«Frontex non è efficace». Con una relazione speciale, la Corte dei conti Ue boccia l’agenzia europea che controlla le frontiere. Dice in sostanza che l’ingiustizia costa pure cara. Frontex e chi la dirige, cioè Fabrice Leggeri, sono passati per ora indenni dalle molte accuse ben documentate di aver contribuito a respingere illegalmente i richiedenti asilo. Leggeri è ancora al suo posto nonostante le pressioni di europarlamentari e società civile. Ora però c’è questa nuova accusa, che non proviene da qualche difensore dei diritti umani ma dai revisori dei bilanci. La Corte ha appena finito di scrutinare l’attività dell’agenzia, i suoi conti, e il responso è impietoso. A fronte di «un aumento esponenziale delle risorse», il sostegno di Frontex agli stati «nella lotta contro immigrazione illegale e reati transfrontalieri non è efficace». Altra accusa: l’agenzia è opaca, e «nonostante sia pubblica» non condivide «informazioni sui costi reali». Non fa neppure «analisi dei rischi né valutazioni d’impatto». I revisori non valutano la questione dei diritti violati di chi viene in Europa per avere protezione, anzi danno per scontata la attività di sorveglianza dell’agenzia. Ma anche da questo punto di vista, meramente economico, Frontex risulta un fallimento. E finisce per violare pure altri diritti: quelli degli europei i cui soldi sono spesi male e in modo per nulla trasparente. L’agenzia europea è una scatola nera, e il paradosso è che incassa sempre più risorse.

Quanto ci costa

Nonostante gli scandali, Frontex cresce: il suo bilancio medio e le sue risorse umane arriveranno a 900 milioni annui e 10mila dipendenti da qui al 2027. La Corte lo definisce un «aumento esponenziale». E in effetti dieci anni fa, nel 2011, i dipendenti erano 304; oggi sono 6.500. I milioni di euro all’anno erano 118 nel 2011, oggi sono 544. Entro sei anni le cifre odierne saranno quasi raddoppiate. È dal 2015, l’anno in cui l’Europa si è confrontata con la crisi dei rifugiati, che i bilanci di Frontex si ingrossano notevolmente; ma dal 2019 il trend è verticale, a seguito di un regolamento europeo che ha attribuito all’agenzia un ruolo anche operativo, non solo di supporto. Bruxelles, come ha scritto in autunno nel suo piano di riforma su asilo e migrazione, e come continua a ribadire, ha in serbo di rafforzare e far crescere ancora di più Frontex, nonostante tutto.

Storia di malagestione

Mancato coordinamento, scarsa trasparenza, e tanti altri rilievi contenuti nella relazione speciale della Corte suggellano – se ancora servisse – il fallimento della gestione Leggeri, da più punti di vista. Intanto l’ufficio europeo anticorruzione, Olaf, sta investigando su Frontex da fine 2020. L’indagine potrà portare alla luce elementi nuovi sia sui respingimenti illegali che sulle cattive pratiche nell’agenzia. Da febbraio inoltre i Frontex Files, i documenti sull’influenza delle lobby raccolti dal Corporate europe observatory permettono di dimostrare che l’agenzia incontra l’industria della difesa assiduamente. Fa gola ai produttori anche perché dal 2019 il budget allargato consente all’agenzia di acquistare equipaggiamenti, di dotare il personale di armi. C’è poi il grande business della sorveglianza, biometrica inclusa. Tra il 2017 e il 2019 l’agenzia ha incontrato 108 aziende. Non è tutto: ha ricevuto anche lobbisti che non sono nel registro Ue sulla trasparenza (il 72 per cento è non registrato); nessuna udienza alle organizzazioni per i diritti umani.

 

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