Il discorso del giuramento di Sergio Mattarella che ha inaugurato il suo secondo mandato da presidente della Repubblica è stato contrassegnato dai continui applausi dell’assemblea dei grandi elettori, spesso sfociati in momenti di standing ovation. Più di quanto si potesse immaginare alla vigilia. Mattarella si è rispecchiato in chi lo aveva voluto di nuovo Presidente.

Senza nascondere il senso di frustrazione dato dai giorni travagliati della scorsa settimana, «travagliati anche per me», ha chiosato il presidente, oggi è stata la riaffermazione della necessità di una nuova spinta unitaria, giustificata dalle tre urgenze, sanitaria, economica e sociale.

L’unità delle istituzioni, governo e parlamento, e dei cittadini, senza dimenticare l’iniziativa delle imprese e la solidarietà sociale, è stata ancora una volta indicata da Mattarella come la strada maestra della ripresa del nostro Paese.

UN PROGRAMMA DI GOVERNO 

Così il suo discorso ha finito per essere il vero programma della fine di questa legislatura, quello del governo guidato da Mario Draghi che ha «un ampio sostegno parlamentare», e allo stesso tempo anche qualcosa di più: il manifesto di un nuovo linguaggio comune fra le diverse forze politiche e le diverse appartenenze.

La parte finale del messaggio pronunciato in Parlamento, punteggiato dalle diverse definizioni di che cosa sia «la dignità» del nostro Paese, ha messo insieme istanze ed esigenze molto diverse. C’è poi un nemico comune da combattere: «la disuguaglianza». Il nuovo patto costituzionale fra cittadini e istituzioni ha l’obiettivo di combattere le abnormi differenze che la pandemia ha acuito.

L’EUROPA GARANZIA DELLA PACE

Oltre alla Costituzione, i riferimenti sono all’Europa, alla politica di pace , quanto mai attuale con la crisi Ucraina («Non possiamo accettare che si alzi il vento dello scontro in un continente che ha vissuto la prima e la seconda guerra mondiale»), al diritto di ciascun popolo di non subire aggressioni dal suo vicino.

Un principio condiviso largamente dev’essere quello dell’Europa, un’Europa sempre «più efficiente e giusta», protagonista della scena internazionale, in cui rifluiscano le idee e la creatività italiana.

Centrale nel discorso di Mattarella per il suo reinsediamento è stata la riflessione sulla democrazia oggi, che deve subire «una sfida mondiale» da parte di autocrazie, che si presentano più efficienti e tempestive. Anche la democrazia italiana deve seguire un «percorso riformatore» per migliorare il suo «funzionamento». Le riforme vanno fatte e in «tempi adeguati», rispettose della Costituzione e di un sistema dove i partiti sono necessari: dialogano con la società e i cittadini attraverso i corpi intermedi.

È in questo contesto che il Presidente affronta il tema del «profondo processo riformatore» di cui ha bisogno la giustizia italiana per recuperare credibilità ed efficienza nei confronti dei cittadini. Un processo in cui «superare la logica dell’appartenenza» dei magistrati.

LO SPIRITO UNITARIO E L’EREDITA’ DI ALDO MORO

La parte finale del discorso di Mattarella è stato dedicato alla declinazione di quei temi e valori che favoriscono lo spirito unitario della nazione, che fanno sperare in «un’Italia più moderna»: dalla lotta alla disuguaglianza e alla povertà, a quella contro le mafie.

Dalla maggiore dignità per le donne e i giovani all’elencazione di alcune piaghe contemporanee: i morti sul lavoro (con il ricordo del giovane Lorenzo Parelli), la tratta degli esseri umani, le cattive condizioni delle carceri, le disabilità, il, razzismo e l’antisemitismo.

Il richiamo finale è stato alla memoria di David Sassoli, la cui «testimonianza civile» è stata portata ad esempio di una costruzione comune: «Noi insieme». Il Presidente Mattarella non ha inteso rimproverare il Parlamento, nessuna «strigliata», non ha fatto concessioni all’anti politica, ha cercato di indicare temi e obiettivi condivisibili, fra cui anche riforme considerate da tutti necessarie. Se proprio si vuole cercare un’ispirazione al suo discorso viene in mente il pensiero costituzionale di Aldo Moro, di cui il fratello Piersanti fu convinto sostenitore, forse anche per questo pagando con la vita il proprio impegno.

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