Negli anni Novanta, Famiglia Cristiana è il settimanale cattolico più letto in Italia. Si trova nelle parrocchie oltre che in edicola e stampa ogni settimana più di un milione di copie. È noto ai lettori per essere un giornale che mantiene chiaro il suo obiettivo di evangelizzazione, ma è capace di affrontare temi delicati e anche controversi, rimanendo aperto al dialogo. La pagina più riconoscibile della rivista è quella della rubrica “Colloqui col padre”, un vero e proprio confessionale pubblico.

È in questo spazio che, in una domenica di maggio del 1999, viene pubblicata la lettera di penitenza di un fedele molto particolare: la seconda fede in Italia è quella calcistica e lui proviene proprio da quel mondo.

Si rivolge al padre che tiene la rubrica, ammettendo di non aver trovato il coraggio di andare dal suo confessore per vergogna ma che, in fondo, Famiglia Cristiana è una «parrocchia di carta». Confessa di essersi venduto una partita importantissima, di aver danneggiato la sua squadra allettato dalla promessa di un contratto più importante, falsando così il campionato.

La lettera, anonima, è una bomba che scoppia la domenica successiva alla fine del campionato, vinto dal Milan proprio all’ultima partita. In meno di 24 ore, tre procure aprono un fascicolo. Anche la giustizia sportiva si mette in moto allla ricerca del calciatore anonimo.

I magistrati chiedono al direttore della rivista, don Antonio Sciortino, di rivelare il nome del mittente. Il sacerdote, però, dice di no: chi scrive si rivolge al padre come a un confessore, quindi ogni informazione è coperta dal segreto. Si apre così una caccia all’uomo tra gli spogliatoi e la giustizia si scontra con uno dei suoi limiti formali: il segreto, quello giornalistico e anche quello confessionale.

Il campionato del 1999

Domenica 23 maggio 1999, ultima giornata del campionato di Serie A. Il Milan fuori casa deve battere il Perugia per aggiudicarsi il sedicesimo scudetto della sua storia con almeno un punto di vantaggio sulla Lazio, che lo tallona. Il Perugia è un avversario battibile sulla carta: si trova nella parte bassa della classifica. Però sta lottando per la salvezza: è nel gruppo di coda che rischia la retrocessione e ogni punto è fondamentale per rimanere in Serie A.

Il Milan è deciso a vincere, trascinato dal carisma del suo allenatore Alberto Zaccheroni, alla sua prima stagione con i rossoneri. E così è. Due gol nel primo tempo sono sufficienti e non basta l’1 a 2 segnato dal Perugia nel secondo tempo.

Campionato finito, data fissata per il rientro in campo nella nuova stagione: il 29 agosto. L’ansia per la ripresa si trasforma però in angoscia il venerdì della vigilia, quando sui quotidiani compare una anticipazione che è destinata a terremotare il mondo del calcio italiano.

Su Famiglia Cristiana, in edicola proprio il 29 agosto, si legge: «Sono un calciatore e mi sono venduto in una partita importantissima. Mi sono comportato in modo da danneggiare la mia squadra, allettato dalle promesse di un ottimo contratto», «chi mi perdonerà per quello che ho fatto?». La risposta del padre è di perdono ma «c’è il secondo aspetto, quello della riparazione. La prima strada è quella della denuncia all’autorità sportiva, perché sia fatta giustizia. Se non avrai il coraggio, devi cercare di liberarti appena possibile dei tuoi corruttori».

In risposta a chi solleva dubbi sulla veridicità della lettera, Famiglia Cristiana offre alcune precisazioni: la missiva era firmata e il settimanale l’ha pubblicata solo dopo aver fatto tutti i controlli ed averne accertato la veridicità. A chi chiede di rivelare l’autore, la risposta della direzione è netta: non violerà la privacy dell’atleta.

L’interrogativo, per i magistrati, i tifosi e la Figc, rimane però come scoprire l’autore. Si accavallano le ipotesi: potrebbe esserci frode sportiva? E poi, di che segreto si tratta? Segreto confessionale, dice Famiglia Cristiana. Segreto giornalistico, rispondono i giuristi. Anche in ambienti ecclesiastici, inevitabilmente, se ne discute. Il prorettore dell’Università Lateranense, monsignor Ignazio Sanna, è d’accordo con gli avvocati ed esclude che la rubrica abbia la dignità di sacramento. Dopo la pubblicazione, ben tre procure si attivano: Alba, Roma e Torino.

