La nascita di un giornale è sempre una buona notizia. Più voci rendono più ricca la democrazia. Questo è quello che ho pensato quando è stato annunciata l’uscita di Domani. Allietata anche dal fatto che fosse di carta, oltre che online. Per il piacere di sfogliare. Che per me è uno dei piaceri della lettura insieme all’odore dei libri, un po’ la mia personale madeleinette di proustiana memoria. Nonostante l’assoluta straordinaria utilità dell’informazione online. E infatti l’annuncio del doppio registro è stata una bella notizia. 

Confermata dal primo editoriale del suo direttore, Stefano Feltri. «I giornali imparziali non esistono, quelli onesti dichiarano le loro preferenze», ha scritto. E io non potrei essere più d’accordo. Vero per i giornali, vero per anche per la ricerca storica. Vero sempre. Le preferenze annunciate mi sono piaciute. Un giornale collocato nell’area di una sinistra laica e riformista che si occupa di crisi climatica, lotta alle disuguaglianze – economiche, di genere, di accesso ai diritti civili – e difesa della democrazia liberale. 

Molto utile per aiutare la riflessione necessaria per interpretare il cambiamento. Ancora di più dopo il Covid-19 che ha fatto emergere i limiti del nostro modello produttivo e sociale. E anche fatica di individuare la nuova direzione di marcia verso uno migliore. Contemporaneo e al contempo equo e sostenibile. 

Ciò che è seguito dal primo numero in poi non ha smentito le attese. Domani mi piace. Mi piace anche la scelta del filo diretto con i lettori. Apprezzo la professionalità delle giornaliste della redazione, oltre che dei giornalisti. Per questo faccio il tifo per il suo rafforzamento con nuovi abbonamenti. Il mio l’ho già fatto.

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