Il leader di Italia viva, Matteo Renzi, dice esplicitamente che il premier Mario Draghi ha un anno «complicato davanti». I rapporti tra le forze politiche che sostengono l’esecutivo sono destinati a cambiare durante l’anno che i partiti già vivono come vigilia elettorale. «Molte forze politiche che oggi si testano nei sondaggi non saranno presenti alle prossime elezioni. Ci sarà un grande sconvolgimento», dice Renzi, secondo cui la «conferma di Sergio Mattarella e Draghi può aprire a un sommovimento nei partiti interessante». Ci sono grandi movimenti al centro, c’è Goffredo Bettini che ha appena riscritto le alleanze del Pd, c’è la frattura nella coalizione di centrodestra.

Anche il presidente della Repubblica Mattarella nel suo secondo giuramento parla di movimento, ma è di tutt’altro tipo. Il capo dello stato, durante il discorso di ieri a Montecitorio, si è presentato come grande difensore delle prerogative parlamentari – senza risparmiare critiche alla compressione dei tempi di discussione dei provvedimenti e all’utilizzo dei Dpcm da parte del governo – che però ha ringraziato convintamente, sottolineandone l’ampia maggioranza parlamentare, e richiamando tutto il paese a fare la propria parte.

«Viviamo in una fase straordinaria in cui l’agenda politica è in gran parte definita dalla strategia condivisa in sede europea», ha detto il presidente della Repubblica, spiegando che «la stabilità di cui si avverte l’esigenza è, quindi, fatta di dinamismo, di lavoro, di sforzo comune».

Giorgetti tra due fuochi

I due movimenti, quello dei partiti descritto da Renzi originato proprio dalla conferma di Draghi e Mattarella, e quello del presidente che è sostanzialmente una corsa a riformare il paese, corrono paralleli e il primo rischia di mettere in pericolo il secondo.

Il Pd ha chiesto alla Lega di chiarire la sua posizione, dopo l’ennesima cabina di regia politica disertata dal ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, poi avvistato a cena con il collega Luigi Di Maio, sfidante in campo aperto di Giuseppe Conte, e soprattutto dopo che la Lega si è rifiutata di votare le ultime misure su scuola e Covid. Il Pd lo ha fatto con un messaggio in cui chiedeva di essere al fianco del primo ministro, rivendicando in maniera per nulla sottile il suo ruolo di partito sponda a Draghi.

Per tutta risposta ieri Matteo Salvini ha incontrato Giorgetti al Mise e se ne è uscito difendendo la stabilità del governo, l’operato di Giorgetti,– «si è incontrato anche con altri ministri per occuparsi di lavoro e Ilva» – e rilanciando le richieste della Lega per nuovi aiuti sul caro bollette: «Ne parleremo col presidente Draghi. Bisogna trovare miliardi veri, rapidi, da girare ad aziende e famiglie che non riescono a pagare le bollette».

Lo strappo della Lega sulle misure sulla scuola, in compenso, piace alla destra di Giorgia Meloni, con cui pure i rapporti sono ai minimi: «Siamo d’accordo. Noi siamo sempre coerenti e speriamo nella coerenza delle posizioni del centrodestra», dice il deputato Federico Mollicone.

Il partito dello scostamento

Al momento, però, più che una divisione tra centrodestra e centrosinistra, i partiti sembrano uniti nel chiedere al governo nuovi interventi di spesa e limitare i cambiamenti su altri fronti. Lega, M5s e Partito democratico chiedono un nuovo scostamento di bilancio. Anche se dopo il primo trimestre, secondo l’ufficio parlamentare di bilancio, la crescita dovrebbe riprendersi e finalmente tornare ai livelli pre crisi per giugno.

Una fronda parlamentare trasversale ai tre partiti, a cui si aggiunge anche Forza Italia, chiede di rivedere il blocco alla cessione multipla dei crediti di imposta legata ai bonus edilizi. Larghe intese anche sulle concessioni demaniali su cui pure il governo si è impegnato di fronte all’Unione europea.

Concorrenza e fisco

La legge sulla concorrenza – traguardo previsto per fine anno dal Pnrr – dovrebbe essere messa a punto per luglio: al momento sono previste ben novanta audizioni parlamentari. Su alcuni fronti come concessioni idroelettriche e trasporto locale, poi, oltre ai partiti c’è da vedersela anche con gli enti locali.

Solo la delega fiscale sembra infrangersi nel muro contro muro tra centrodestra e centrosinistra. Tra gli emendamenti depositati a gennaio, ci sono tentativi compatti da destra di accantonare la riforma del catasto e timide proposte da sinistra per introdurre equità orizzontale, cioè l’applicazione del principio di progressività trasversale alle diverse tipologie di contribuenti e imposte. Tentativi di mantenere o allargare i regimi forfettari aumentando il tetto o allargando il forfait ai regimi previdenziali – la Lega ha cercato anche di cancellare l’obbligo di trasparenza nei bilanci per chi riceve finanziamenti pubblici, emendamento ritenuto inammissibile – e infine una serie di sconti che eroderebbero l’impianto generale.

Ieri in aula alla Camera Mattarella ha ricordato che serve guardare alla complessità dei problemi e «non soltanto agli interessi particolari», che «occorre evitare che i problemi trovino soluzione senza l’intervento delle istituzioni a tutela dell’interesse generale». Ma secondo il parlamentare del Pd Stefano Ceccanti hanno un altro motivo per evitare turbolenze in maggioranza: «Se si crea uno scontro non avremo una nuova legge elettorale e di nuovo potremmo non avere un governo». Draghi può al massimo sperare nell’interesse per una legge elettorale.

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