L’ipotesi

Anche l’ipotesi di reato è complessa: dal 1989 esiste il reato di frode nelle competizioni sportive, che punisce il colpevole con la reclusione da tre mesi a due anni e il pagamento di una multa da 5 a 50 milioni di lire. Oltre che con una inevitabile lunghissima squalifica. Il reato è stato introdotto dopo le inchieste sulle partite truccate del 1986, per superare la difficoltà di applicare la fattispecie generale della truffa all’ambito sportivo.

Per dimostrare la truffa, infatti, bisogna individuare il soggetto che subisce il danno patrimoniale e anche il danno patrimoniale stesso. Nel caso delle partite truccate, però, è difficile stabilire chi è la vittima: le società sportive, gli scommettitori o gli spettatori? Inoltre la manipolazione del risultato non si traduce per forza, in modo diretto, in un danno patrimoniale. Con il nuovo reato di frode nelle competizioni sportive questi problemi vengono superati e il bene tutelato ora diventa il corretto e leale svolgimento delle competizioni.

Intanto, sui giornali rimbalza il toto-anonimo. Incrociando le partite considerate sospette, un nome viene individuato: Alessandro Calori, ex difensore dell’Udinese passato al Perugia. Lo schema ipotizzato dai magistrati torinesi che indagano è questo: l’Udinese in cui lui milita ha subito una sconfitta impropria contro il Perugia. Il Perugia, poi, ha perso la gara successiva per favorire il Milan che ha vinto lo scudetto. Al termine del campionato, Calori è stato acquistato dal Perugia. Il giocatore, tuttavia, nega subito qualsiasi implicazione.

Il clima intanto rimane infuocato e su Famiglia Cristiana continuano ad addensarsi nubi e attacchi. L’accusa implicita mossa al settimanale è quella di essersi immischiato in qualcosa che non lo riguarda, profanando il tempio del calcio. Così la procura di Torino procede contro i giornalisti che si sono rifiutati di rivelare il nome del calciatore anonimo e di consegnare l’originale della lettera.

Infine, il 17 novembre 1999, i magistrati sono convinti di essere arrivati al punto di svolta, che scagiona Calori (ha vinto tutte le azioni legali contro chi lo accusava di essere l’anonimo corrotto) e può ridimensionare il caso che ha fatto tremare i grandi club della Serie A. Un nuovo nome si legge sulla stampa: Lorenzo Battaglia, attaccante della Nocerina. Lui si difende e spiega anche perché è emersa dai suoi tabulati telefonici una telefonata da 42 secondi proprio con una persona della redazione del settimanale cattolico: è stato il settimanale a chiamarlo per chiedergli della lettera anonima, e lui ha risposto riattaccando il telefono.

Quando ricomincia il campionato, però, spenti i fari mediatici, le inchieste non si impantanano. Mancano riscontri per individuare univocamente la partita e il calciatore. È così che, a febbraio 2000 e dopo 6 mesi di ricerche, i magistrati si arrendono. E anche la Federcalcio archivia, dopo aver constatato che «le approfondite indagini svolte anche in sede giudiziaria non hanno consentito, stante l’assoluto riserbo opposto dal direttore di “Famiglia Cristiana”, di pervenire all’identificazione dell’autore della lettera».

Continua ancora per un anno, invece, il processo contro i giornalisti, indagati per reticenza perché si sono appellati non solo al segreto giornalistico, ma anche a quello confessionale. Archiviata l’inchiesta sulla presunta partita venduta, a maggio 2001 la procura di Torino è costretta a chiedere anche l’archiviazione dell’altro procedimento.

Del resto, in quel maledetto 1999 il mondo del calcio ha preferito indignarsi perché i giornalisti hanno protetto le loro fonti e ha nascosto il resto sotto il tappeto. Inascoltato, Fabio Capello è stato l’unico a spostare l’attenzione dal calciatore al sistema calcio: «Se c’è un peccatore deve esserci anche un tentatore. E questo va condannato in maniera ancora più dura».

Invece l’anonimo pentito è stato in fondo assolto da tutti. La giustizia divina lo ha perdonato per via epistolare, quella dei tribunali si è arresa dal cercarlo ritenendo forse troppo fumoso il suo reato e quella sportiva ha seguito a ruota, perché lo spettacolo deve continuare.

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