Al governo quanto importa del cibo? Moltissimo, quando lo può usare come bandiera o strumento di propaganda: in questo ultimo anno l’esecutivo ce ne ha dato prova a ogni occasione. Dalla crociata del ministro per l’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, contro la carne coltivata, fino all’ultimo ddl “maestri della cucina”, già rinominato “legge Massari”.

Si è invece dimostrato molto meno tempestivo per quanto riguarda i disturbi alimentari: anoressia, bulimia, binge eating. Tutte le occasioni in cui il cibo diventa nemico, conforto oppure scandisce le giornate di chi lo riduce al massimo per mantenere o illudersi di mantenere un briciolo di controllo sulla propria esistenza, incontrollabile per sua stessa natura. Il mancato rinnovo in legge di Bilancio del fondo introdotto nel 2021 per finanziare chi cerca di porre un argine a un fenomeno in crescita (che nel 2022 ha causato la morte di 3.151 persone) sembra mostrare che non sono una priorità.

Il governo si è rimangiato il taglio dopo le polemiche, annunciando il rifinanziamento del fondo con 10 milioni di euro e promettendo di rendere strutturale il cambiamento con l’aggiornamento dei Lea. L’atteggiamento dell’esecutivo, però, è lo stesso che ha avuto come vittima anche il bonus psicologo, per cui pure i fondi sono stati tagliati (e poi recuperati in parte dopo le insistenze dell’opposizione).

Il messaggio sembra diametralmente opposto alla traiettoria che avevano impegnato, seppure con un ritardo importante, gli ultimi governi: la salute mentale è da prendere sul serio meno di quella del corpo – che poi pure sulla sanità che cura il corpo gli investimenti dell’ultima legge di Bilancio sono quelli che sono è un altro discorso – e in ogni caso è un lusso. Se manca, chi ha soldi e tempo da buttare se la cura. Chi non ce l’ha, si arrangia.

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