chi dissente, i migranti) e di consenso.
Il modello è leggibile: chi ha paura è più pronto a barattare la propria libertà in cambio della protezione, in un’escalation con cui si rischia di costruire un vero e proprio stato di polizia. Caricandolo peraltro sulle spalle delle stesse forze dell’ordine, con il pericolo di esporle in questo modo al crescente odio sociale.
Da sempre il centrosinistra prova invece a praticare, con i sindaci protagonisti, la visione della sicurezza come frutto dell’inclusione, dell’integrazione, della partecipazione, delle politiche sociali e di welfare. È un modello che, nella spinta a immaginare un mondo migliore, incontra anche storicamente il pensiero femminista della differenza. Esistono tante buone pratiche, non abbiano nulla da inventare, ma tanto da riscoprire e su cui investire di più e meglio.
Non servono perciò misure straordinarie come lo scudo penale (di dubbia costituzionalità e criticato dagli stessi sindacati di polizia). Servono piuttosto politiche di prevenzione, integrazione, di welfare, di benessere diffuso, di partecipazione. Risposte complesse a domande complesse.
Di tutto questo parleremo oggi, lunedì 10 febbraio, in un convegno al Senato dal titolo “Dagli stupri di Caivano alle molestie di Milano. Oltre la paura, uno sguardo differente sulla sicurezza” con Francesco Boccia, Walter Veltroni, Franco Gabrielli, Elena Carnevali, Andrea Morniroli, Ines Sanchez de Madariaga e Gaetano Manfredi. Lo sguardo differente sulla sicurezza, differente perché radicalmente alternativo a quello della destra e differente perché inclusivo e femminista, è non solo possibile ma necessario.
© Riproduzione riservata



