Quando Henri Delaunay ideò gli Europei di calcio, i Mondiali esistevano già da trent’anni, la Coppa dei Campioni da cinque e il Pallone d’oro da quattro. Erano state tre grandi idee venute a Jules Rimet, Gabriel Hanot, Jacques Ferran e Jacques Goddet, quattro uomini dalle biografie avventurose: un avvocato figlio di agricoltori, un ex calciatore, il genero di un orafo napoletano e il patron del Tour de France: questi ultimi per giunta giornalisti. Durante la guerra, Goddet aveva usato la tipografia de L’Auto per stampare i volantini della Resistenza.

Henri Deulaney era invece un ex arbitro che una volta si era rotto due denti e aveva ingoiato il fischietto per una pallonata presa in faccia dopo un calcio di punizione tirato decisamente male. Un parigino. Per questo oggi diciamo che gli inglesi hanno scritto le regole del calcio, i francesi hanno inventato tutti i tornei che contano e i tedeschi quasi sempre li vincono.

Henri Delaunay morì cinque anni prima di veder realizzata la sua idea, senza immaginare che gli Europei da quel momento avrebbero incrociato la storia più grande dell’Europa. Il giorno prima della prima finale, URSS-Jugoslavia, luglio 1960, parlando al congresso dei maestri elementari Nikita Kruscev fece una gaffe e mise paura al tempo stesso. La gaffe fu confondere la gittata dei razzi di cui disponeva l’Unione Sovietica. Disse trentamila km e invece erano tredicimila. Il terrore arrivò quando si corresse. «Anche tredicimila sono sufficienti. Se gli Stati Uniti intervenissero a Cuba, Mosca potrebbe lanciare missili sugli Stati Uniti». La Nazionale dell’URSS si era qualificata per le semifinali perché la Spagna di Francisco Franco si era rifiutata di andare a giocare a Mosca.

Se tutto cominciava così, come poteva proseguire? Quattro anni dopo la Spagna non poté sottrarsi. Gli Europei li organizzava. Ma il Caso si divertì a farle trovare in finale proprio l’URSS. Di una sola cosa aveva paura Franco: perdere contro i comunisti. Poche ore prima della finale, non aveva ancora deciso se andare allo stadio. Temeva di essere costretto a consegnare la coppa a quel tipo venuto da Mosca. Nella versione del giornalista Fernández Santander, un alto funzionario propose allora di avvelenare i sovietici. Fu deciso di lasciar perdere per il timore delle conseguenze politiche del gesto.

Il fascino delle vigilie

Ecco, quel che Deulaney non poteva sospettare, era che le vigilie intorno alla sua creatura fossero così piene di altro, così piene di vita. Il podcast Accadrà Domani proverà a raccontare a questo modo dieci finali degli Europei di calcio, da oggi e ogni venerdì fino al giorno dell’apertura del torneo, 14 giugno, Germania contro Scozia a Monaco di Baviera. Racconterà le vite delle persone che quella finale l’avrebbero giocata, le piccole storie quotidiane che restano invisibili e che possono avere un ruolo misterioso su un risultato - una preoccupazione familiare, un amore finito, una figlia in arrivo. Ma intorno alle partite di calcio si muovono anche le grandi storie delle comunità e dei popoli che si riconoscono in una maglia, in una bandiera, in quella faccenda misteriosa, confusa e controversa che chiamiamo identità.

Accadrà Domani racconterà allora l’Est europeo in subbuglio mentre il ceko Panenka inventa il cucchiaio (1976), l’Italia del terrorismo e del calcioscommesse intorno alla coppa del 1980, la Danimarca campione e richiamata d’urgenza per sostituire la Jugoslavia in piena guerra nei Balcani (1992), oppure il tiki-taka della Spagna che si impone al mondo (2008) mentre Zapatero diventa un’icona della sinistra. Gli Europei del dopo Bataclan con i cecchini sui tetti degli stadi (2016), quelli della pandemia e delle nuove notti magiche d’Italia, con l’abbraccio tra Mancini e Vialli (2021).

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Il primo episodio, disponibile sulla piattaforma Spotify e sul sito di questo quotidiano, racconta la finale del ‘68 dentro il Sessantotto, il primo titolo vinto dall’Italia visto dalla camera d’albergo di Fiuggi nella quale il capitano Giacinto Facchetti dormiva con Tarcisio Burgnich, due uomini placidi mentre fuori infuriava la contestazione studentesca e mentre l’America cercava i responsabili dell’omicidio del senatore Robert Kennedy, avvenuto qualche giorno prima.

In quelle ore stanno succedendo cose mai viste. Le ragazze mettono i blue jeans e nelle università occupate si dorme nei sacchi a pelo. A Milano un preside viene sollevato dall’incarico perché non ha chiesto l’intervento della polizia. A Torino la polizia carica i gli operai. A Modena i contadini invadono i bar e i negozi della città con i loro maiali. A Valdagno gli operai della Marzotto mettono una corda intorno al collo della statua in bronzo del fondatore. Mentre Facchetti e Burgnich dormono a Fiuggi, i ventenni provano a boicottare la consegna dei quotidiani in edicola. Un altro ventenne, Pietro Anastasi, farà gol in finale. Ma questo – tutto questo – accadrà domani.

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