Deputati e senatori da una parte, dall’altra famiglie, studenti e insegnanti. La scuola non appassiona i parlamentari, che nelle loro conversazioni online parlano molto più di lavoro e giustizia, degli Europei di calcio e delle elezioni amministrative alle porte. La distanza tra la politica e il resto del paese emerge da una ricerca di Socialcom, che con l’ausilio della piattaforma Blogmeter ha analizzato le conversazioni in rete tra il 1° maggio e il 6 settembre.

Nel periodo oggetto dell’analisi sono state rintracciate oltre quattro milioni di conversazioni riguardanti la scuola e le problematiche legate alla ripresa di settembre, che hanno generato oltre 83 milioni di interazioni. A conferma dell’importanza della tematica per gli italiani, è stato rilevato come nelle ricerche su Google e nelle conversazioni sui social network solo il Covid-19 preoccupi di più: la pandemia ha generato 12 milioni di conversazioni, seguita da scuola (4,5 milioni), sicurezza, economia e immigrazione. Le maggiori ricerche e conversazioni si registrano tra gli utenti del Mezzogiorno, dove la Dad è durata più a lungo. In cima alla classifica la Campania, seguita da Calabria, Puglia, Sicilia e Basilicata.

Molto duro il confronto sull’obbligo di Green pass per il personale scolastico e sull’obbligo di indossare le mascherine durante le lezioni. Per gli studenti la preoccupazione maggiore sembra essere proprio quest’ultima: le keywords relative ai dispositivi di protezione individuale sono state le più utilizzate nelle discussioni sulle community studentesche. Ma acceso è anche il confronto tra gli insegnanti favorevoli a vaccino e certificato verde e i colleghi contrari, che pur essendo in minoranza riescono a generare importanti volumi di conversazioni.

La scuola all’ultimo posto

In netta controtendenza sono i dati dei parlamentari italiani, nelle cui conversazioni il tema scuola è meno dibattuto rispetto ad altri temi d’attualità. Negli ultimi quattro mesi deputati e senatori hanno parlato quasi il doppio di Europei, il triplo di giustizia e il quintuplo di lavoro. L’interesse sul tema è cresciuto con il passare dei mesi, fino a toccare un picco nelle ultime settimane, in coincidenza con l’inizio dell’anno scolastico: una conferma di come il dibattito politico subisca il succedersi degli eventi e fatichi a influenzare le discussioni in rete.

Il Movimento 5 stelle è il partito più attivo su questo argomento. Tra maggio e settembre, i parlamentari guidati da Giuseppe Conte hanno pubblicato il 33 per cento dei post totali sulla scuola; seguono quelli di Lega (23 per cento) e Partito democratico (10 per cento). Considerando i due principali schieramenti – centrodestra e centrosinistra – sembra esserci un uguale interesse sul tema. I politici con il tasso di engagement maggiore sono i leghisti, seguiti dai colleghi di M5s e Fratelli d’Italia.

I più attivi sono i parlamentari della Lega Rossano Sasso e Mario Pittoni, storicamente impegnati sulle tematiche scolastiche, così come Barbara Floridia del M5s. Seguono Licia Ronzulli di Forza Italia, al centro di alcune battaglie sull’obbligo vaccinale, e Gianluigi Paragone di Italexit. Più indietro l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (M5s).

Dalle parole e dagli hashtag più utilizzati si ricavano indicazioni chiare. Molti sono i richiami al governo perché garantisca a studenti e insegnanti un rientro sicuro in aula. La quasi totalità degli insegnanti si mostra contraria a un proseguimento della didattica a dista perché gli studenti non tornino in Dad. Il tema dei vaccini a insegnanti e ragazzi viene ripreso molto frequentemente e vede la contrarietà agli obblighi da parte di Lega e FdI.

Tra i canali dove si registrano i volumi maggiori in termini di pubblicazioni sulla scuola si ritrova Facebook (65 per cento), che si conferma il centro della comunicazione politica in Italia. Seguono Twitter (17 per cento) e Instagram (16 per cento). Facebook mantiene il suo primato anche per quanto riguarda la virilizzazione dei contenuti politici e per ora non pare doversi preoccupare di Instagram, mentre Twitter conferma la sua limitata popolarità tra giornalisti e opinion maker.

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