Finora la discussione sulle elezioni europee è stata fuorviante e piccina. Il punto è che Europa vogliamo. E quale ruolo dovrebbe giocare l’Italia in questa Europa. Vogliamo ad esempio rafforzare il ruolo del parlamento europeo, in modo che abbia un vero potere di iniziativa legislativa, come ogni vero parlamento? E assieme vogliamo rafforzare il ruolo della Commissione, in modo che sia sempre più simile a un governo e abbia più forza e autorevolezza per gestire le crisi, che si accavallano nel nostro tempo? O vogliamo invece continuare a tenerci questa Unione in cui i singoli governi pongono il veto e bloccano ogni slancio, fatta di opportunismi e a volte di ricatti? Addirittura vorremmo andare indietro, ritornare all’illusione della sovranità nazionale che sarebbe un vero e proprio suicidio, per l’Italia?

E ancora: vogliamo un’Europa che renda permanenti grandi programmi di investimento nel sociale, nelle infrastrutture, nell’ambiente? Che si impegni in questo senso, nei prossimi anni, costruendo una vera unione fiscale: ad esempio tassando i grandi patrimoni (come sta chiedendo la mobilitazione europea Tax the Rich), oppure emettendo debito comune? O vogliamo un’Europa che si limiti a fare il guardiano dei conti nazionali, finendo per essere d’ostacolo agli investimenti, alla crescita, alla conversione ecologica? E poi, vogliamo un’Europa capace di essere un grande attore di pace, nel mondo di oggi (quanto ce n’è bisogno!), di rapportarsi alla pari con gli Usa, con la Cina, la Russia? O un’Europa divisa e ininfluente? Qual è oggi l’interesse nazionale dell’Italia? Richiede più o meno integrazione europea, e di che tipo?

La posta in gioco

Le principali forze politiche è su questo che dovrebbero confrontarsi. Di questo noi dovremmo discutere, a maggior ragione perché in genere gli italiani poco sanno di questi problemi, che sono però quelli decisivi per il presente e il futuro. Meritano di essere informati sulle diverse opzioni in campo, su quale strada prendere. E su cosa funziona e non funziona in Europa.

Il Pd ad esempio dovrebbe dire agli italiani se vuole cambiare l’Unione europea, per renderla più forte e coesa. Potrebbe dire: votateci per un’Europa che investa in modo permanente nel sociale, nell’ambiente, nella crescita, nella democrazia (ad esempio, affinché il Pnrr non sia solo un’eccezione: e con quali risorse finanziarlo). Votateci per un parlamento europeo che sia un vero parlamento, e una Commissione che sia un vero governo. Vogliamo un’Europa federale, perché è quello di cui abbiamo bisogno, perché questo è l’interesse nazionale dell’Italia. Vogliamo cambiare l’Europa, perché il momento è adesso, pena l’irrilevanza e il declino definitivo, dell’Italia e dell’Europa (per inciso, ma solo per inciso, se questa è la posta in gioco non ci sarebbe nulla di male se Elly Schlein si candidasse in prima persona contro Giorgia Meloni: è quello che una leader fa nei momenti decisivi; il resto, le tante preoccupazioni espresse, sono tutte cose ragionevoli ma, credo, meno importanti).

Cosa risponde Meloni, qual è l’Europa che ha in mente? Quella di Viktor Orbán? Quella della subalternità e delle rivalità nazionali, che ci conduce all’irrilevanza e ci lega le mani? Le va bene l’Unione europea così com’è? Vorrebbe renderla ancora più debole? È su questo che il Pd, ma tutte le forze di opposizione in realtà, dovrebbe sfidare il governo e puntare a metterlo in crisi. Proprio in nome dell’interesse nazionale. Le candidature vengano di conseguenza, le più autorevoli per questo scopo.

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