Non capita spesso che un capo di governo sia contestato pubblicamente, davanti a tutta Europa, nell’emiciclo dell’Europarlamento, da una forza che compone il suo stesso esecutivo. È successo questo martedì, ed è successo al più potente dei leader europei, il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Dopo che lui ha pronunciato il suo intervento nell’aula di Strasburgo, e nel giorno della festa dell’Europa, la capogruppo dei Verdi europei, Terry Reintke, tedesca anche lei, ha dichiarato senza mezzi termini la sua delusione. «Vorrei vedere un cancelliere che pensa e agisce da europeo», ha detto, tra le altre cose.

Quel che è certo è che la Germania tuttora è in grado di dirottare le decisioni dell’Ue, e si proietta a farlo ancora dopo il 2024, mantenendo verosimilmente una presidente della Commissione europea che dalla Germania proviene, e che è sempre Ursula von der Leyen.

Berlino continua a essere un motore dell’Ue, peccato che però la porti spesso a sbandare. Gli esempi si moltiplicano: ostruzionismi, boicottaggi, dirottamenti, tilt istituzionali, al punto che Reintke stessa arriva a dire che «ci sono dubbi sul ruolo del governo tedesco come partner attendibile in Europa».

Ovviamente questo j’accuse riflette anzitutto le dinamiche interne – gli scontri tra verdi e socialisti sul porto d’Amburgo e sui rapporti con la Cina, per dirne una – ma la mancanza di una Germania che «pensi europeo» è tema comune.

I punti di Scholz

«Abbiamo bisogno di un’Ue geopolitica, di un’Ue allargata e riformata, e infine di un’Ue aperta al futuro». Questo è uno dei punti forti del discorso pronunciato da Scholz all’Europarlamento.

Va decriptato. Anzitutto, il cancelliere parla di un mondo multipolare, e già in questo contesta la visione macroniana di un’Ue terzo polo rispetto a Usa e Cina. Ma poi l’attacco a Macron appare ancor più chiaro nel riferimento a «i nostalgici del sogno della potenza mondiale europea, che servono le fantasie nazionali di grande potenza». Sono «bloccati nel passato», dice Scholz.

«Gli Usa restano il più importante alleato d’Europa. Nella misura in cui investiamo di più nella nostra sicurezza e difesa, siamo alleati migliori dei nostri amici transatlantici»; e ancora: «Serve una maggiore convergenza dei nostri sforzi nel campo della difesa».

Scholz è il cancelliere che ha fatto ripartire la spesa militare anzitutto in Germania. Lo scontro politico, questo 9 maggio in Parlamento Ue, è stato sulla lentezza delle forniture a Kiev, e sui rapporti con la Cina: mentre Scholz predica «il derisking, come detto da Ursula von der Leyen», intanto a Berlino si consumano scontri di coalizione per la scelta del cancelliere di andare avanti nell’accordo con la Cina sul porto di Amburgo.

Che dire poi della «Ue allargata e riformata»? La Germania, che ha sbloccato il percorso di allargamento per l’Ucraina, spinge ora sui Balcani occidentali. E Scholz non fa che ripeterlo: se l’Ue si allarga, deve anche cambiare per continuare a funzionare. Ma in aula ci è voluta l’insistenza di numerosi capigruppo – «non sia vago», come gli ha detto Reintke – perché il cancelliere si ricordasse di impegnarsi per una convenzione che apra alla riforma dei trattati.

Per lui la priorità resta sganciarsi dall’unanimità e procedere a maggioranza. Tutto quell’afflato europeista che aveva pervaso l’accordo di coalizione tedesco si è già spento.

Dirottare l’Ue

C’è di più: non solo il cancelliere non ha esercitato il ruolo di promotore dell’integrazione politica europea, negli ultimi anni, ma la ha anche attivamente sabotata nei fatti, quando si è trattato di rincorrere gli interessi nazionali.

«Lei si era presentato come il cancelliere del clima, non si nasconda dietro i suoi ministri e le altre forze della coalizione: quello che è successo coi motori a combustione getta dubbi sulla credibilità del nostro paese in Europa!», ha detto Reintke; il riferimento è a quando Berlino ha tenuto in ostaggio il pacchetto climatico pur di incassare per sé una deroga sugli e-fuels.

Ma di casi ce ne sono a bizzeffe: contando sulla compiacenza della Commissione Ue, la Berlino di Scholz ha prima procrastinato e poi svuotato il tetto ai prezzi del gas, mentre per le sue imprese e famiglie iniettava miliardi. Sul versante del patto di stabilità, il governo a traino socialista ha lasciato che il liberale ministro delle Finanze, da falco, spingesse al ribasso ogni tentativo di riforma, con l’esito che non ci siamo ancora liberati dello schema dell’austerità.

E quando si è trattato di imprese, Scholz ha ritrovato l’asse magico con Macron, pur di sbloccare gli aiuti di stato, non importa con quali conseguenze per quei paesi in Ue che hanno meno margini di manovra. Insomma la Germania comanda ancora, in Europa, ma ha rinunciato a essere una guida.

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