Dopo i banchi a rotelle e il dibattito sì DaD - no DaD, noi studenti e studentesse non solo abbiamo bisogno di tornare a scuola in presenza, ma anche in sicurezza. Il ministero dell’Istruzione assicura di aver investito milioni, ma i rappresentanti degli studenti conoscono bene i problemi delle scuole da anni.

Noi come Unione degli studenti, associazione studentesca nazionale che dal ‘94 combatte per i diritti degli studenti, abbiamo presentato l’11 settembre la nostra proposta per cambiare radicalmente la scuola pubblica. Non possiamo più accettare che il dibattito sulla scuola rimanga sterile: abbiamo quindi deciso di presentare una proposta di scuola differente, scritta direttamente dagli studenti che la scuola la vivono ogni giorno.

La proposta

È con questo spirito che abbiamo presentato a Roma, nella sede dell'Arci Sparwasser, il Manifesto della scuola pubblica, frutto della campagna di "Cantiere Scuola". Da gennaio 2021, infatti, abbiamo organizzato mobilitazioni, presidi, dibattiti e confronti dentro e fuori alle scuole tra studenti e studentesse ma anche con associazioni, movimenti e realtà sociali che lavorano sul territorio e a livello nazionale.

Il manifesto vuole essere un documento che rimetta al centro la scuola nel dibattito. Apriamo da ora, quindi, all’adesione di qualsiasi realtà volesse costruire insieme agli studenti una nuova idea di scuola inclusiva e capace di formare cittadini dotati di pensiero critico. Già dalla nostra parte ci sono Priorità Alla Scuola, Actionaid, Legambiente, Libera, Black Lives Matter e Fridays For Future. L’obiettivo: ricostruire i luoghi della formazione a partire dal protagonismo studentesco, consapevoli che la scuola deve essere al centro delle priorità del nostro governo.

L’introduzione al nostro manifesto recita: “Dall’introduzione della Didattica A Distanza nel Marzo 2020 abbiamo assistito alla progressiva esplosione delle contraddizioni e delle problematiche strutturali che il sistema di scuola pubblica del nostro paese presenta ormai da decenni. Viviamo una scuola sempre più esclusiva, spesso determinata dalle logiche meritocratiche e competitive del sistema capitalista in cui è immersa, in cui le studentesse e gli studenti non sono portati alla formazione di un pensiero critico ma alla mera acquisizione di sterili nozioni, con processi frontali e punitivi che non mirano ad una reale crescita dell’individuo.

Ci hanno lasciato una scuola in macerie, distrutta dai processi di aziendalizzazione e sottofinanziata, ora la ricostruiamo noi”.

Noi pensiamo che i luoghi della formazione devono esercitare un ruolo decisivo nei confronti degli individui, permettendo e promuovendo l’emancipazione e l’autodeterminazione: le scuole devono diventare presidi culturali all’interno dei propri contesti territoriali, divenendo punto di riferimento per l’intera popolazione. Vogliamo scuole come luoghi di iniziativa culturale, aperte anche oltre all’orario didattico canonico, che abbiano un ruolo centrale nella conoscenza e nello sviluppo del contesto territoriale.

Alcune delle nostre principali proposte sono il “reddito di formazione” a beneficio degli studenti, l’investimento di almeno il 5 per cento del Pil all’istruzione, la rimessa in sesto degli edifici che presentano problematiche di edilizia, l’utilizzo del digitale come strumento di innovazione della didattica e l’implementazione di percorsi di benessere psicologico di socializzazione che sappiano andare incontro ai bisogni di giovani che hanno passato quasi due anni tra quarantene e chiusure.

La riflessione centrale, dunque, riguarda la necessità che la scuola pubblica sia il luogo da cui ripartire per ripensare e ricostruire una società nuova, che i saperi siano il principale strumento di lotta sociale e di abbattimento delle disuguaglianze e che la funzione pedagogica dell’istruzione sia l’arma di cui la nostra società si dota per ripensarsi da zero.

La protesta

Mentre il ministro Patrizio Bianchi tituba, noi abbiamo deciso che scenderemo in piazza. La data che abbiamo scelto è il 19 novembre, il venerdì dopo la giornata internazionale dello studente del 17 novembre. Le motivazioni sono chiare: il percorso che abbiamo portato avanti negli ultimi mesi riflette rispetto a tutto il sistema scuola, dall’edilizia scolastica, alla didattica fino al diritto allo studio, ma va anche oltre e affronta aspetti legati al benessere psicologico, il femminismo e l’ecologia.

Questa occasione, tuttavia, non sarà una data a sé, ma il culmine di un processo di mobilitazione che partirà fin dal primo giorno di scuola, data in cui le studentesse e gli studenti organizzeranno azioni e forme di proteste davanti agli ingressi degli istituti per manifestare il loro dissenso rispetto alla mancata volontà politica di investire sull’istruzione pubblica.

Durante tutto l’autunno condurremo un costante percorso di costruzione di assemblee e momenti di confronto da un lato e di mobilitazioni e forme di confronto dall’altro.

Organizzeremo eventi pubblici e spazi di riflessione, che saranno il luogo da cui partire per costruire momenti di attivazione nelle scuole, nelle città e a livello nazionale.

Dalle azioni ai sit in, dai presidi ai cortei, il nostro obiettivo è uno: ricostruire la scuola pubblica per immaginare una società nuova, inclusiva e di cui la conoscenza sia il pilastro portante.

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